Reel to real cacophony
“Non siamo in guerra, difendiamo la democrazia”. “Non siamo in guerra, c’è la crisi”. Repubblicani e democratici uniti nella mistificazione della realtà. Mentre al cinema la guerra c’era e c’è eccome. Da “Il cacciatore” a “Restrepo”, 35 anni di inferno sul grande schermo.

The most noble fate a man can endure is to place
his own mortal body between
his loved home and the war’s desolation.
Robert A. Heinlein, Starship Troopers(1959)

Tim Hetherington & Sebastian Junger – Restrepo
In the Valley of Elah (2007) di Paul Haggis adotta un approccio più “intimista” all’abisso della devastazione psichica e morale, mostrando il lato più banale e sconcertante dell’atrocità (vera) e stressando sottilmente ma inesorabilmente il confine tra fiction e realtà.
Il capolavoro di realismo crudo e di precisione interpretativa è però del compianto foto-giornalista Tim Hetherington (ucciso il 20 aprile 2011 a Misurata), che insieme al reporter Sebastian Junger ha realizzato nel 2010 un documentario di impressionante e rara potenza: Restrepo. È la storia del secondo plotone della Compagnia Bravo, distaccato per 15 mesi nella valle di Korengal, “il posto più pericoloso della Terra”. Nell’avamposto che prende il nome dal soldato-medico Juan Sebastián Restrepo, ucciso in battaglia, si svolge una vita collettiva che, per la sua prossimità alla morte, assume contorni agghiaccianti e terribili proprio a causa della sua quotidianità. Qui l’inferno è una routine.
Christian Caliandro
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #6
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati