Per un’estetica del contemporaneo. Riflessioni preliminari

Che le serie televisive siano il nuovo romanzo, lo hanno detto in molti. Gli Anni Zero e i primissimi Anni Dieci ne hanno prodotte un numero significativo di altissimo livello, capolavori del piccolo schermo come Boardwalk Empire, The Borgias, The Game of Thrones.

Le nuove serie americane, oltre a contare su un grande impegno produttivo, mostrano per la prima volta, in modo completo e non episodico, un disegno di ampio respiro, una struttura complessa e polifonica e un passo che non si preoccupa troppo delle esigenze della frammentazione, ma cerca esaltare l’impianto dell’intera opera, anche quando questa, come nel caso di The Game of Thrones, si concepisca come un percorso decennale.
Il frequente paragone tra il romanzo d’appendice ottocentesco (tra cui vanno annoverati capolavori come Madame Bovary, Delitto e Castigo e I Fratelli Karamazov) e le serie televisive sopra citate, dunque, è presto fatto. Le due forme coincidono perfettamente e la differenza di medium è di fatto trascurabile. Nella società della stampa, il medium cartaceo e il codice scritto erano gli standard di riferimento; nella società dell’immagine, ça va sans dire, gli standard di riferimento sono quelli dell’immagine sonora in movimento, ma la sostanza non cambia.
Le serie di ultima generazione si concepiscono come un elemento non più debitore al cinema, né al teatro, e libero dalla logica dell’episodio che aveva caratterizzato il telefilm classico riducendone drasticamente la portata di respiro. Se appunto finora il modello di riferimento era quello del “racconto” (magari seriale), la differenza sostanziale di questo nuovo ciclo di prodotti televisivi è appunto l’adozione della forma “romanzo”. Iniziatore e culmine (dunque anche sprone) di questo Rinascimento televisivo può essere considerato The Wire, serie andata in onda dal 2002 al 2008 a firma di David Simon e Ed Burns, un’opera sofisticata nella tessitura e forte di un corpo narrativo unico, in cui i personaggi si definiscono come identità complesse fuori dai ruoli standard della “riduzione” televisiva sugli assi cardinali di bene e male.

5 Damien Hirst Per un’estetica del contemporaneo. Riflessioni preliminari

Damien Hirst

Se dunque assumiamo che le serie televisive siano il romanzo della contemporaneità, allora The Wire può essere considerata come un’opera che fa da spartiacque fra due età letterarie, come lo sono stati certi grandi classici. Un’opera veramente “contemporanea”, a qualunque tempo ci si riferisca, è quella che possa essere specchio della sua età e della sua società, non solo nel tema e nella descrizione dei costumi, ma anche nella morale stessa con cui viene composta e nella struttura che essa assume e in cui si specchia quella della società che né è incubatrice. In questo senso The Wire è uno dei migliori romanzi contemporanei, avendo fatto quasi del tutto piazza pulita delle fondamenta compositive precedenti.
Ultimamente in molti hanno parlato dei Batman di Christopher Nolan come di un grande affresco del mondo attuale, commettendo una grossolana leggerezza. Infatti, nella figura del “cavaliere oscuro”, nella sua Gotham, sono presenti ancora tutti gli stilemi attraverso i quali si innesta, in una narrazione, il sistema di riferimenti morali e culturali dell’età moderna, cioè di prima del 1945. L’archetipo dell’eroe votato al sacrificio, e il suo rapporto radiante con la comunità umana, esemplificata nel concetto di città, sono un misto perfetto di Cristianesimo e Umanesimo. Ma per essere ancora più chiari, si potrà leggere nella trilogia di Nolan tutta la “verticalità” che è propria della morale moderna in continua tensione fra cielo, terra e inferno. L’asse tra il bene, il male, e quello che c’è in mezzo, costituisce il paradigma di riferimento per l’identità dell’era che va dal 33 d.C. al 1945. Pur mimando il costume di questi anni, la trilogia del cavaliere oscuro insiste ancora su questo paradigma, denunciando un ritardo percettivo rispetto al tempo che si sta effettivamente vivendo.
A fare, invece, di The Wire, un’opera realmente contemporanea è proprio l’abbandono della logica verticale (umanistico-cristiana) per adottare le fondamenta di una morale “orizzontale”. In questa serie non ci sono eroi, non ci sono sacrifici, non ci sono vinti né vincitori, “ci sono solo persone che perdono più lentamente”, come dice Prytzbylewski, uno dei controversi personaggi del telefilm. È la morale del dopo-1945, del dopo-Auschwitz, per dirla con Adorno.

4 The Dark Knight Rises Per un’estetica del contemporaneo. Riflessioni preliminari

The Dark Knight Rises

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Gian Maria Tosatti

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