Cosa insegna Psy
Ora che Gangnam Style è diventato masscult, qualcuno inizia ad accorgersi della Korean Wave, uno dei fenomeni d’influenza culturale globale più interessanti degli ultimi decenni. L’Hallyu non è soltanto una nicchia affascinante, è un laboratorio per capire come cambieranno le dinamiche di produzione culturale nei prossimi anni.
Così come l’Europa ha fatto fatica a capire la rivoluzione dell’industria culturale, anche gli Usa oggi fanno fatica ad accettare la rivoluzione delle piattaforme digitali aperte e le nuove norme sociali che comportano. Per capirlo basta pensare alle recenti vicende di Instagram, che sta distruggendo la propria community per una scelta dissennata di commercializzazione dei contenuti prodotti dagli affiliati, oppure alla triste fine di Aaron Swartz, perseguitato dalla giustizia per le sue iniziative visionarie in favore della libera circolazione dei contenuti scientifici e creativi.
Come l’industria culturale americana è nata nel mezzo dell’ondata d’innovazione tecnologica che ha prodotto i mercati culturali di massa ed è riuscita ad adattarvisi nel modo più efficace, così accade che i nuovi modelli di offerta culturale dei Paesi emergenti manifestano la stessa sagacia adattativa, a differenza dell’industria culturale statunitense, che ora mostra le stesse miopie e rigidezze dell’Europa del turno precedente, verso le opportunità rese possibili dall’ondata d’innovazione tecnologica che sta producendo le comunità di pratica nelle quali tutti, a vario titolo, partecipano al processo della produzione dei contenuti.
Non è un caso che Psy, di fronte alla viralità di Gangnam Style, abbia rinunciato a qualunque restrizione di copyright, incoraggiando ogni forma di replica, distorsione, contaminazione del suo video e della sua musica. Per l’industria dei contenuti dei Paesi dell’Estremo Oriente, il copyright è una variabile contestuale: ciò che fa la differenza è la capacità di produrre dinamiche di influenza prima della mediazione del mercato. E l’Hallyu non è solo musica: è cinema, serie tv, cucina, interior design, body styling ripensati all’interno di una matrice culturale il cui riferimento è il confucianesimo.
Proprio per questo diviene il laboratorio di cui si serve la Cina per studiare un modello di produzione creativa, che nei prossimi decenni acquisterà a propria volta una rilevanza globale.
Pier Luigi Sacco
docente di economia della cultura – università iulm di milano
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #11
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