Addio a Paolo Soleri, l’architetto dell’arcology
Era nato nel 1919 a Torino, si è spento ieri 9 aprile. Paolo Soleri lascia in eredità all’architettura un pensiero radicale e dialogico. A partire dal progetto Arcosanti, la cittadina ecologica progettata in Arizona. Qui il ricordo di Marco Felici, che al lavoro di Soleri ha dedicato più di uno scritto.
Il 9 aprile 2013 Paolo Soleri ci ha lasciati. Ha tranquillamente smesso di respirare come un anziano nativo nel deserto dell’Arizona. Per chi lo conosceva bene, è facile percepire la frugalità con cui è arrivato a compimento il suo ciclo vitale, lasciando aperto al presente un complesso costrutto.
Ora i punti interrogativi con cui concludeva le sue laceranti affermazioni sembrano ancora più incombenti. Perché Paolo Soleri ha occupato uno scomodo ruolo di grande rilievo nell’evoluzione dell’architettura contemporanea. Tanto grande e tanto scomodo da rendere alquanto complesso collocarlo in una cronaca o catalogazione, senza metterne in discussione il significato stesso.
In genere, nel mosaico storico Soleri è individuato come il nodo di incontro tra l’asse temporale verticale dell’architettura organica e quello culturale orizzontale delle avanguardie radicali.
Etichette, queste, tutte più che giustificate, ma insignificanti rispetto al reale portato dell’opera di Soleri e alla sua apertura trasversale. Densificazione urbana, tutela del territorio non edificato, città a impatto zero: questi sono solo alcuni dei suoi concetti a suo tempo frettolosamente etichettati come utopici da solerti reazionari, ma che sono entrati nella coscienza di tante generazioni di aspiranti architetti, per poi fiorire e moltiplicarsi nelle principali espressioni contemporanee di progettazione sostenibile.
E diventa quindi sempre più evidente: pochi, nella storia dell’architettura moderna e contemporanea, hanno lasciato un seguito ampio e duraturo quanto il suo, e in divenire.
Marco Felici
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