
Ha senso un ennesimo libro su Andy Warhol? L’ultimo numero di Riga, 380 pagine di saggi a lui dedicati, chiarisce a gran voce che la risposta è sì. Il fraintendimento della sua opera è infatti ancora frequente, anzi è ormai uno sport di massa, vista l’enorme diffusione del suo nome e del suo lavoro.
Si guardi a un episodio marginale ma sintomatico. Bergamo, Gamec, 2011, mostra La classe non è acqua: gli alunni delle scuole reinterpretano capolavori di grandi artisti. I lavori ispirati a Warhol sono esplosioni di colore, la vivacità cromatica è l’unica cosa percepita e non c’è traccia nei rifacimenti della piattezza che caratterizza l’originale. Le nuove generazioni, forse, non notano nemmeno più la bidimensionalità, essendo circondate da essa, senza via di fuga.
Ma la sottovalutazione del potenziale critico ed eversivo di Warhol non riguarda solo i giovanissimi: la possibilità di una mimesi critica da parte dell’opera d’arte è ormai del tutto trascurata dalla massa e dal discorso pubblico sull’arte.
Il numero monografico di Riga (scritti di Warhol, antologia di saggi storici, nuovi contributi) è impostato in modo da sfatare tali incomprensioni e sceglie come tema principale, come sottotesto dell’opera del re della Pop Art, la morte. Non una morte biografica, contingente o esistenziale, ma quella morte programmata e sempre ripetuta che è lo svuotamento dell’individuo, l’alienazione.

Warhol in mostra in uno scatto di Giuseppe Varchetta
Stefano Castelli
Riga 33. Andy Warhol
a cura di Elio Grazioli
Marcos y Marcos, Milano 2012
Pagg. 384, € 25
ISBN 9788871686479
www.marcosymarcos.com
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