La curatela in tre mosse. Answer Time, II
Previously: abbiamo cominciato questa inchiesta il maggio scorso, con un lungo intervento di Alfredo Cramerotti sulla curatela oggi. Una premessa teorica che ha un suo risvolto pratico nell’inchiesta stessa. Vale a dire, un nutrito gruppo di curatori sceglie ognuno tre concetti cardine e spiega il motivo per cui incentra il proprio lavoro a partire da essi. Sul #9 di Artribune Magazine hanno parlato Christine Eyene, Blanca de la Torre e i Reloading Images. Ora è tempo di altre due voci.
SASKIA VAN DER KROEF
Nessuna mostra (No Show)
La mostra come libro, la mostra come serie di incontri e la mostra come auditorium: non sono una novità. La tendenza verso i format discorsivi in campo espositivo ha subito un’impennata durante lo scorso decennio e non sembra volersi fermare. Generalmente definita come la “svolta educativa” o la “svolta discorsiva” nell’arte, questo recente slittamento, che ha visto la discussione teoretica diventare non solo un complemento ma un fattore determinante in grado di dare forma all’arte e alle mostre, è davvero dappertutto. Prendete, ad esempio, le proposte per il progetto finale dei partecipanti dell’edizione corrente dell’annuale Curatorial Programm del De Appel Arts Center di Amsterdam. Preferiscono non usare l’edificio che hanno a disposizione e portano le loro mostre fuori, organizzano incontri pubblici e usano il sito web del progetto, privilegiando così la discussione e il dialogo più che la componente visiva.
Nuovi vecchi
Il vecchio va di moda. Vecchio e per di più sconosciuto, soprattutto tra i curatori giovani (!). Questa crescente tendenza verso la riscoperta di personaggi artistici finiti nel dimenticatoio sta portando risultati interessanti. Riescono a riesumare alcuni artisti più vecchi dai vicoli bui della storia dell’arte recente e a posizionarli come trendy “new oldies”, spesso nel contesto di mostre originali e ben allestite. Note scritte a mano, lettere, schizzi apparentemente insignificanti, fotografie vintage e video vengono esposti accanto a opere originali o performance, usando un ampio spettro di strategie curatoriali contemporanee. Mescolandosi, ad esempio, con il lavoro dei loro colleghi, o creando pubblicazioni che hanno il potenziale per restare anche oltre il tempo della mostra, accettando la sfida di riscrivere davvero la storia dell’arte.
Il ritorno dei Rembrandt
Che ci fanno tutti quegli antichi maestri nelle mostre d’arte contemporanea? Tutti ricordiamo i Tintoretto esposti alla Biennale di Venezia lo scorso anno. E anche l’ultima Manifesta contava la presenza di una sezione storica che era parte della mostra, con lavori del XIX e XX secolo. E che dire di Documenta, in cui questa tendenza risultava visibile già durante la scorsa edizione? Carolyn Christov-Bakargiev, direttore artistico di quest’anno, è un’amante dichiarata della mescolanza di opere d’arte del passato e del presente, e così ha fatto anche per la Biennale di Sydney nel 2008.
Saskia van der Kroef è una critica d’arte che vive ad Amsterdam. È editor del magazine Metropolis M
CATHY HAYNES
Intrusione
Man mano che la conoscenza si fa più specializzata e la vita – pubblica e privata – più commercializzata, l’arte assumerà sempre più il ruolo di “intruso etico”. Si intrometterà in altri campi, mercati e conversazioni con modalità che reintroducono la differenza, che rompono il loro effetto normalizzante e mostrano come un’altra vita sia possibile. Ma, facendo questo, l’arte non deve mai pensare di possedere la supremazia o l’immunità. Deve sempre essere consapevole dei suoi reali effetti. E deve permettere a se stessa di essere messa a sua volta in discussione da intrusi.
Amatore
Bisogna resistere ai demoralizzanti, stordenti effetti del diventare professionisti. Al contrario, è necessario recuperare lo spirito ravvivante e contagioso dell’amatorialità. Ciò significa tornare alla definizione originale di amatore: fare qualcosa per il gusto di farla. Ciò non significa che si debba cominciare a fare cose per cui siamo pericolosamente impreparati, come un fabbricatore di fuochi d’artificio autodidatta. Piuttosto, tornare amatori ci darà la libertà di essere onesti su ciò che non sappiamo, generosi nella nostra ricerca di conoscenza ed espliciti sulla nostra stessa parzialità. Significherà che possiamo affrontare apertamente le nostre limitazioni e i nostri errori, ed essere disponibili alla conversazione e alla collaborazione. Soprattutto, significherebbe abbandonare i falsi poteri e il provincialismo e agire con passione ed esuberanza.
Comunitario
Cosa significa oggi “arte per tutti”? Cosa significa in un’epoca in cui siamo sempre meno responsabili del nostro mondo, in cui compriamo gli elementi della nostra vita dagli scaffali, in cui siamo sempre più lontani gli uni dagli altri e dal nostro stesso potere creatore? Il tempo della critica senza idee e senza azione è finita. L’arte e la filosofia hanno un compito urgente: creare una vita comune di partecipazione estetica. Nel futuro, l’arte si scrollerà finalmente di dosso la limitante associazione con il genio e con la specializzazione e diventerà parte della vita. Tutti ne faranno parte, come seduti a un banchetto comune.
Cathy Haynes è membro fondatore e curatrice dei Public Programmes alla School of Life di Londra. Prima è stata Curator for Art di Underground, co-editor di Implicasphere e Head of Interaction ad Artangel.
www.cathyhaynes.org
a cura di Alfredo Cramerotti
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #10
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