Marco Tonelli è il nuovo assessore alla cultura a Mantova. L’intervista
Accettare di fare l’assessore alla cultura, oggi, con tutte le difficoltà di fondi ridotti all’osso e di bilanci sempre sotto osservazione, è più una “missione umanitaria” che un onore. Eppure, ogni tanto, anche dal mondo dell’arte c’è qualcuno che non resiste alla tentazione. L’ultimo è Marco Tonelli, storico dell’arte più che critico, come si definisce nell’intervista che tratteggia le sue prime mosse. Perché? Perché è difficile dire di no a Virgilio, Alberti e Mantegna…
Qual è il contatto che ti lega a Mantova e come nasce la tua chiamata ad assessore?
Chi come me da anni si occupa di storia dell’arte ha con Mantova un rapporto “intimo” che nasce prima ancora di vederla dal vivo. Dalle architetture di Alberti a Palazzo Te di Giulio Romano alla Camera degli Sposi di Mantegna: testi visivi su cui si è formata la nostra e la mia cultura. Pur conoscendola quindi come studioso prima e poi come turista, questa è la prima vera occasione che ho per entrare nel vivo dei suoi meccanismi di progettazione e gestione culturale.
La chiamata nasce da circostanze fortuite: erano in cerca di un assessore giovane, che si occupasse realmente di cultura contemporanea e che preferibilmente non fosse di Mantova per poter avere una voce imparziale e equilibrata.
Come hai trovato l’ambiente mantovano, in particolare le strutture per la cultura, e qual è l’approccio dell’ambiente all’arte contemporanea?
Ancora è presto per dirlo, mi insedio ufficialmente il 5 febbraio. Per il momento posso dire che la lista civica dell’architetto Benedini (o denominata degli Arancioni), che mi ha proposto, e il sindaco Sodano che mi ha accettato, mi hanno fatto un’ottima impressione e mi fanno ben sperare di lavorare in squadra.
Quali sono state le prime reazioni alla tua nomina?
Sorpresa per la novità di un “romano” a Mantova. Curiosità e, credo, tante aspettative. Mio sforzo sarà di non farmi percepire come un intruso ma un mantovano adottivo. Per questo motivo ho deciso di trasferirmi a Mantova.
Quali sono i primi progetti operativi del tuo programma nel nuovo incarico?
Di massima l’idea è di importare la contemporaneità a Mantova, attraverso arti visive ma non solo, e di cercare di presentare la città a un pubblico internazionale, anche turistico (perché alla delega della cultura si aggiunge quella del turismo) che faccia emergere la città di Mantova, spesso stretta da giganti come Ferrara, Verona o la stessa Milano.
Ci sono molti personaggi del mondo dell’arte che ti hanno preceduto come assessori alla cultura: guardi a qualcuno di loro, se non come esempio, come ispirazione per la tua azione futura?
A nessuno in particolare, ma mi fa ben sperare il fatto che ogni tanto un assessore sia anche esperto in materia, un appassionato, e che non debba difendere posizioni politiche ma umanistiche.
Hai dichiarato che punterai molto a svecchiare la proposta cultura della città. Sarai l’assessore dell’arte contemporanea?
L’arte contemporanea è solo una parte del mio programma (anche quella moderna), spero non l’unica. Né “ancilla” né “magistra”, ma un fenomeno che porti venti del presente e dell’attualità, che spesso è meglio o più profondamente rappresentata da filosofia, letteratura e cinema. Quel che è certo è che non voglio fare atterrare il contemporaneo come una navetta di marziani che parlano linguaggi comprensibili a una minoranza, senza tener conto della storia e dell’ambiente circostante.
Mantova, come tutti i comuni grandi, medi e piccoli, ha enormi problemi di budget. Come pensi di ovviare? Come riesci a coinvolgere i privati?
È la prima cosa su cui lavorerò. Mantova e il suo territorio vantano grandi ricchezze industriali e imprenditoriali. Cercherò di coinvolgere i privati con progetti di qualità a cui spero non resistano.
Massimo Mattioli
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