Food. Una scorpacciata di contemporaneo
È quella che Adelina von Fürstenberg sta cucinando, tra Milano e Ginevra, in vista dell’Expo 2015. Ai nastri di partenza Food: più che una mostra itinerante, un work in progress senza soluzione di continuità. Perché a cambiare non sono soltanto le location di una mostra che, nomen omen, indaga il rapporto tra cibo e arte. Ma anche le opere e i progetti presentati dai vari artisti.
Come nasce l’idea di una struttura del genere?
Negli ultimi anni ho avuto l’occasione di produrre diversi film e mi sono accorta di come il cinema duri più a lungo, mentre una mostra, passato il tempo del’esposizione, rischia di essere dimenticata. E questo mi frustra tantissimo. Il fatto di poter portare in giro la mostra la fa vivere di più. Anche perché agli artisti, nel limite delle possibilità, chiediamo di produrre interventi nuovi.
Un modus operandi affascinante, ma anche impegnativo. Come si regge a livello gestionale ed economico?
Non stiamo parlando di commissionare un’opera ad Anselm Kiefer, gli interventi saranno tutti sostenibili. E poi c’è sempre qualcuno che aiuta, che finanzia! Magari non si trova liquidità, ma oggi si ottiene sostegno anche in forma di un supporto tecnico che risulta poi determinante per la produzione delle opere.
Tra i nomi degli artisti coinvolti, al momento spiccano Marina Abramovic e Pipilotti Rist, ma anche la folta partecipazione italiana: Maloberti, Vitone, Kounellis. Quali sono le tappe di Food? Quando vanno in scena?
Partiamo subito dal Musée Ariana di Ginevra, per arrivare allo Spazio Oberdan di Milano nel settembre 2013. Poi sarà la volta del SEC di San Paolo, in Brasile, nel 2014; del MuCEM di Marsiglia da ottobre 2014 a febbraio 2015. Infine ancora Milano, in diverse sedi sparse per la città, nei giorni dell’Expo.
Il legame concettuale tra questo progetto e il tema dell’Expo, Nutrire il pianeta, è immediato. Come si è sviluppato il rapporto istituzionale con l’establishment della fiera universale?
Il tema del cibo ci interessava molto, per cui quando abbiamo saputo che era alla base dell’Expo ci siamo immediatamente messi al lavoro. Il progetto è nato due anni e mezzo fa: non l’abbiamo presentato direttamente all’Expo, banalmente perché non sapevamo nemmeno a chi rivolgerci! L’abbiamo mostrato allora alla Provincia di Milano, che l’ha supportato e proposto all’Expo. La Provincia ci ha anche dato la possibilità di usare lo Spazio Oberdan… ma nel 2013! E noi volevamo cominciare subito. Allora ho parlato con l’assessore alla cultura di Ginevra, senza nemmeno sapere che la città avrà un proprio padiglione all’Expo… abbiamo messo tutto insieme e siamo partiti.
Food guarda al futuro ma trae origine da radici molto profonde. Quelle di Art for the World, soggetto con cui da anni Adelina von Fürstenberg produce azioni di arte sociale in giro per il mondo. Come nasce questa avventura?
A metà Anni Novanta le Nazioni Unite stavano preparando le celebrazioni per il loro cinquantenario e hanno chiesto a diverse istituzioni di presentare progetti per eventi a tema. Con Le Magasin di Grenoble, che all’epoca dirigevo, ne ho presentato uno che è stato accettato: nel parco davanti al grande edificio dell’Onu a Ginevra abbiamo costruito diverse piccole case, tante individualità a confronto con quell’esempio di unità. E abbiamo chiesto a una sessantina di artisti da tutto il mondo di occuparle con opere e installazioni. È stata un’esperienza tale che abbiamo deciso, insieme al gruppo che ha lavorato alla mostra, di non tornare più al museo e di creare Art for the World: arte per la gente, per la maggioranza. Arte che piace a noi, ma aperta al maggior numero di persone possibile.
Negli anni Art for the World è diventata una Ong associata al dipartimento di pubblica istruzione delle Nazioni Unite. In pratica un “fornitore” dell’Onu in materia di cultura, anche se non dispone di un portafoglio proprio, ma deve trovare in autonomia i fondi per finanziarsi…
I nostri fondi non sono mai fissi: non siamo come un museo, che ha un budget consolidato e può gestirlo, ma soprattutto se fa una mostra che non funziona può pensare di rifarsi la volta successiva. Noi, se facciamo una mostra che non riesce, rischiamo di non poterne fare più. Di solito ci muoviamo così: prima troviamo la location, poi ideiamo un progetto ad hoc. In seguito cerchiamo l’appoggio ufficiale da parte delle istituzioni e solo allora ci mettiamo a cercare i fondi.
Francesco Sala
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