Una fiera che più europea non si può. Parla la direttrice Karen Renders
È probabilmente la direttrice di fiera più longeva. Dal 1997 in sella ad Art Brussels, Karen Renders sorride gentile e soddisfatta di questa nuova edizione, che non sembra conoscere la crisi. Nel Paese che è stato per un anno senza governo, e che ora vanta un primo ministro di origini italiane, si vende arte e si fa cultura. E le gallerie fanno a gara per esserci. Anche quelle italiane, aumentate in modo significativo. Meno politica e più cultura del collezionismo: questa è la formula con cui Renders da quindici anni vince le sue sfide.
Art Brussels compie trent’anni…
In realtà ne ha 45 ed è la più anziana d’Europa. Nasceva nel 1968 con una edizione ogni due o tre anni, da gallerie appassionate che facevano arte quasi come un hobby. La formula prevedeva che ogni galleria belga invitasse una galleria straniera.
Poi sei arrivata tu, nel 1997.
Nel ’97 c’erano 6o gallerie e circa 4mila visitatori. Oggi siamo 182 gallerie e 30mila visitatori circa.
Un’evoluzione che rende la fiera una tua creazione…
Si può dire così, forse, anche perché da allora la mia priorità è esclusivamente il suo successo.
Cos’è accaduto in questi anni? Bruxelles è cambiata, ora arrivano anche i parigini…
Adesso tutti ne parlano. È divertente perché i parigini ci sono già da qualche anno, ma questa volta ne parlano tutti, per via delle elezioni in Francia la settimana prossima…
È comunque un fenomeno in crescita.
Per la fiera è un ritorno all’origine, visto che era franco-belga. Le gallerie organizzatrici erano molto legate a Parigi.
È vero che chi di loro si stabilisce qui è solitamente ricco e collezionista?
Penso che sia il nostro punto di vista, ma credo che ve ne siano anche di non collezionisti.
Uno dei trend di Bruxelles è aprire la propria collezione, come fa Maison Particulière.
Quindici anni fa era difficile accedere alle collezioni private, poi gli Stati Uniti hanno lanciato la moda. Noi ci dicevamo: in Belgio non si riuscirà mai. E invece eccoci qui, i belgi aprono le loro collezioni.
La migliore qual è?
Vanhaernts, un museo privato visitabile anche fuori dal periodo di fiera.
Che ruolo deve avere Art Brussels?
Aprire il mondo dell’arte verso l’esterno. Ci dicono che siamo elitisti, che l’arte è per i ricchi. Ma non è vero. La fiera deve avvicinare l’arte contemporanea a un pubblico più ampio.
La fiera è più un mercato o un museo?
L’obiettivo primario è il mercato, le gallerie sono qui per vendere. Il secondo obiettivo, di cui il pubblico deve approfittare, è offrire una panoramica sull’arte contemporanea prodotta oggi a livello internazionale.
Rapporto con le istituzioni. In Italia si tagliano i finanziamenti. Qui come funziona?
I musei belgi non sono viziati dallo Stato. Ve ne sono pochi nelle altre città e a Bruxelles ne manca uno dedito al contemporaneo. Wiels è un centro d’arte e il Bozar è multidisciplinare. Con tutti i collezionisti che abbiamo in Belgio, spero che ciò cambierà.
Per contro, la fiera mette in rete quelli che esistono in Belgio.
Da dieci anni lavoriamo con i musei a Ostenda, Gand, Anversa, Charleroi. Vi portiamo i collezionisti in visita, ma quest’anno non abbiamo il tempo, ci sono troppe cose a Bruxelles.
La città di Bruxelles non è un main sponsor…
No, ma si lavora insieme. Mette un budget di 100mila euro per fare l’esposizione di sculture in città e comprarne una.
Come va il rapporto con i privati?
Sono più che sponsor, sono partner: organizzano esposizioni in fiera, come ING, o application e premi, come Blegacom.
Sei stata la prima a creare un comitato di collezionisti: come va con loro?
Abbiamo un legame molto forte. Credo che un organizzatore di fiera debba conoscere il mercato, ma anche saper ascoltare le gallerie e i collezionisti. Questi non hanno potere sulla fiera, ma sono considerati.
Cosa fanno in pratica?
Sono ambasciatori della fiera nel mondo: invitano i loro amici collezionisti e ci aiutano ad accoglierli come si deve. Organizzano cene bellissime. Ci incontriamo regolarmente durante l’anno, discutiamo del mercato, scambiamo idee. Loro decretano il migliore solo show della fiera.
Vieni in Italia per visitare le fiere?
Bologna non riesco a vederla, ma ogni anno visito Artissima, di cui siamo anche partner. Credo che sia comparabile ad Art Brussels e trovo che facciano un buon lavoro. È in un periodo difficile, perché arriva dopo tutte le grandi fiere d’autunno.
Che novità presenti quest’anno?
Apriamo le porte di nuove collezioni private, inauguriamo l’apertura notturna della fiera. Alle sculture in città si aggiungono i “video in city”.
In Italia, la politica è spesso main sponsor. Voi che relazioni avete?
Da noi no, la politica non sostiene davvero l’arte; sta cominciando e io faccio molti sforzi, ma la città non sostiene la fiera. Parliamo e cerchiamo di sviluppare idee, ma non ci sono sussidi cospicui. Il grande vantaggio è che la politica non è d’impaccio e noi operiamo in piena libertà.
E non hai problemi di budget?
Problemi di budget? Sempre! Devo combattere per realizzare tutto quel che vorrei e, credimi, vorrei fare molto di più.
Più che un serio problema di budget, questo mi pare un “piccolo” limite ai tuoi progetti sempre più ambiziosi…
Ecco, esattamente…
Voi qui non sentite la crisi?
La crisi è ovunque, ma per fortuna non ha ancora attaccato il mondo dell’arte.
In Belgio, forse…
Per ora siamo molto contenti.
La crisi influenzerà le prossime edizioni?
Oggi l’arte è riconosciuta come un valore alternativo alle Borse, ma quel tipo di arte finisce nelle case d’aste. Art Brussels è ancora molto vicina agli artisti e all’arte nascente.
Che profilo hanno i collezionisti di Art Brussels?
È il profilo tipico del collezionista belga, di un conoscitore che vuole scoprire il nuovo e che è davvero appassionato d’arte.
E gli italiani?
Vorrei poter accoglierne di più.
Nicola Davide Angerame
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