La Collezione Margulies. Parla la curatrice Katherine Hinds
Miami, la città delle grandi collezioni. Ne abbiamo parlato con Katherine Hinds, che da oltre trent'anni è la curatrice della Margulies Collection at the Warehouse, al fianco di Mr. Martin Z. Una chiacchierata informale per ripercorrere con lei storia e cambiamenti di una grande raccolta d'arte, non senza qualche anticipazione: il 2013 della collezione dedicherà, infatti, una mostra a un grande italiano.
Sei la curatrice della collezione fin dal 1982. Sono trascorsi trent’anni da allora: cos’è cambiato?
Il cambiamento più grande lo abbiamo avuto nei primi Anni Novanta, periodo in cui abbiamo cominciato a collezionare fotografia. Prima di allora i nostri sforzi erano concentrati sulla scultura e sulla pittura e sulle opere di importanti artisti come Robert Rauschenberg o Andy Warhol che usavano la fotografia nella loro pratica, quindi non artisti fotografi. Successivamente, tra il 1992 e il 1993, abbiamo cominciato a dare maggiore attenzione a questo mezzo, guardando ad artisti della scuola tedesca come Thomas Struth, ad esempio. Da quel momento abbiamo cominciato a collezionare fotografie di grande qualità e la nostra collezione è cresciuta. Con essa, lo spazio. Come sai, verso la fine degli Anni Novanta ci siamo spostati nell’attuale sede, il nostro Warehouse, abbiamo viaggiato molto, abbiamo visto splendide opere come l’installazione di Ernesto Neto alla Biennale di Venezia, o le opere di Olafur Eliasson. Diciamo che la collezione di fotografia ha dato un nuovo impulso alla collezione, ma più che essere stato un cambiamento è semplicemente avvenuto.
Come si svolge il tuo lavoro con Mr. Margulies? Come avvengono le acquisizioni?
È il collezionista stesso che decide cosa acquisire. Lavoro con lui da più di trent’anni prendendomi cura degli altri aspetti che riguardano la collezione, e lavoriamo insieme in maniera molto collaborativa. Mi occupo di tutto ciò che concerne la ricerca, assistendo le sue scelte e il suo “occhio”, dal momento che possiede una grande capacità di guardare le opere.
Le grandi collezioni d’arte hanno un ruolo vitale nella città di Miami. Perché pensi che l’arte contemporanea sia diventata così importante per le sorti della città? Come vi confrontate con questo?
Innanzitutto penso che sia meraviglioso! Insomma, io adoro l’arte. E credo che, quando tu sei un collezionista, con una collezione come questa, senti l’obbligo di condividere la tua passione, il tuo lavoro. Molte persone comprano arte e la tengono per loro, ma nel caso dei veri collezionisti il desiderio è andare oltre l’acquisizione delle opere per il puro piacere personale e di fare qualcosa che comporti sviluppo. Questo è ciò che avviene quando sei dentro l’arte contemporanea. Perché l’arte contemporanea ha a che fare con le esperienze, con l’umanità e con il crescere come persona, e tu vuoi condividere tutto questo. La mia vita è molto diversa rispetto a quella che conducevo trent’anni fa, prima di cominciare questo lavoro. E penso che sia una vita molto piacevole ed io adoro condividerla con i giovani. È bellissimo che Miami sia diventata un luogo aperto all’arte, in cui chi colleziona possa scambiarsi l’esperienza dell’arte. L’aspetto più interessante, infatti, consiste nell’esporre le persone all’arte contemporanea: è per questo che la nostra collezione ha un punto di vista interessante. Noi non realizziamo mostre con un approccio curatoriale, non è quello che facciamo; quello che facciamo è: “guardate, non è meraviglioso, non è grande arte?”.
Ogni anno Miami ospita un numero sempre più alto di fiere d’arte contemporanea. Nel dicembre 2012 ben 32: è un fenomeno positivo per te?
Sì, lo è. So anche che per le gallerie è uno sforzo molto duro: comporta costi, lavoro, ed è tutto condensato in pochissimo tempo…. Ma la risposta è eccezionale. Ogni fiera ha la sua particolare caratteristica e mercato, ci sono opportunità per le persone giovani che vogliono compiere dei primi acquisti, c’è la fiera al Convention Center [Art Basel at Miami, N.d.R.], con il suo mercato di alto livello, e moltissimo “nel mezzo” per chiunque voglia accedere all’arte. Io rispetto tutto ciò. Può anche non piacerti, ma ciò che è importante e straordinario è la risposta individuale, soprattutto dei giovani artisti e delle giovani gallerie.
Quali sono i giovani artisti che ti interessano?
Chiunque faccia un buon lavoro. E chiunque ovviamente sia compatibile con la collezione. È emozionante quando trovi un’opera che funziona davvero, e pensi: “Possiamo fare un bel percorso”.
La collezione ha comprato qualcosa nel corso della scorsa edizione di Art Basel?
Sì, certo! Abbiamo comprato un importante lavoro di un artista italiano, Pier Paolo Calzolari. E tra l’altro il prossimo anno ospiteremo una mostra a lui dedicata: ma conoscevamo già quest’opera, tra l’altro abbiamo altre opere di Calzolari in collezione. Inoltre abbiamo preso accordi per esporre una notevole installazione dell’artista cinese Chen Zhen.
Che tipo di artista o opera entra nella collezione Margulies? C’è un identikit particolare?
No, siamo aperti. Ok, per esempio non compreremmo un Monet, per dire; ma, a parte questo, cerchiamo di non adottare criteri e preconcetti prima di vedere un lavoro. Non sai mai quello che vedrai, e come le cose si connetteranno nella tua mente. È come fare una passeggiata in spiaggia, in fondo: non sai che tipo di conchiglia o di roccia troverai. Camminare per una fiera è la stessa cosa: è una scoperta.
La collezione sostiene da tempo la Lotus House, un centro di accoglienza per donne e bambini senzatetto a Miami. Che cosa lega la collezione a questa buona causa? Quale può essere la relazione tra arte e società?
La connessione tra Lotus House e la Collezione Margulies dipende soprattutto dalla nostra posizione: il centro di accoglienza si trova molto vicino a noi, nello stesso quartiere. Miami è molto brillante e glamour durante i giorni della fiera, ma la verità è che questa comunità ha un grande bisogno di aiuto. Nella cena che abbiamo organizzato per la Lotus House, ad esempio, i collezionisti erano felici di poter contribuire a questo sostegno. L’arte infatti può cambiare la nostra vita, così come la filantropia può cambiare la vita degli altri.
Santa Nastro
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