Il terremoto secondo Salvatore Settis
Si è diffusa una falsa idea di sviluppo legata a un presunto motore economico. Che ha fatto perdere alla cultura, alla scuola, all’educazione al bene comune, alla prevenzione e alla tutela del patrimonio storico-artistico le loro reali possibilità di rendere ricca questa Penisola. La tirata di Salvatore Settis in seguito ai recenti terremoti.
L’Italia è un Paese ad alto rischio sismico, ormai lo sappiamo tutti, eppure ogni volta che c’è un terremoto ci sbalordiamo. Perché? Perché invece di intervenire seguendo la strada indicata dall’articolo 9 della Costituzione e dall’articolo 33 del Codice dei Beni Culturali, ci facciamo trovare impreparati ogni volta?
Il XX secolo è stato costellato da calamità continue, dal 1908 a Messina al 2009 all’Aquila, da sud a nord, e l’Italia rischia continuamente di sfigurare la propria bellezza, fragile, non solo per le catastrofi naturali, ma anche per l’incapacità di intervenire. Da I rimedi contro i terremoti di Pirro Ligorio dopo il terremoto di Ferrara del 1570 a Il peso economico e sociale dei disastri sismici in Italia scritto da Emanuela Guidoboni nel 2011, il panorama è chiaro. L’Italia è il Paese in cui il patrimonio culturale è l’identità di un’intera nazione e di ogni singolo cittadino; dove il genius loci rivive in ogni campanile, torre, pianura, spiaggia; dove non esistono architetture minori, ma un immenso paesaggio da tutelare. È anche, però, un Paese ad alto rischio idrogeologico, franoso, soggetto all’erosione delle coste, alla costruzione invasiva, alla speculazione edilizia e, afferma perentorio Salvatore Settis, all’illegalità.
“Benvenuto il Governo Monti ad arginare l’illegalità in cui il governo Berlusconi aveva fatto piombare la nazione, ma il male non è estirpato, anzi, si continua a risparmiare risorse per lo sviluppo e la gente muore. Se si continua a cementificare il territorio, a vendere il patrimonio, a considerare la ‘presunta’ economia l’unico motore, questo governo reitera lo scempio. Se un assessore di Mantova, detto ‘Attila’, professore di economia a Parma, può permettersi di proporre di abbattere e ricostruire i beni pericolanti per creare ‘una nuova socialità’, questa politica uccide il vivere sociale”, ha tuonato Settis. “Non è questo il nostro modello di tutela che, a differenza di quello orientale di ricostruzione, ha una secolare storia di cura e salvaguardia, edificato dalle nostre Sovrintendenze oggi tristemente imbavagliate e incapaci di intervenire, a favore di una Protezione Civile che, per formazione, non può avere le competenze necessarie ma è stata preposta all’intervento d’urgenza”.
Ma non finisce qui. Perché il professore ne ha anche nei confronti di un ministero sempre più diafano: “Il Ministero dei Beni Culturali è morto. Era in fin di vita al taglio del 40% del bilancio che attuò il precedente governo. Bondi, Galan, Ornaghi in sequenza ucciderebbero qualunque ministero di qualunque Paese”, sentenzia Salvatore Settis all’incontro organizzato all’Archiginnasio di Bologna da La Repubblica. Pochi docenti, molti studenti, famiglie con bambini ad ascoltarlo. E lui continua: “La riforma Veltroni e Melandri ha depotenziato le Sovrintendenze, mettendo in serio pericolo l’Italia, che si è trovata a fronteggiare il terremoto dell’Aquila nel peggiore dei modi possibili. Quando Gianni Letta, abruzzese per giunta, si presentò come sponsor dell’alleanza fra la Protezione Civile e il Ministero, tra Bertolaso e Bondi, il danno era ormai irreparabile. L’Aquila fu puntellata con tubi innocenti di piccole dimensioni per far guadagnare le imprese. Nell’anno della frana su Giampilieri, mentre Bertolaso dichiarava di non avere 2 miliardi per la messa in sicurezza di quei luoghi, la ministra Prestigiacomo ne dichiarava 12, di miliardi, per il Ponte sullo Stretto. E il fantasma delle Grandi Opere incombe ancora sui nostri giorni”, prosegue inarrestabile.
“Si sono fatti molti errori: si è separato i Beni culturali da quelli ambientali, non si è permesso ai Sovrintendenti di adottare misure in caso di urgenza, si sono create leggi che consentono alla Protezione Civile di sospendere le leggi ‘ordinarie’, non si è rispettata la nostra Costituzione, che è una delle più lungimiranti al mondo, si è permesso di ipotizzare in Emilia soluzioni affini a quelle proposte all’Aquila senza imparare dalla Storia”.
Non risparmia nessuno, Settis, e fa nomi, cognomi e soprannomi, resi pubblici insieme alle soluzioni proposte. Che sono le seguenti: 1. strutturare la prevenzione; 2. gestire l’emergenza con competenza; 3. attuare una manutenzione programmata dei beni culturali; 4. potenziare l’insegnamento della Storia dell’Arte nelle scuole; 5. combattere l’illegalità. “Perché è chiaro che era illegale costruire capannoni come quelli che qui sono crollati, facendo vittime sul lavoro”. Sono crollate chiese e capannoni, beni spirituali e beni materiali. Qualcuno ha giudicato, in tempi di crisi, che fosse più importante risollevare al più presto i secondi, ma “non può esistere gerarchia, non c’è una gara tra Cultura e Economia, devono andare di pari passo, anche e soprattutto, in tempi di crisi”, sostiene Settis.
Il quale invita alla “resistenza” individuale dei singoli e a quella collettiva delle associazioni, contro chi non tutela il patrimonio e la legalità: “Legalità e bellezza nel nostro Paese hanno in comune la fragilità”. E mentre tra il pubblico c’è chi si chiede come mai non sia lui il nostro ministro ai Beni Culturali, lui lancia un monito: “La Cappella degli Scrovegni di Giotto a Padova è in serio pericolo, va messa in sicurezza prima che sia troppo tardi”.
Mercedes Auteri
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