Quel pasticciaccio brutto di piazza Defilad
Che Tadeusz Zielniewicz abbia trovato una posizione più che congeniale al suo terroir accademico alla direzione del Palazzo sull’acqua a Varsavia e delle altre meraviglie del neoclassico parco Lazienki, resta difficile da dimostrare. Direttore nazionale per il restauro negli anni di una transizione alla democrazia socialmente costosissima per il Paese, è lui il primo grande stroncatore del Museo d’Arte Contemporanea di Varsavia in piazza Defilad.
Il progetto vincitore del Museo d’Arte Contemporanea di Varsavia in piazza Defilad disegnato dall’architetto Christian Kerez viene ritenuto “non abbastanza avanguardistico” dal conservatore Zielniewicz, che rassegna le dimissioni in segno di protesta per la scelta della commissione.
L’apparente semplicità del progetto di Kerez non convince i varsoviani, alla ricerca di un edificio più vistoso da contrapporre, forse anche ideologicamente, al monumentale classicismo socialista del Palazzo della Cultura e della Scienza. L’edificio troppo sobrio all’esterno e dal profilo relativamente basso non convince troppo neanche la stampa polacca, che sperava che il vento dell’”effetto Bilbao” potesse soffiare anche a Varsavia. Il lavoro di Kerez viene accolto tiepidamente dall’autorevole quotidiano Gazeta Wyborcza, timorato custode della coscienza architettonica e ambientale dell’inteligencja polacca.
Poco importa, anche gli scettici si ravvedono, convinti che il Paese abbia finalmente trovato coraggio e risorse per colmare la voragine di piazza Defilad, sorvegliata dal prepotente e totemico simbolo architettonico dello stalinismo. Con o senza lungaggini amministrative, il progetto da 70 milioni di euro va completato entro il 2014.
Siamo nel 2010 quando l’assessorato ai lavori pubblici di Varsavia da` una strigliata a Kerez che intanto si è smarrito nella giungla burocratica dei permessi e delle norme sull’edilizia. Due anni dopo restano ancora alcuni nodi da scogliere. I rapporti si faranno più tesi nonostante le manifestazioni di fiducia del sindaco di Varsavia, Hanna Gronkiewicz-Waltz. Mancano, tra le varie, il piano di emergenza dell’edificio e il possesso di alcuni lotti su cui dovrà sorgere il museo.
Ritornati in mano a privati in seguito alla restituzione dei terreni confiscati alla fine degli Anni Quaranta dal governo del fervente stalinista Boleslaw Bierut, gli appezzamenti contesi diventano motivo della discordia tra il progettista e la committenza polacca.
L’architetto sostiene che il loro acquisto è necessario alla messa in opera dei lavori. Varsavia, invece, intima la realizzazione del progetto pena la risoluzione del contratto. I committenti rincarano la dose, ma alla fine decidono di prorogare l’ultimatum sulla scadenza dei termini di inizio dei lavori a giugno 2012. Ma alla richiesta di rimborso spese, i committenti perdono la pazienza.
Il contratto è risolto con Kerez, che intanto ha già intascato il suo onorario.
Il vuoto architettonico, progettuale nonché istituzionale di piazza Defilad è il prodotto di inerzia bipartisan. La palma dell’attendismo è da assegnare ex aequo tanto al committente quanto al realizzatore. Beffarda comunque la decisione del Comune, che ha annunciato nel luglio scorso l’acquisto di una parte di quei terreni allora ritenuti superflui. A Kerez è certamente mancato il sostegno delle istituzioni e di un buon fixer nella capitale polacca.
Paragonato da un utente ingrato a un supermercato e ritoccato per essere deriso in Rete, il museo non c’è ancora, in attesa della pubblicazione di un nuovo bando, per la gioia di Zielniewicz.
Intanto nella piazza è spuntato il più grande fast-food del Paese, con ben dieci casse. Della serie: “Pensavo fosse un Carrefour, invece era un McDonald’s”.
Giuseppe Sedia
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #11
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