Cultura e benessere. L’esempio di Industria Scenica
La cultura come motore e risorsa strategica per lo sviluppo sociale ed economico di una comunità. Ne parliamo con Andrea Veronelli, presidente di Industria Scenica, giovane cooperativa sociale che si propone come start up culturale.
Chi è e come è nata Industria Scenica?
Industria Scenica nasce come cooperativa sociale onlus nel giugno 2012 a Cassina de’ Pecchi, in provincia di Milano, dalla fusione di due associazioni, l’associazione culturale Elea e l’associazione di promozione sociale Materiali Scenici. Dopo aver lavorato insieme per diversi anni, abbiamo deciso di unirci in questa avventura, e il pretesto è stato Equazione Est, un progetto di sviluppo culturale giovanile finanziato da Fondazione Cariplo.
Equazione Est ha interessato due “periferie urbane”, Milano Est e Brescia Est. Quali erano i vostri obiettivi?
Equazione Est si è svolto in due territori “ai margini” delle grandi città, il quartiere di Pioltello e quello di San Polo. L’obiettivo era dunque sviluppare l’identità sociale, culturale e artistica dei due luoghi, promuovendo le creatività giovanile e trasformando il quotidiano in risorsa artistica. Siamo partiti da una mappatura culturale delle abitudini dei giovani dei due territori, dalla quale è emerso che la street culture era il linguaggio comune e più diffuso. Da lì ha preso avvio il progetto, che ha promosso interventi performativi, corsi di formazione, momenti di scambio, eventi festivi dedicati alle arti di strada (come rap, break dance, beatbox, writing, parkour). Il tutto è poi confluito nel festival Eq(F)est.
Qual è stato il risultato di Eq(F)est?
Eq(F)est ha permesso di restituire ai territori di San Polo-Brescia e Pioltello-Milano un’immagine diversa della cultura underground, mettendo in luce le potenzialità dei giovani e le loro risorse artistiche e sociali.
Quali sono i vostri progetti futuri e ambiti di intervento?
Le diverse linee di servizio seguono le progettualità sviluppate negli anni dalle due associazioni. Ci occupiamo di drammaturgia di comunità, che per noi è il modo più interessante per intervenire all’interno di determinati contesti al fine di mappare le risorse culturali e valorizzarle quali motori di sviluppo e coesione. Un progetto di questo tipo è per esempio Mi presti il sale?, volto a indagare le relazioni nei condomini di alcuni comuni della Martesana. Lavoriamo anche nell’ambito della formazione, attraverso progetti di media e peer education come Studenti, e in quello teatrale, producendo spettacoli focalizzati su tematiche sociali. Un’altra linea di servizio, chiamata culturtainment, ricerca modalità performative che si contaminano con altri settori (Tourism Theatre, Wedding Theatre, Performing Communication). In futuro punteremo su progetti di valorizzazione territoriale creativa e sull’apertura di un centro culturale.
Che tipo di difficoltà incontrate nel proporre un’impresa giovane e che lavora nell’ambito della cultura?
La produzione di servizi innovativi genera curiosità, ma non si coniuga con gli interventi delle pubbliche amministrazioni, che spesso ragionano secondo modelli obsoleti o non attuali. Una difficoltà è senz’altro individuare modalità alternative di finanziamento, slegate dall’insicurezza dei contributi pubblici. Una possibile risposta è fare rete attorno ai bisogni e a progetti di valore, promuovendo la cultura come risorsa strategica per lo sviluppo sociale ed economico delle comunità.
Valentina Rapino
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