Feste al museo. Cosa offre l’Italia
Giorni di festa. Nei pomeriggi di ozio e di allegra frenesia, c'è tempo anche per qualche giro nei musei. Dopo i consigli per un tour di fine anno a New York, ecco una passeggiata lungo lo stivale. Una top ten di spazi museali italiani, con undici mostre da consigliare. Per segnare il passaggio tra l'anno che viene e quello che va, insieme a nomi del calibro di Degas, Canova, Sol LeWitt...
Shopping, pranzi, cenoni, veglioni. Evaporano così, nella corsa di un rito comandato e nel segno dell’austerity imperante, le benedette festività natalizie. Allarme rosso Maya rientrato, con i preparativi per il super party di fine anno ad affannare i superstiti. E un po’ più di tempo c’è, forse, da spendere anche per il sacrosanto otium. Va bene le compere, i banchetti e la liturgia di briscole e regali; ma qualche suggerimento per rifarvi gli occhi ve lo vogliamo dare. Una mappatura rapida, assolutamente sommaria e parziale, di alcune tra le mostre museali che varrebbe la pena vedere in quest’ultimo scorcio del 2012, da Nord a Sud dello Stivale. Quelle per il grande pubblico, quelle da portarci i bambini e trascinarci anche i parenti, a spezzare i pomeriggi pigri dei raduni intorno al focolare. Liete promenade vacanziere, godendosi una manciata di capolavori, in mezzo a qualche pagina di storia.
Partiamo da Torino e apriamo con uno sguardo sulla Francia impressionista, per un artista che l’Impressionismo lo sposò e lo attraversò, ma in una maniera laterale, discontinua, non conforme. Edgar Degas amò la bellezza del movimento, la fugacità dei gesti e la letizia effimera dei corpi, presenze dinamiche nello spazio. Ma al gusto diffuso dei paesaggi sfaldati nella luce e alla sfrontatezza di una pittura puramente retinica, egli preferì l’intimità di spazi chiusi, scene custodite nel tepore della memoria; mentre al gioco del luminismo ardente accostava il valore della plasticità, figlia di geometrie e di volumetrie classiche. Per ammirare le sue danzatrici, ma anche i nudi, i ritratti, gli scorci di life style, non c’è che da farsi un giro al Palazzo della Promotrice, dove trova posto un’ampia fetta dalle eccezionali collezioni del Musée d’Orsay di Parigi.
E ancora di movimento si parla, a Torino, con un volo pindarico di quasi un secolo. Alla Gam è di scena una mega retrospettiva dell’italo-americano Salvatore Scarpitta. Appassionato di auto da corsa – assemblate con le sue stesse mani, in forma di poderose installazioni – Scarpitta cavalcò, tra gli anni ‘50 e ‘60, un progressivo sfondamento dello spazio pittorico, raggiungendo la potenza dell’oggetto e l’energia solida dello spazio. Sempre sul filo di un dinamismo inquieto, fatto di tensioni ed equilibri instabili. Un passaggio che percorse, a velocità definitivamente sostenuta, quando abbandonò la violenza di un’iconoclastia tutta materica, in favore di una ricomposizione più meditata, concettuale: “Ho portato la tela da una condizione malvagia ad una condizione più ‘surreale’, quasi astratta, dovuta alla tela cruda e grezza, non più strappata, ma tirata”. La mostra torinese mette insieme una larga selezione di lavori, dalle tele estroflesse alle sculture, dai dipinti “strappati” a quelli, originalissimi, costruiti con tiranti di fasce e bende.
Restando a Nord e spostandosi a Milano, è d’obbligo una visita a Palazzo Marino, dove, grazie a un accordo tra ENI e il Louvre, in collaborazione col Comune, è possibile ammirare due capolavori dell’ultimo Settecento francese, custoditi nel museo parigino. Un tributo alla classicità, evocando la vicenda straziante di Amore e Psiche. In mostra la candida scultura di Antonio Canova, realizzata nel 1789, un trionfo di sensualità e grazia, roba da togliere il fiato, col rischio di improvviso malore stendhaliano. Accostato c’è il dipinto di François Gerard, altro gioiello neoclassico, datato 1798. Due variazioni su tema, che danno immagine e forma a un intramontabile racconto mitologico, divenendo esse stesse icone assolute del bello romantico.
Ma nella capitale del contemporaneo non ci si può sottrarre a un tuffo tra i linguaggi del presente. La tappa da non bucare è quella all’Hangar Bicocca: per i fanatici di tecnologia c’è Undisplay di Carsten Nicolai, immateriale monolite audio-video che – come un nastro srotolato all’infinito – realizza la fusione minimale, astratta, rigorosa, tra suoni digitali e visioni elettroniche. Il tutto giocato sulla monotonia cerebrale del bianco e del nero. E sempre alla Bicocca c’è Tomàs Saraceno, con la sua esplosiva installazione ambientale, On Space Time Foam: una capsula fluttuante, costituita tra diversi livelli di pellicola trasparente, in cui addentrarsi – o meglio tuffarsi – come dentro a un dedalo lisergico. Spazi laterali, per esperienze percettive di confine.
Uno sguardo a Est, fino al Mart, dove troviamo Lea Vergine al timone di “Un altro tempo”, in cui sculture, dipinti, disegni, oggetti d’uso quotidiano, libri, fotografie e arredi raccontano la parentesi complessa tra Decadentismo e Modern Style: un’operazione intellettuale, la testimonianza concreta di un milieu culturale e di una dimensione estetica à rebour. Una mostra che è un catalogo di personalità d’eccezione, tra artisti, poeti, scrittori e fotografi, attivi in Europa dalla fine degli anni Dieci e gli anni Trenta del Novecento. Il tutto impreziosito da un allestimento di Antonio Marras.
A Venezia, tra le sale del Museo Correr c’è il grande vedutista settecentesco Francesco Guardi: l’itinerario cronologico e tematico si sviluppa attraverso centoventuno opere, tra dipinti e disegni, per raccontare la straordinaria avventura di un artista che cantò il paesaggio veneziano con minuzia eccelsa, scansando sempre l’illustrazione in favore di una ricerca pittorica vivissima, mai banale, capace di spingere l’immagine verso soglie di nitida poesia.
Ultime settimane in Laguna per gustarsi anche la doppia personale di Gunther Uecker ed Enrico Castellani a Ca’ Pesaro, due giganti a confronto, evocando le esperienze storiche del gruppo Zero e di Azimuth, in una partitura armonica fatta di corrispondenze ed echi: intrecci lineari, direttrici geometriche, estroflessioni, sperimentazioni monocrome tra segno e oggetto, scritture di chiodi e infinite modulazioni dei concetti di spazio e tempo.
E poi Roma. Protagonista assoluto di questo incipit d’inverno capitolino è Jan Vermeer, approdato alle Scuderie del Quirinale insieme ad altri pittori olandesi suoi contemporanei. Un nome, un mito. In lui si risolve il mistero di una luce che è insieme naturale e spirituale, il riflesso dei cieli d’Olanda nel calore d’interni domestici borghesi: bagliori diffusi, tra le vetrate e le pareti, tra i volti opalini e gli sguardi affettuosi, in quel convivere inspiegabile del dettaglio e dell’astratto, del reale e dell’onirico, della lucida presenza e di una sospensione tutta mentale. L’emersione dell’io tra le cose. Tutto questo è negli otto capolavori esposti, accompagnati dalle tele di altri nomi di spicco, per un compendio della grande scuola fiamminga secentesca.
Restando su Roma, vale la pena fare un salto al Complesso del Vittoriano, per riscoprire, in cento dipinti, la parabola creativa di Renato Guttuso. Un omaggio al maestro siciliano del realismo, in occasione del centenario della sua nascita, da parte di una città che lo accolse per oltre cinquant’anni. In mostra anche la folgorante tela del ’72, I funerali di Togliatti, elegia tragica, risolta nel pallore della folla raccolta – moderno coro greco – e nello sventolare fiammante di decine di bandiere rosse, vessilli di un ideale che supera la vita e anche la morte.
Ultimo passaggio, doveroso, a Napoli, che quest’anno ha salutato il Natale con un weekend dell’arte assai ben orchestrato. Tra decine di eventi in gallerie, musei, fondazioni, spazi non profit, da non perdere è sicuramente Sol LeWitt, al Madre. Si tratta del primo progetto di taglio museale che l’Italia dedica al grande artista dal 2007, anno della sua scomparsa. Tre sezioni per tre nuclei tematici, con tanto di opere inedite, realizzate oggi dai suoi assistenti, e alcune opere di altri artisti collezionate dallo stesso LeWitt. Un progetto che prova a ricoprire i 50 anni di carriera di questo principe del minimalismo e del concettualismo, colui che seppe infondere alla linearità di strutture semplici, geometriche, l’eccentricità di uno spazio ipercromatico, avvolgente, ipnotico.
Helga Marsala
Degas. Capolavori dal Musée d’Orsay
Torino, Palazzina Promotrice delle Belle Arti
fino al 27 genniao 2013 – www.mostradegas.it
Salvatore Scarpitta
Torino, Gam
fino al 3 febbraio 2013 – www.gamtorino.it
Amore e Psiche
Milano, Palazzo Marino
fino al 13 gennai 2013 – www.comune.milano.it
Carsten Nicolai, Undisplay
Milano, Hangar Bicocca
fino al 6 gennaio 2013 – www.hangarbicocca.org
Tomás Saraceno, On Space Time Foam
Milano, Hangar Bicocca
fino al 3 febbraio 2013 – www.hangarbicocca.org
Un altro tempo
Rovereto, Mart
fino al 13 gennaio 2013 – www.mart.trento.it
Enrico Castellani e Günther Uecker
Venezia, Cà Pesaro
fino al al 13 gennaio 2013 – www.capesaro.visitmuve.it
Francesco Guardi
Venezia, Museo Correr
fino al 17 febbraio – www.correr.visitmuve.it
Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese
Roma, Scuderie del Quirinale
fino al 20 gennaio 2013 – www.scuderiequirinale.it
Renato Guttuso
Roma, Complesso Monumentale del Vittoriano
fino al 10 febbraio 2013
Sol LeWitt. L’artista e i suoi artisti
Napoli, Museo Madre
fino al 1 aprile 2013 – www.museomadre.it
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