Napoli. Gli Anni Ottanta a Castel Sant’Elmo
Angela Tecce, Angelo Trimarco e Lia Rumma. Insieme per ricordare cosa furono gli Anni Ottanta a Napoli. Tre voci per un decennio straordinario, segnato da eventi sconvolgenti in ogni senso. A partire dal terribile sisma. E sarà proprio Lia Rumma la protagonista della prossima intervista ai galleristi che hanno fatto la storia dell'arte italiana. Naturalmente su Artribune Magazine in uscita a metà marzo.
C’erano anche Mimmo Jodice e Martin Guttmann nel salone delle sculture del museo Novecento a Napoli (1910-1980). Per un museo in progress, dove è stata presentata la seconda edizione dei Giovedì contemporanei: work in progress, presieduta da Angela Tecce, direttrice di Castel Sant’Elmo, con gli interventi di Angelo Trimarco, docente di Storia della Critica d’Arte all’Università degli Studi di Salerno, e Lia Rumma, gallerista notissima, allo scopo di ritracciare le linee direttrici delle esperienze artistiche e istituzionali a Napoli negli Anni Ottanta.
Sono anni che si aprono con lo sconvolgente episodio del sisma, che smosse Napoli nelle coscienze dei suoi artisti e dei suoi collezionisti e che condusse, “nel tempo in cui Napoli cambiava i connotati, si staccava dal Sud per agguantare un lembo di Nord”, a una nuova creatività e all’impegno di traghettare le arti fuori dai confini della città. Per Angelo Trimarco, gli inizi degli Anni Ottanta sono da riconoscersi già in alcune avvisaglie risalenti al decennio prima, nel 1971, un anno cruciale per il panorama partenopeo, che vede in special modo coinvolte le gallerie private nella trama degli avvenimenti artistici per la circolazione delle più attuali tendenze dell’arte contemporanea, mentre apparivano ancora assenti le istituzioni pubbliche nel ruolo di promozione e sostegno degli artisti locali e della formazione di un mercato e di un collezionismo capace di competere con le già affermate città d’arte.
L’apertura della galleria di Lia Rumma, inaugurata con la mostra di Joseph Kosuth, segna sin d’allora l’immergersi nelle esperienze avanguardistiche europee e d’oltreoceano, come la pop art, la nuova astrazione, l’arte povera, l’arte oggettuale, l’arte comportamentale, la minimal art e l’arte concettuale; e l’avvicendarsi di importanti artisti ed esponenti di queste correnti: Vincenzo Agnetti, Art & Lenguage, Donald Judd, Giovanni Anselmo, Dennis Oppenheim e Mario Schifano. L’attività lungimirante e acuta di Lia Rumma s’interruppe per pochi anni, dal 1978 all’1984, durante i quali – prosegue il suo racconto – ebbe modo di riflettere, comprendere e coraggiosamente opporsi all’inconsulto protagonismo del mercato come maggior manovratore delle tendenze artistiche. Riapre la galleria nell’ottobre del 1984 con la mostra dedicata a Carlo Alfano, a cui seguono quelle di Robert Longo, Cindy Sherman, giovani fotografi tedeschi, Michelangelo Pistoletto e Douglas Huebler; iniziano poi le collaborazioni con la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli, apportando contributi di straordinario livello, come la mostra Rooted Rhetoric tenutasi a Castel dell’Ovo e installata in tempi brevissimi con opere di artisti americani, quali Barbara Kruger, Allan McCollum e Peter Nagy. Mentre a Capodimonte, allo scopo di analizzare il linguaggio artistico nel suo ruolo sociale e “l’arte come il farsi dei significati”, dice Angelo Trimarco, nello stesso mese veniva realizzata nel Salone dei Camuccini l’installazione di Gino De Dominicis e poco dopo, nel 1988, quella di Joseph Kosuth, Modus Operandi, Cancellato Rovesciato, poi diventata mostra permanente.
Gli Anni Ottanta furono profondamente segnati da eventi che cambiarono le modalità d’approccio all’arte, alla sua comunicazione e diffusione. Storico episodio fu l’incontro nel 1980 tra Andy Warhol e Joseph Beuys nella galleria di Lucio Amelio a piazza dei Martiri, simbolico confronto tra due culture divise dall’Oceano Atlantico: la Pop Art americana e l’arte umanistica europea. D’allora la collaborazione con importanti artisti internazionali s’infittì e si concretizzò anche nella collezione Terrae Motus di Lucio Amelio, fortemente voluta e ideata intorno al tema del terremoto, del sovvertimento della natura e della storia, in risposta al quale anche l’arte deve contribuire alla rinascita costruttiva. Proseguirono a Capodimonte e al Museo Pignatelli mostre dai grandi nomi: da Mario Merz (1976) a Michelangelo Pistoletto (1977), da Robert Rauschemberg (1977) a Giulio Paolini (1977) e Jannis Kunellis (1977), da Alberto Burri (1978) a Warhol (1985), Beuys (1985-86), Kosuth (1988), Sol LeWitt (1988); e, dall’altro canto, Napoli emergeva con i suoi artisti: Renato Barisani, Carlo Alfano, Domenico Spinosa, Gianni Pisani, Mimmo Jodice, Carmine Ruggiero, Raffaele Lippi, Mimmo Paladino, Nino Longobardi, Ernesto Tatafiore.
Infine, in concomitanza con lo sviluppo artistico napoletano in ambito internazionale, si andavano formando anche studi atti all’approfondimento di specifici movimenti e momenti dell’arte napoletana a partire dal dopoguerra, come L’impassibile naufrago – Riviste sperimentali a Napoli negli anni 60-70 degli anni 1986-87 e Fuori dall’ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal 1945 al 1965, mostra tenutasi a Castel Sant’Elmo nel 1991, con l’intento di recuperare memorie iconografiche e documentarie, che altrimenti sarebbero rimaste senza un’adeguata risistemazione.
Rosa Esmeralda Partucci
Abbonati ad ArtribuneMagazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati