Il Palazzo delle Esposizioni è in vendita? Macché!
Classe 1982, Michele Gerace, avvocato, si occupa, fra l’altro, di politiche dell’Unione europea e del territorio. Lo abbiamo intervistato perché, in quanto da non molto consigliere d’amministrazione dell’Azienda Speciale Palaexpo, ci racconta le novità che, anche grazie al suo apporto, il Palazzo delle Esposizioni di Roma sta 'lanciando sul mercato'
Gerace, la situazione del Palazzo delle Esposizioni si fa via via più complicata a causa di finanziamenti comunali che arrivano col contagocce e che non sono sufficienti per realizzare le ambizioni che il Palaexpo ha. A fronte di questo, vi siete messi nell’ordine di idee di inventarvi qualcosa…
Il PdE è stato negli anni e continua a essere uno dei più importanti spazi espositivi di Roma e del Paese tanto per qualità quanto per densità ed intensità di offerta culturale. Tuttavia, l’offerta culturale e la capacità di programmazione del PdE hanno portato in evidenza un limite nelle disponibilità di un bilancio che l’Azienda ha dimostrato di saper gestire secondo rigore e virtù. Un limite esterno, naturale e fisiologico, da una parte, di natura congiunturale e, dall’altra, dovuto alla crisi che ha ridotto e compresso, in via generale, la disponibilità di spesa di Roma Capitale (che pure ha confermato di voler sostenere gli impegni assunti fino al 2013), e altre circostanze sopravvenute e impreviste (ad esempio, l’estate scorsa, la scelta della Quadriennale di non esporre presso gli spazi del PdE), che preclude all’Azienda la possibilità di programmazione all’interno degli spazi espositivi del PdE per il periodo estivo che va da fine luglio a settembre.
Com’è la situazione di bilancio?
Quando parliamo dell’Azienda Speciale Palaexpo, parliamo di un’Azienda tra le poche in attivo in Italia, finanziariamente sana e in grado di più che raddoppiare sul mercato il contributo pubblico, con un gran numero di visitatori annui e appeal verso gli sponsor perché dagli stessi ritenuta, anche in tempo di crisi dell’economia globale, in termini quantitativo-economici e qualitativi, fortemente attrattiva.
Ecco allora che l’idea di ragionare e sperimentare nuovi progetti non risponde tanto all’esigenza di voler o dover realizzare chissà quali ambizioni. Solo per fare a capirci, appena arrivato in Azienda ho avuto il privilegio di entrare all’interno di un incredibile universo. Tra PdE, Scuderie del Quirinale e Casa del Jazz, parliamo di spazi espositivi integrati tra i più importanti in Italia. Una programmazione culturale straordinaria. Una macchina organizzativa che funziona come un orologio svizzero composta di donne e uomini, dalla direzione generale nella persona di Mario De Simoni ai singoli uffici, in grado di volta in volta di realizzare, dai prestiti delle opere al posizionamento dell’ultimo faretto prima dell’inaugurazione, piccole magie fatte di passione, competenza e puntualità che regalano ai visitatori mostre, incontri e appuntamenti culturali eccellenti.
E quindi?
L’Azienda Speciale Palaexpo, in particolare, attraverso il PdE, è tra le poche strutture in Italia a poter ambire a fare ancora di più. Ambizione che è divenuta realtà. Il PdE si è aperto all’idea di una public-private partnership finalizzata alla promozione di una call for proposal per creare, strutturare o rafforzare collaborazioni, senza limiti geografici, tra comunità artistica, istituzioni e impresa.
Il sistema della call for proposal è indubbiamente un’innovazione nella governance museale italiana. Vi siete ispirati a qualche caso di studio internazionale? Chi altro ha percorso strade simili?
Basta mettere il naso fuori dal nostro Paese per capire che c’è un mondo che viaggia a un’altra velocità. Oltre all’esperienza dei Paesi anglosassoni, c’è quella, forse ancora più meritevole di attenzione, dei Paesi sudamericani, dell’India e della Cina
Per quali periodi dell’anno enti, fondazioni, associazioni, aziende potranno presentare i loro progetti?
Per ora stiamo lavorando all’individuazione di soggetti partner che possano promuovere la call for proposal e non esiste ancora una data. Probabilmente, ove dovessero esserci le condizioni, il periodo migliore potrebbe essere quello estivo che oltre a poter parzialmente garantire una programmazione più estesa, potrebbe anche assicurare continuità di lavoro alle centinaia di addetti dell’indotto.
Insomma il Palazzo delle Esposizioni individuerà dei momenti critici, dei periodi dell’anno in cui fa fatica a tenere aperto a causa dei costi che tenere aperto rappresenta; in questi periodi mette a disposizione i propri spazi per progetti terzi che affluiscano tramite una chiamata pubblica aperta a un determinato numero di realtà. Bene, ma poi come pensate di valutare le proposte? Internamente? Invitando degli esperti in “giuria”?
In misura del tutto proporzionale all’ampia apertura della call for proposal, appare ragionevole e di buon senso prevedere un filtro di selezione estremamente rigido e attento alla qualità e alla sostenibilità dei progetti espositivi. Al riguardo, il PdE è dotato di una Commissione scientifica autorevole e di assoluto prestigio. I progetti potrebbero essere valutati affiancando alla sensibilità degli esperti individuati dai soggetti partner, quella della Commissione scientifica del PdE.
“Eccoli che stanno privatizzando il Palazzo delle Esposizioni”. Le critiche le avrai già previste, hai già pronta una risposta, probabilmente…
Ci vorrà un bel po’ di fantasia, un tocco di pretestuosa malafede e un briciolo di ignoranza, perché qualcuno possa chiamare privatizzazione l’apertura istituzionale, la democratizzazione dei processi decisionali o la condivisione di un progetto culturale con la città ed i cittadini. È esattamente il contrario. La call for proposal rappresenta una preziosa occasione per contribuire ulteriormente a rafforzare l’offerta e l’identità culturale e creativa, e con essa la consapevolezza dell’Azienda, accrescendone la competitività di e nel sistema anche in relazione a tutti gli stakeholder. In più, proprio a salvaguardia della natura pubblica del PdE, si mira a rafforzare, da una parte, l’identità del PdE, della città, del ruolo PdE all’interno della città e, dall’altra, l’appartenenza dei cittadini che la abitano e integrare una più compiuta strategia di accesso ai consumi culturali.
Si tratterebbe del primo passo, al livello nazionale, di una rivoluzione culturale in grado di liberare le tante energie presenti sul territorio le quali se solo potessero avere una chance trasformerebbero la presenza di una forte classe creativa emergente in un driver di ricchezza, sviluppo e induzione di nuova occupazione. Perché è sviluppo, cultura è lavoro, cultura è bellezza di un Paese che ne ha da vendere. Basterebbe poco. E dare una chance alla classe creativa non significa fare un favore a chi ha talento. Significa dare una chance al Paese intero.
Quale è il target-tipo di questa operazione? Delineandola avrete immaginato una tipologia di partner desiderato. A chi corrisponde? Una banca, una fondazione bancaria, una azienda privata (non molto tempo fa una grande casa automobilistica ha “utilizzato” gli spazi del Palazzo per alcune iniziative) o magari qualche istituzione culturale internazionale desiderosa di avere alcune settimane di visibilità a Roma?
Potrebbe essere veramente chiunque. Tra imprese non profit e profit, istituti finanziari, fondi di investimento e organizzazioni sociali, potremmo avviare una public-private partnership con quanti avessero voglia di contribuire a essere la causa prima di una rivoluzione in grado di trasformare la creatività, da promessa di un destino da disoccupato a tempo indeterminato, a fucina di una classe pioniera dell’immaginario. Di un sogno lucido, concreto, reale, su cui rifondare non solo la cultura ma le basi stesse della nostra società.
Massimiliano Tonelli
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