Carlo Rambaldi. L’ultima intervista
A poco più di un mese dalla scomparsa del premio Oscar Carlo Rambaldi, vi proponiamo la sua ultima intervista. Era il Natale 2008. Da pochi mesi era uscito al cinema “Gomorra”, immediatamente campione d’incassi, e sembrò potesse correre per l’Oscar. La crisi economica era appena percepibile. A Lamezia Terme l’associazione Aleph Arte inaugurava la mostra “Luminescenze”, un progetto dell’artista Antonio Pujia Veneziano con il genio della scenografia hollywoodiana.
Era il padre degli effetti speciali, Carlo Rambaldi (Vigarano Mainarda, 1925 – Lamezia Terme, 2012). Per tre volte si è aggiudicato il Premio Oscar per la Scenografia: nel 1976 con il King Kong di Guillermin, nel 1979 con Alien di Ridley Scott e nel 1982 con ET di Steven Spielberg. Lo avevamo incontrato a Lamezia Terme dove, insieme all’artista calabrese Antonio Pujia Veneziano, era protagonista della mostra Luminescenze presso il Laboratorio Bruno Munari di Aleph Arte.
Un maestro della fantascienza che crea un’opera per il Natale?
Ebbene sì, mi piaceva il tema e sono stato felice di essere coinvolto. Ho pensato a una metafora della natività. Ho fatto un piccolo bozzetto… e poi, ecco pronta l’opera! Ora sto pensando di farne una ancora più grande!
Pensa che la fantascienza sia ancora un genere percorribile?
Beh, direi che la fantascienza è un filone che funziona sempre. Il guaio però è saper inventare nuovi soggetti, perché ormai tutti copiano tutti! Soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie… Insomma, oggi tutti usano il computer, che aiuta molto, fortunatamente. Il problema però è saperlo usare davvero in modo creativo e non invece per scopiazzare qui e là!
Ma lei va al cinema?
Raramente… Penso comunque che, come sempre, ci siano film buoni e non.
Ci svela un segreto? Veramente si mantiene massimo riserbo sui vincitori degli Oscar?
Assolutamente sì! Scherza? Gli americani sono tremendi! Non si sa nulla… Anche io sono tra quelli che votano per i film vincitori. Siamo tantissimi e tutto resta segreto fino alla fine.
Cosa pensa di Gomorra?
Non l’ho visto.
Preferisce il cinema americano a quello italiano?
Il problema del cinema italiano sono i soldi. Gli americani riescono bene ad ammortizzare i film che fanno. Se i film continuano a essere fatti con costi troppo bassi, il cinema italiano non varcherà mai i confini nazionali. In America il cinema è un’industria. Negli Anni Sessanta anche l’Italia era forte. Oggi invece si fanno troppi pochi film.
Il padre di ET crede all’esistenza di un mondo extraterrestre?
Beh, forse ci saranno, ma la distanza è troppa… migliaia di anni luce. Quindi noi non arriveremo mai da loro e loro mai da noi. Perciò resterà sempre il dilemma: esisteranno o meno? E comunque sarà bello non svelarlo, perché potranno essere inventate tante altre storie.
Come disegnerebbe l’ET del 2010?
Mah… ET è un modello, e col cinema si può fare di tutto! Non è detto che non possa essere rifatto. E comunque mi divertirei come mi divertii all’epoca, quando Spielberg mi chiamò.
Lei che l’ha conosciuto bene, com’è Spielberg?
È un bravo ragazzo, molto allegro e amichevole. Come tutti gli americani.
Cosa le piace di più dell’America?
Ha un potenziale incredibile, soprattutto perché, quando si vuol fare qualcosa, in tutti i campi, la si fa senza perdersi in chiacchiere. Se l’Europa iniziasse a ragionare come un continente unito, davvero collaborando e senza perdersi in nazionalismi inutili, allora potrebbe avere lo stesso potenziale americano.
Caterina Misuraca
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