La palla al balzo
Per dovere di cronaca racconto che, dando seguito a un precedente incontro tenutosi nel novembre del 2011 presso la GAM di Torino, venerdì 20 aprile ero a Parigi per partecipare all’incontro del D.C.A. (Direction Centre d’Art contemporain) francese e Amaci (Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani), associazioni che insieme contano complessivamente un’ottantina di istituzioni.
L’incontro fra D.C.A. (Direction Centre d’Art contemporain) francese e Amaci (Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani) avveniva venerdì 20 aprile dalle 9.30 alle 18 presso il Jeu de Paume di Parigi, alla presenza di una cinquantina tra direttori e curatori dei rispettivi musei.
Come certamente saprete, Jeu de Paume vuol dire “Gioco della Pallacorda”, quindi un nome evocativo perché legato a un periodo di grande crisi e trasformazione della fine del XVIII secolo, quando nella sala della Pallacorda si tenne l’Assemblea Nazionale che diede adito alla Rivoluzione Francese. In realtà, il Jeu de Paume attuale fu costruito sotto il regno di Napoleone III nel giardino delle Tuileries per ospitare l’antenato del tennis nel 1861, da noi anno dell’Unità d’Italia, ma già dal 1909, da noi anno di nascita del Futurismo – il cui manifesto veniva pubblicato sul quotidiano francese Le Figaro -, diventava spazio per l’arte. Dal 1947 divenne Museo dell’Impressionismo fino al 1986, anno in cui quest’ultimo venne trasferito al Musée d’Orsay, restaurato da Gae Aulenti. Tutto questo per sottolineare come tra Francia e Italia ci siano più complicità in atto di quanto si possa pensare, anche perché esempi di riferimenti e coincidenze potrebbero continuare fino ad oggi, come l’installazione che Alice Guareschi ha fatto proprio il 20 aprile all’Olympia nell’ambito degli eventi collaterali della Triennale di Parigi.
La Presidente del D.C.A., Claire Restif ha esordito dicendo: “Noi avvertiamo che in Italia c’è una grande energia, sentiamo che da voi succedono sempre cose nuove, come il fenomeno della editoria indipendente, o la forte presenza di spazi non profit, il lavoro attivo di artisti giovani interessanti, ma soprattutto su questi ultimi abbiamo poca informazione e invece ci piacerebbe saperne di più.”
Insomma, un bell’endorsement per noi e per il nostro provincialismo. Se non ce lo dicono gli altri, non sappiamo apprezzare ciò che di buono abbiamo, mentre l’Amaci e le azioni che promuove sono volte proprio al sostegno della nostra arte in relazione all’Italia e all’estero. Per cui, visto che eravamo nell’auditorium della Pallacorda, va da sé che abbiamo preso la palla al balzo e intavolato la discussione su questi due punti di discorso: crisi e creatività, o meglio creatività della crisi, consci del fatto che dobbiamo esplorare e sostenere questo territorio della creazione indipendente, perché avvertiamo che è lo spazio dove si stanno sperimentando nuove formule di creazione e sviluppando alternative.
Giancinto Di Pietrantonio
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7
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