La notte li fa belli: la notte dei musei in Austria
Se ne son viste di tutti i colori. Ed era semplicemente la notte dei musei, a Vienna e in tutta l’Austria. Altro che segmenti di oscurità tra sporadiche concentrazioni luminose. Certo, toccava essere nei luoghi giusti per capire che non tutte le notti sono nere.
Fascinosa e seducente Lange Nacht der Museen, evento simultaneo in tutta l’Austria in un sabato d’ottobre. Silenziosamente, o quasi, la festa ha gettato i seguaci del culto in una felice ambiguità: non solo l’incontro con la scaltrezza di oggetti creati nel corso della storia. L’etichetta stimolava anche all’esplorazione delle architetture dedicate alla loro esposizione. Così, da un certo punto di vista, è stata anche una lunga notte dell’architettura. Di certa architettura. Toccava, però, essere nei luoghi giusti per constatare che “non” tutte le notti sono nere, per assaporare appieno l’avventura delle tenebre, quando anche certi effetti luminescenti e cromatici, emanati da talune strutture museali, si son messi in gioco a far saltare il banco della “razionalità” ottica. Se l’evento doveva essere una festa che legava insieme più cose, la “piccola” Austria ha avuto molto da festeggiare. Da Bregenz a Vienna, passando per Linz e Graz, ubiquità permettendo, beninteso.
In quell’angolo orientale del Lago di Costanza che è ancora Austria, la consistenza materica esteriore – vetro semiopaco – della Kunsthaus di Bregenz (KUB) si anima di luce propria fin dal primo imbrunire. E man mano che cala la notte, l’edificio sembra dissolversi nella propria sorgente di luce. Effetto di trasparenza interno/esterno, mediante luce artificiale posizionata nell’ampia intercapedine addossata ai muri portanti del museo. Naturale che con la luce diurna il gioco della trasparenza si ribalti. Inaugurata nel 1997, la Kunsthaus di Bregenz fu l’opera che portò definitivamente lo svizzero Peter Zumthor all’attenzione internazionale, insignito nel 2009 del Pritzker Prize.
Linz, a metà strada tra Salisburgo e Vienna, ha due creature ideali per la notte, il Lentos Museum e l’Ars Electronica Center (AEC). Si fronteggiano, un po’ distanti, dalle opposte sponde del Danubio. Vetro-luminescenza-architettura-museo, in entrambi, alchimia portata al massimo mediante un’emissione autogena di forti cromatismi, continui e mutevoli. Il Lentos fu la brillante proposta del semisconosciuto e giovane studio zurighese Weber & Hofer che nel relativo concorso sbaragliò fior fiore di star-architect molto interessate al progetto museale. Dalla sua realizzazione, era il 2003, questo parallelepipedo, lungo 130 metri per 30 di larghezza, non smette di irradiare da ogni suo lato forti incandescenze cromatiche che mutano al ritmo di lente dissolvenze.
L’AEC, dall’altra parte del Danubio, inscena il profilo vagamente dinamico di un mercantile che pare navigare sulle acque del Danubio. Oggetto di cristallo luccicante di giorno, quando poi di notte emette effetti cromatici in successione o configurazioni luminose elaborate talvolta su tracce musicali: fenomenologia artistica dispiegata sul filo della sperimentazione tecnologica da una parte, e della percezione sensoriale dall’altra. Estetica pura, dunque.
La potenzialità del “medium” tradotta in termini numerici: facciate di vetro estese per 5.100 mq, incorporando 40.000 led. Fu un record in Europa. Stupefacente l’economicità: in una intera notte il consumo si aggira tra i 3 e i 5 kw. Inaugurato verso la fine del 2008, l’AEC porta la firma di due progettisti viennesi, Andreas Treusch e Nadja Sailer, anch’essi vincitori di un concorso internazionale con partecipanti ben più blasonati.
Volendo preferire la concettualità di un neon bianco-su-nero alla pura energia pan-cromatica, bisognava trovarsi a Graz e volgere lo sguardo alla ormai notissima Kunsthaus degli utopici Peter Cook e Alain Fournier, concepita a forma di ciclopico organismo alieno, altamente tecnologizzato, con annesso display alloggiato sotto la cute scura e translucida. È posizionato sul fronte principale dell’edificio e è a disposizione degli artisti di turno. Guarda caso, in questo periodo Graz sta celebrando in varie sedi Michelangelo Pistoletto con una completa retrospettiva ora conclusa e con una vasta installazione documentale della Cittadellarte, in corso fino al 20 gennaio del 2013. A disposizione dell’artista italiano, per un site ultra-specific, c’è, naturlmente, anche quell’enorme display a schermo incurvato i cui “pixel” sono lampade ad anello e il cui impiego può generare effetti strobo o cinetico-narrativi su scala mega. Pistoletto ha voluto però “sbalordire” con un fermo immagine durato due settimane, raffigurante – all’incirca – il prolungamento di un terzo anello del simbolo infinito, titolandolo Terzo Paradiso. Non brillantissima, ma comunque romantica come idea.
Quanto a musei, Vienna, la capitale, ha proprio di tutto. Se però nella notte fatidica si preferivano luminescenze anomale, non vi erano dubbi: Arsenalstrasse 1, ovvero 21er Haus (Ein-und-Zwanziger Haus). Di per sé, struttura semi-prefabbricata che incarna un riciclo esemplare nella storia dell’architettura con un virtuale capitolo intitolato “l’ edificio che visse tre volte”. A partire cioè dal padiglione austriaco che fu, durante l’Esposizione Universale di Bruxelles, anno 1958, poi stranamente smontato e portato in patria. Ora, artefice l’austriaco Adolf Krischanitz, ecco una struttura recentemente rigenerata in qualità di museo del ventunesimo secolo, dopo esser stata per decenni un museo recante il nome del secolo scorso. E questa sua terza vita pare proprio investita del verbo divino della creazione: “Fiat lux”. Più una postilla post-modern: purché sia di tutti i colori! E luce e colori furono. Forti e uniformi luminescenze proiettate sulla lunga facciata che nell’oscurità lo rendono ancora bello per molte notti a venire.
Franco Veremondi
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