Haus am Waldsee, il Lousiana di Berlino. Dove l’architettura è mignon
Non compare sulle rotte classiche dell'arte contemporanea. Forse perché, rispetto alle zone centrali di Mitte, Prenzlauer Berg o Kreuzberg, è molto fuori mano. Ma la Haus am Waldsee è un’istituzione del contemporaneo berlinese che vanta una storia gloriosa. Fino al 1° in mostra c’è Ina Weber.
Villa patrizia situata alle porte del grande lago Wannsee, la Haus è stata, a partire dal 1946, una delle prime sedi tedesche a esporre arte contemporanea, inclusi alcuni grandi nomi statunitensi. Attualmente organizza cinque mostre l’anno, diversi concerti, incontri con gli artisti ed eventi culturali incentrati sulla produzione contemporanea. Ha un parco di sculture, con nomi internazionali, e un quartiere attorno che cela diversi mirabili esempi di architettura modernista, Bauhaus e Werkbund. La direttrice, Katja Blomberg, definisce la Haus come “il Louisiana di Berlino”. Hanno anche un programma di esposizione e valorizzazione di artisti berlinesi, o con base a Berlino: un aspetto molto sentito in una città che si avvia a contare un numero di artisti quasi pari a New York, senza però avere un mercato dell’arte che, come nella Grande Mela, sia capace di assorbire le esigenze di sostentamento dei giovani creativi, giunti qui da tutta Europa, specie quella dell’Est.
La personale di Ina Weber (Diez, 1964; vive a Berlino), pur ricadendo sotto questa politica culturale, possiede un valore intrinseco e propone una mostra interessante che, per temi e per qualità d’installazione, non ha nulla da invidiare alle rassegne delle maggiori istituzioni del contemporaneo berlinese, come Hamburger Bahnhof o KunstWerke, quest’ultima organizzatrice della Biennale di Berlino.
Ina Weber lavora sull’architettura intesa come disciplina che riflette gli ideali e le utopie moderniste dei secoli XIX e XX. Nel 2004 ha progettato per il parco della Haus un minigolf con le sue sculture al posto dei classici “ostacoli”.
Allieva di una figura quasi mitologica come Martin Kippenberger, il suo lavoro si esprime attraverso la scultura, l’installazione, il disegno e l’acquerello. La scultura riproduce palazzine, edifici, stazioni di benzina, pensiline o bar con materiali diversi e dimensioni ridotte. Weber costruisce così un panorama di forme che sono al tempo stesso familiari e astratte, estratte dal loro contesto funzionale, quello dell’architettura, e “ridotte” dentro la dimensione contemplativa della scultura. Proprio questa riduzione concentra le energie, creando un rapporto più immediato e intenso tra il corpo dell’opera e quello dello spettatore.
Si tratta di un lavoro formale ed emozionale, che si carica di ulteriore tensione nelle installazioni. Compresse nelle misure “domestiche” della Haus, queste ricostruzioni di edifici di consumo trasformano la percezione del corpo del visitatore in rapporto all’aspettativa suscitata dall’architettura esposta (che normalmente lo ospita) e la Haus che accoglie realmente le opere. Su questo gioco percettivo a tre s’impernia la pratica usata dalla Weber per virare l’appropriazione duchampiana dell’oggetto verso una ripetizione differente, una miniaturizzazione che compie a ritroso le tappe con cui l’architettura viene pensata e progettata: dal reale all’idea che lo ha suscitato, passando per il modello di renderizzazione.
In una stanza, la Weber ricostruisce, con pergamena e legni leggeri, le insegne luminose che riproducono i loghi dei brand che popolano il panorama urbano moderno, definendo la città come una sala espositiva di simboli di potere di una modernità giunta al suo culmine.
I suoi acquerelli su carta, spesso usati al posto della fotografia per ritrarre tracce di architettura inattesa, si ammantano di una poesia surreale. Il primo piano ne raccoglie diversi: rendono conto di scorci abitativi e di edifici modernisti colti dalla Weber nella normalità della vita urbana più banale di città distanti tra loro. Con ciò registra come gli ideali e le pratiche costruttive del modernismo abbiano passato i confini dell’Occidente per installarsi a Shanghai, dove l’artista viaggia in cerca di sottili rivelazioni formali usando l’acquerello, invece della macchina fotografica, per narrare (diversamente da quanto fa la fotografia oggettiva della tedeschissima Scuola di Düsseldorf) questo senso di bellezza nuova, che può innestarsi ovunque e declinarsi a seconda delle culture che assumono questi ideali.
Per un’artista operante in una metropoli gloriosa e ferita come Berlino, questo tipo di ricerca assume un significato culturale ulteriore. La capitale tedesca, infatti, che la si osservi al di là o al di qua del muro “che fu”, appare segnata in modo evidente da una inesorabile diversità architettonica prodotta da sistemi politici avversi. Gli edifici, sia quelli distrutti durante la presa della città sia quelli diversamente ricostruiti all’est e all’ovest, sono la maggiore e immediata testimonianza di una storia politica, economica ed estetica (ma soprattutto sentimentale: qui le famiglie furono divise all’improvviso per quasi mezzo secolo) che non passa e con la quale i berlinesi fanno ancora i conti. Tutto ciò rende la città simile a uno strano animale mitologico, per metà immersa nelle acque stigie di un tragico passato (gli spiazzi vuoti, i palazzi non restaurati) e per metà slanciata verso un avvenire radioso, il cui corpo sono i nuovi edifici delle archistar.
In una stanza “belvedere”, con finestre sui tre lati, lo sguardo dell’artista si fa amabilmente ironico, modellando cinque vasi da fiori le cui fattezze riprendono quelle di ciminiere o di reattori di centrali nucleari. Non esistono, forse, forme più moderne di queste: il senso di minaccia che solitamente provocano è qui attutito dalla raffinatezza dell’oggetto d’arredo. Anche l’architettura scolpita dalla Weber può intendersi in tal modo: un oggetto d’arredo, una scultura soprammobile capace di racchiudere in sé i moniti e le speranze di una civiltà sviluppatasi nell’arco di due secoli.
Nicola Davide Angerame
Berlino // fino al 1° aprile 2013
Ina Weber – Hier
Catalogo Walther König
HAUS AM WALDSEE
Argentinische Allee 30
+49 (0)30 8018935
[email protected]
www.hausamwaldsee.de
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