Un terno all’arte
Al di là degli sforzi di Duchamp, l’arte non è mai solo una questione di contenuti, ma pure di sperimentazioni di materiali e tecniche, sulla quale la postmodernità ha da tempo riacceso l’attenzione. Dall’arte alla critica d’arte come da David Hockney a Jean Clair, la discussione è tornata sul piatto della bilancia della disputa tra antichi e moderni. La domanda ancora è: “Ma l’arte non fatta a mano dall’artista può considerarsi ancora arte o no?”.
L’utilizzo della biro-bic da parte degli artisti può portare un contributo significativo alla discussione sulla testa e la mano.
Dunque, Alighiero Boetti è stato tra i primi a utilizzare non occasionalmente la penna bic, servendosene nei suoi quattro colori: blu, nero, rosso, verde. Ha utilizzato soprattutto il blu, forse perché il blu è il colore della bic, o della biro a seconda che si parteggi per l’imprenditore Marcel Bich o per l’inventore László József Bíró. Difatti, si parla di blu bic e non di nero bic, rosso bic, giallo bic; insomma: chiunque associa la penna bic, o biro, al colore blu. Un altro elemento che ci permette di affrontare la questione è il fatto che il blubic è un colore moderno, perché legato a un materiale sintetico prodotto dall’industria come, ad esempio contrario, la terra di Siena o il carboncino lo sono per l’antichità della produzione naturale-artigianale. Inoltre, è pure un materiale “povero”, una materia legata alla produzione quantitativa e di massa proprio perché industriale, non è l’antico l’inchiostro di china, o di nerofumo, o di ferrogallico ottenuti da basi naturali macinati per ore negli antichi atelier.
Ma, se Boetti utilizzava la bic in maniera moderna, delegando agli assistenti la realizzazione delle sue opere, che potremmo paradossalmente definire come ready made manuali, al contrario Jan Fabre realizza personalmente i suoi disegni a penna bic. Insomma, Boetti ci mette cartesianamente e modernamente la testa e non le mani, in quanto concettualmente non interessato alle ragioni del cuore che il cervello non conosce, passioni cardiaco-mentali di Pascal che invece interessano molto a Fabre.
Da qualche anno la penna bic è intensamente utilizzata anche da Giuseppe Stampone per realizzare i suoi abbecedari: si tratta di un alfabeto di lettere, parole e immagini corrispondenti, che però Stampone realizza in maniera paradossale con le proprie mani. Così facendo, mette insieme la sapienza manuale alla Fabre con quella concettuale alla Boetti, finendo per collocarsi nel punto mediano di questa trinità dell’arte.
Tuttavia, se questo interesse per la bic agito nel dibattito tra antichi e moderni non è completamente risolvibile, ci si può consolare del fatto che ciò ha finito per migrare, fino ad arrivare all’esterno dell’arte. Per cui la risposta è: nonostante tutto, l’arte continua la sua azione nella realtà. Difatti, non sarà sfuggito ai più che da un paio d’anni la bic viene utilizzata per disegnare molte campagne di comunicazione sia interne che esterne, che vanno dalla campagna d’arte di Giorno per Giorno e Artissima della Regione Piemonte fino alla recente pubblicità della Sisal di Win for life, per non citarne che due. Si tratta di una coscienza estetica proveniente da una terna d’arte che ci fa scoprire la possibilità di vincere un terno al lotto per la vita.
Giacinto Di Pietrantonio
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #6
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati