Sardegna letteraria
Inaugura il 29 giugno e prosegue fino al 1° luglio “Isola delle Storie”, tra i più significativi festival letterari nazionali. Si svolge a Gavoi, in terra sarda, con un programma di altissimo livello, una partecipazione in termini di pubblico impressionante e un significativo incontro con l’arte contemporanea. Ne abbiamo parlato con lo scrittore Marcello Fois, presidente dell’omonima associazione che organizza la manifestazione.
Il 29 giugno inaugura il festival Isola delle Storie di Gavoi. A nove anni dalla sua prima edizione, ci racconti com’è nata l’idea di questo progetto e la sua storia?
Il festival di Gavoi nasce nel 2003 da un gruppo di autori sardi tra cui Flavio Soriga, Giorgio Todde, Giulio Angioni… Anche se allora ancora non si sapeva che sarebbe stato a Gavoi, l’idea era quella di replicare la formula del gallese Hayfestival, coniugandola alla sarda e cioè con una visione tra il globale e il locale piuttosto accentuata. Una volta trovata la location perfetta – e Gavoi è perfetta – è stato un successo immediato.
A tuo parere, come si è evoluto negli ultimi anni il format del festival letterario e culturale, anche alla luce della crisi globale?
Bisogna inventare di più e guadagnarsi l’autorevolezza che permetta ai visitatori, spettatori, lettori di fidarsi del lavoro svolto. A Gavoi le prenotazioni fioccano già da molti mesi prima che venga pubblicato il programma. Noi abbiamo una formula di rigore assoluto, ogni spesa è controllata e ogni spreco è evitato, ci comportiamo come se fossimo in una crisi costante, siamo energici e fantasiosi e per questo che Gavoi sembra più costoso di quanto in effetti è. Il punto fondamentale è la proposta, a noi piace l’idea che si arrivi a Gavoi per scoprire qualcosa, non ci piacciono le passerelle televisive…
Quale il senso profondo di un festival come Isola delle Storie e il suo rapporto vivo con la comunità di Gavoi?
L’etica, la profondità e l’intelligenza. Noi chiediamo agli autori di rappresentarsi nel loro contenuto, non nel loro contenitore. Scegliamo, selezioniamo autori che hanno qualcosa da dire. Leggiamo i libri e poi invitiamo gli autori senza un Cencelli delle case editrici, quel che conta è chi dice cosa. Né tantomeno accettiamo diktat da chicchessìa, se sbagliamo vogliamo esserne responsabili in toto.
Quali saranno le idee portanti di questa edizione?
Il rapporto col Nord, l’idea di essere i primi a scoprire autori che tra qualche mese o anno saranno sulla bocca di tutti. È una bella sensazione sentirli dire che sono stati a Gavoi e che è stata un’esperienza unica.
Il festival, come sempre, avrà anche una sezione dedicata all’arte contemporanea. Qual è, secondo te, in questo momento il rapporto che intercorre fra letteratura e arti visive in Italia? È possibile un dialogo?
Più che possibile è indispensabile. Quest’anno durante il festival abbiamo raccolto due realtà limbiche. Su Palatu ‘e Sas Iscolas che è stato sfrattato dalla sua sede storica di Villanova Monteleone, e il MAN di Nuoro ancora in attesa di un direttore. Entrambi ci offrono una retrospettiva dell’attività svolta, il primo con l’esposizione dei fotografi che si sono succeduti nei dieci e passa anni di attività precedente, e l’altro con un’esposizione del suo patrimonio permanente per la prima volta fuori dal palazzo del museo. Speriamo di apparire metaforicamente, ma anche fuor di metafora, come una struttura culturale che accoglie realtà in difficoltà e le rimette in circolo. Abbiamo bisogno gli uni degli altri.
Santa Nastro
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