Watershed. La Puglia guarda a Nord
Un’intervista a Giusy Caroppo, curatrice del pluriennale progetto “Intramoenia Extra Art”, percorsi d’arte contemporanea internazionale tra i castelli della Puglia. L’edizione del 2012 si ispira al tema dell’acqua e va dritta fino in Europa. Da Jan Fabre a Maurice NIO, un programma di scambi di residenze, spettacoli, eventi, mostre. Un’occasione per parlare anche della Puglia e di come sta crescendo il sistema cultura.
L’avventura è iniziata sette anni fa. Una sfida ambiziosa e tanti successi portati a casa, con la soddisfazione di aver fatto, per certi versi, da apripista: portare l’arte contemporanea nei luoghi più remoti e affascinanti della Puglia classica, quella legata alla tradizione di paesaggi e architetture tra i più belli d’Italia. Dal 2005 a oggi la rassegna Intramoenia Extra Art, curata da Giusy Caroppo, ha prodotto una mappatura sensibile del territorio, evidenziando una rete di location in cui l’energia dell’arte ha preso a scorrere, anno dopo anno: dodici sedi, tra castelli e palazzi storici, si sono trasformati in teatri temporaneamente dischiusi alle opere di nomi di rilievo della scena artistica internazionale. Bill Viola, El Anatsui, Braco Dimitrijevic, Ernesto Neto, AES+F, Molodkin, Moataz Nasr, H.H. Lim, Luigi Ontani, Matteo Basilè, Stefano Cagol, Botto & Bruno, Paolo Chiasera, Elisabetta Benassi, Francesco Carone, Michelangelo Pistoletto, Enzo Cucchi, solo per citarne alcuni. Il progetto, dopo un anno di pausa, torna nel 2012 con una nuova veste e un’identità europea fortissima. Abbiamo incontrato Giusy Caroppo per farci raccontare Watershed, toccando passato, presente, futuro – con qualche nota politica a margine – di questo affascinante viaggio.
Intramoenia Extra Art ha avuto un buon successo e si è qualificato come una delle punte d’eccellenza per il contemporaneo in Puglia. Poi, improvvisamente, lo stop. Perché? Penuria di fondi?
In effetti sì. Il momento era difficile e la Regione era orientata a investire su una sola idea forte: essendo stato selezionato, tra gli eventi Ccollaterali della Biennale, il progetto Pino Pascali. Ritorno a Venezia, curato da me e Rosalba Branà, l’amministrazione ha preferito concentrarsi su questa sola iniziativa.
Quest’anno il restart. Forse con una marcia in più rispetto al passato. Quale la chiave che hai trovato per coinvolgere enti pubblici e sponsor?
Prima di tutto siamo stati inseriti nella pubblicazione I luoghi del Contemporaneo del MIBAC, pur non essendo un luogo fisico. A quel punto era logico non far morire il format! Inoltre le nostre relazioni internazionali si sono consolidate: ci siamo conquistati una stima all’estero straordinaria; merito della qualità, a fronte di un budget contenuto, di una gestione finanziaria impeccabile, di un’accoglienza “amicale” ma professionale. La chiave del nostro successo credo sia poi la capacità di progettazione, la chiarezza nell’esporre le nostre idee curatoriali, la concretezza – poche parole, belle mostre – e la fattibilità, quest’anno implementata dalla presenza del giovane project manager Aldo Torre. Ma soprattutto ci ha giovato l’aver costruito un modello flessibile, che ben si adatta a qualsiasi situazione locale.
Entriamo nel vivo di Watershed e partiamo proprio dal budget. Chi finanzia e quanto?
L’operazione – prodotta dall’associazione non profit Eclettica – si accrediterà un finanziamento della Commissione Europea di 140.000 euro, un co-finanziamento di 80.000 della Regione Puglia, di 20.000 della Provincia Barletta-Andria-Trani e il resto dovrebbero deliberarlo il Comune di Barletta e altri enti, anche stranieri.
Privati?
Quest’anno sono stati abbastanza sordi. In passato abbiamo avuto un sostegno significativo dal Monte Paschi di Siena. Oggi contiamo soprattutto su sponsorizzazioni tecniche: aziende e artigiani locali che lavorano, se non gratuitamente, “a prezzo di costo”, pur di aiutarci nell’impresa.
Dunque, facendo due calcoli, 280mila euro. Da spendere come?
Sette progetti speciali con relativa produzione di opere inedite, installazioni ambientali, spettacoli, residenze, dibattiti virtuali e dal vivo, curatela, guida e assistenza agli eventi, web, traduzioni, promozione, produzione di cataloghi e video.
Tanta roba. Com’è strutturato il progetto e in cosa è cambiato rispetto alle altre edizioni?
È un progetto complesso e si basa su uno scambio tra la Puglia e il Nord Europa. Ispirandoci al bando europeo cultura, lo abbiamo strutturato attraverso riedizioni di installazioni e testi teatrali, puntando alla produzione di opere con un’attenzione interdisciplinare e multiculturale. È una sorta di scambio di ruoli e osmosi tra realtà differenti, tra un sud che si vanta di “insegnare” a un nord Europa che vuole “conoscere”. È un viaggio tra monumenti storici e porti, tra paesaggi assolati o uggiosi, tra il bianco della neve e quello del sale. Insomma, se prima si trattava solo di mostre a tema, ubicate in spazi non convenzionali secondo l’idea del “museo temporaneo diffuso”, oggi mettiamo in atto il consolidamento di relazioni più stabili e fruttifere, utili anche per il futuro.
Che artisti hai coinvolto? E quali Paesi fanno parte del programma?
I paesi sono, per l’Italia, la Puglia con le saline di Margherita di Savoia e il Castello e il Palazzo della Marra a Barletta. Per l’Europa ci sono il Belgio con le Fiandre e la città di Anversa; dei Paesi Bassi tocchiamo Rotterdam e l’emergente Wilhelminapier; per la Svezia, siamo in trattative per definire una residenza nel Sud Lapponia o nel Gotland. Le organizzazioni coinvolte sono l’italiana Eclettica_Cultura dell’Arte, la belga Troubleyn, l’olandese Stichting Highbrow e lo Studio svedese Bigert & Bergström, artisti ospiti del progetto insieme a NIO architecten, Jan Fabre, Guillermina De Gennaro, Luigi Presicce, Sarah Ciracì, La compagnia delle Formiche.
Grande attenzione anche a logo e grafica.
Si, un ruolo di pari dignità con gli artisti lo hanno i creativi – QB e L-Lable, con la supervisione di Carla Palladino – che curano l’immagine coordinata: daranno anima al logo Watershed, declinandolo tridimensionalmente con materiali di volta in volta diversi, concettualmente legati all’azione che illustrano. Per esempio, quello di Dark Matter (prima tappa in corso a Barletta) è “ricoperto” di catrame.
Perché il nome Watershed?
Da tempo desideravo ispirarmi al tema dell’acqua, ma non volevo risultasse didascalico. Alludere sì all’emergenza, in chiave anche ecologica, e alla ricchezza che deriva dalla sua suggestione fisica, paesaggistica. Watershed è una parola fluida, ricca di significati e metafore: da “bacino idrografico” a “solco tra bacini”, “spartiacque”, “svolta”. E poi “to shed” accostato a “tears” significa “versare lacrime”: l’Histoire des larmes è l’opera di Jan Fabre che andremo a personalizzare con il nostro gruppo di teatro danza.
Quest’anno, quindi, non solo arti visive, ma anche teatro-danza e architettura…
L’architettura, che è sempre stata centrale per il progetto Intramoenia Extra Art nei castelli, ha assunto un ruolo principe in Watershed: ci siamo fregiati della partecipazione di Maurice NIO, architetto poliedrico e geniale di fama mondiale. Per il teatro danza offriremo una residenza a una compagnia pugliese, diretta da un ottimo regista sperimentale – Giampiero Borgia – presso il teatro laboratorio di Troubley ad Anversa. Il risultato finale avrà come palcoscenico le saline di Margherita.
Quanto è stato difficile portare avanti un progetto così complesso? Al Sud pare sempre tutto un po’ più complicato…
All’inizio non è stato facile far capire quanto l’arte contemporanea potesse essere la vera scintilla per rivitalizzare il territorio. Quando nel 2005 ideai Intramoenia Extra Art la strutturai già come progetto pluriennale, invitando Achille Bonito Oliva nella veste di “patron”, ma chiarendo che occorreva contare su un team giovane, senza affidarsi ai caterpillar del “mostrificio”. Se è vero che ci siamo rapportati subito con la struttura rigida della macchina burocratica e con le solite tempistiche lentissime, devo evidenziare che gli uffici di competenza brillano per trasparenza e onestà. Il merito va anche a chi dirige l’orchestra: parlo di Silvia Godelli, Assessore regionale al Mediterraneo Cultura e Turismo, una donna di grande spessore intellettuale e umano.
Sei un’osservatrice privilegiata: rispetto al tema cultura e nello specifico al contemporaneo, come sta la Puglia? La regione sta crescendo? Nichi Vendola come se la cava?
La crescita c’è, anche se si è preferito investire gran parte dei finanziamenti europei su progetti meno eclatanti di Intramoenia Extra Art e del Museo Pino Pascali, piccole fiammelle che hanno comunque generato un fermento diffuso: diversi milioni di euro continuano a essere investiti per “Principi Attivi” e “Bollenti Spiriti”, bandi per le politiche giovanili e la riqualificazione di spazi urbani, tramite la costituzione di laboratori e piccole attività, anche profit. Certo, si sarebbe potuto fare di più, specie a favore di una rete stabile del contemporaneo. Ma è il territorio a non essere ricettivo, a non capire che l’unione fa la forza. A Nichi Vendola e Silvia Godelli si deve soprattutto il merito di avere incentivato le professionalità locali, premiando chi ha lavorato a progetti di qualità.
E il futuro?
La Puglia ha in cantiere il Distretto Industriale della Puglia Creativa, che dovrebbe riunire i vari comparti legati all’arte, allo spettacolo, all’audiovisivo. Un punto dolente resta l’assenza di un Museo d’Arte Contemporanea a Bari, argomento dapprima sollevato da illustri personaggi come Pietro Marino e dalla Regione stessa, quindi apparentemente risolto nel BAC, oggi soppiantato dall’idea di un hub del contemporaneo.
Il futuro del tuo progetto, invece? Tornerà anche l’anno prossimo?
Watershed terminerà in primavera. Per ora procede bene, ma è difficile pensare a qualcosa di analogo per il prossimo anno. Meglio osare nel 2014. In questo senso l’amministrazione regionale sembra orientata ad abbracciare un progetto veramente originale, con risvolti estetici, concettuali e sociali che stiamo pensando con Jan Fabre, l’artista tra tutti più affezionato alla Puglia. Con lui vorremmo mettere un “punto” a Intramoenia Extra Art. Ne parleremo a novembre, non appena sarà a Barletta per il suo contributo a Watershed.
Chiudiamo con un momento amarcord. Un’esperienza come questa, lunga sette anni, lascia un capitale che è innanzitutto umano. Le emozioni condivise, i ricordi, il quotidiano, gli incontri…
Se devo pensare a un ricordo forte, penso subito a un episodio che in realtà è stato un incubo! Anche se per fortuna si è risolto felicemente. Avevamo esposto dei preziosi disegni di Fabre nel Castello di Monte Sant’Angelo, sul Gargano: un posto freddissimo, era pieno inverno. Quando smontammo la mostra, i disegni presentarono sul retro un’efflorescenza di muffe: una tragedia! Il nostro restauratore di fiducia, Leo Marrone, le fece tornare come nuove, ma avevamo sfiorato un danno gigantesco. E come non ricordare, poi, l’emozionante messaggio di Mimmo Paladino che, impossibilitato a seguire personalmente l’installazione dei suoi mastodontici carri in acciaio corten, volle una foto in tempo reale e rispose così: “ Grazie Giusy, se fossi venuto, non avrei potuto fare di meglio! Mimmo”.
Ripensando agli incontri con persone uniche, cito l’incantatore Sisley Xhafa e soprattutto Maria Teresa Hincapiè de Zuluaga: è stata proprio a Lucera la sua ultima performance, prima della sua morte prematura. Sento ancora il sudore dell’infinito ed energetico abbraccio, al suo arrivo dalla Colombia, nella torrida stazione di Foggia.
Helga Marsala
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