Da Ciudad Juárez a Ciudad de México, la Promessa di Teresa Margolles
Finora ha denunciato la situazione di violenza e morte che domina il Messico, e in particolare la città di confine di Ciudad Juárez, tristemente nota per il numero incredibile di omicidi. Ora però, con una mostra nel suo Paese, accende un barlume di speranza. Teresa Margolles è in mostra al MUAC di Città del Messico, fino al 6 gennaio.
Ancora Ciudad Juárez nell’opera dell’artista Teresa Margolles (Culiacán, 1963). L’ultimo suo lavoro, inaugurato al Museo Universitario d’Arte Contemporanea di Città del Messico, racconta dell’immigrazione forzata di moltissime persone che avevano creduto nella “promessa” di un futuro migliore generato dalla costruzione di una nuova città e che, invece, l’hanno vista trasformarsi nella capitale del narcotraffico, dell’illegalità, della violenza, della morte cruenta nelle strade. Dal 2007 a oggi, 160mila messicani l’hanno abbandonata, lasciando più di 115mila case disabitate.
Teresa Margolles, la donna che ha rappresentato il Messico nei luoghi culto per l’arte contemporanea internazionale, stavolta parla dal suo Paese al suo Paese, con un linguaggio che, insieme al dolore e alla denuncia a cui ci aveva abituati, lascia spazio alla speranza. “Parlando di Ciudad Juárez, Teresa sta raccontando la storia di molte altre città del mondo e delle persone che devono lasciare i luoghi dove vivono per cause di forza maggiore. È una situazione che esiste in Siria, in Spagna, in Tunisia, in Colombia, in molti Paesi e città dove i migranti sono costretti a vagare in cerca di un posto migliore“, spiega la curatrice María Inés Rodríguez.
Il processo di ricerca è stato lungo e si è concluso con l’acquisto delle pareti di una delle tante case abbandonate di Ciudad Juárez. Le mura e la polvere sollevate sono state portate con due camion fino a Città del Messico, al MUAC, dove tre mesi fa l’artista ha ricreato, come per una scultura, un lungo muro che ogni giorno viene sgretolato attraverso l’azione di assistenti e volontari. A mani nude e lentamente, la terra comincia a occupare la grande stanza e, alla fine della mostra, a gennaio, non resterà che polvere.
Per Cuauhtémoc Medina – curatore di Di che altro potremmo parlare? e che aveva fatto conoscere la Margolles in Italia, dove aveva rappresentato il Messico alla Biennale di Venezia del 2009 -, “Teresa, dopo avere interrogato il sangue nelle sue opere, testimonianza di una morte sociale inflitta dal capitalismo globale, con ‘La promessa’ denuncia una nuova condizione di disagio: quello di avere una casa, pagare a caro prezzo per poi vedere che le condizioni attuali vanificano l’accumulo di sacrifici generazionali. Mentre la casa in generale, rappresenta lo spazio in cui è possibile proteggersi dall’esterno, stare con la famiglia e vedere un sogno materializzato, a Juárez ci sono migliaia di case abbandonate, perché i residenti sono stati minacciati da interessi immobiliari, di narcotraffico e altre forme di violenza”.
Se l’obitorio, la violenza, la morte sono stati i temi principali delle opere della Margolles nella denuncia di un’intera società, questa volta la casa, la speranza, la vita fanno presagire un possibile riscatto per i singoli individui. Lei spiega che questo progetto è stato realizzato con la Juárez “vivente”, che denuncia un dramma ma parla di vita, dell’illusione di una promessa, della possibilità di costruire qualcosa. Fa della casa una metafora, esegue con gesti lenti un rito e mostra come si distrugge una promessa, come si frantuma in polvere la speranza per chi è costretto ad andare. “Quando si deve lasciare tutto ci si sente a pezzi”, dice. Però “diventa più imminente e necessario il bisogno di costruire di nuovo”.
Mercedes Auteri
Città del Messico // fino al 6 gennaio 2013
Teresa Margolles – La promessa
a cura di María Inés Rodríguez
MUAC
Insurgentes Sur 3000
+52 (0)55 56226972
www.muac.unam.mx
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