Fermi tutti: si cambia! Intervista a Riccardo Luna
È cominciata una Nuova Rivoluzione Industriale. Forse non tutti se ne sono accorti, ma esiste già una nuova categoria sociale: quella dei “makers”. Un libro ci racconta cosa sta succedendo e ci dà qualche spunto su come uscire dal torpore della crisi. Artribune ha intervistato l’autore, il giornalista – ex direttore di Wired Italia – Riccardo Luna.
È da poco uscito il libro di Riccardo Luna dal titolo Cambiamo tutto: un monito che probabilmente avrebbe fatto più effetto qualche tempo fa, quando di cambiare non ce lo chiedeva nessuno. Si tratta uno dei primi testi in Italia a tentare un’analisi delle nuove energie umane in campo nel presente: spiega quello che sta accadendo grazie a Internet – Luna chiama il web “la prima arma di costruzione di massa” – e cosa è cambiato da dieci anni a questa parte grazie alle enormi potenzialità della condivisione della conoscenza. Ovviamente l’autore è uno degli artefici di questo cambiamento, un thinker contemporaneo con l’aria disincantata di un ragazzino che è riuscito a trasformare la sua vita e quella degli altri raccontando una favola che era vera. Giornalista, scrittore ed esperto di nuove tecnologie, Luna ha iniziato a scrivere spinto dalla passione per il calcio: un’immagine più anglosassone che italiana la sua, tra il caos creativo di Nick Hornby e l’entusiasmo kennediano del coraggio delle proprie idee.
In questo volume, Luna ha individuato un popolo senza età né categorie sociali, lo ha scovato e lo racconta per spingerci a cambiare la nostra vita. Parla dei nuovi “artigiani digitali”, quei makers descritti già da Chris Anderson nel libro omonimo, fautori di un futuro “fai da te”, neo-produttori di idee, creatori che inventano e condividono allo stesso tempo, imprenditori di una Nuova Rivoluzione Industriale in un mondo dove il profitto non è più al primo posto.
Un libro ottimista sul potere della nostra creatività che ci spinge a svegliarci dalla crisi: Riccardo Luna lo ha scritto anche in previsione dell’European Maker Faire, che si terrà in autunno 2013 a Roma, di cui è co-direttore. Ecco le sue risposte alle nostre domande.
Chi sono i makers?
Sono stati definiti artigiani digitali e in parte è così, ma sono anche molto di più. Sono gli inventori dei nostri giorni. E sono soprattutto persone che hanno voglia di costruire cose, perché solo se una cosa la fai la possiedi veramente. C’è una bella definizione che viene dal mondo americano del do it yourself che è uno dei filoni da cui vengono i makers. Dice: “Quando fai una cosa con le tue mani, la trasformazione più grande avviene dentro di te”. È da questa cultura, oltre che da tutta la tecnologia connessa, che verrà la terza rivoluzione industriale.
Che rapporto c’è fra la figura dell’artigiano tradizionale e quello digitale?
Sono molto legati. Idealmente legati. Intanto andrebbe fatta una distinzione. Gli artigiani digitali fanno parte di quella grande famiglia che l’Institute for the Future di Palo Alto ha individuato qualche anno fa e che ha a che fare con il modo in cui si fanno le cose. Bene, c’è un filone più elettronico, che ha al suo centro i progetti con microprocessori tipo Arduino; e c’è un filone meno tecnologico, ovvero che fa un uso degli strumenti tecnologici più basico e che però usa fortemente la rete per la parte di commercio elettronico (questo fatto dell’e-commerce non è banale: prima l’artigiano aveva come mercato potenziale il proprio quartiere, oggi ha il mondo intero e questo gli garantisce un futuro possibile). In definitiva oggi una persona che usa semplici strumenti a controllo numerico per la produzione dei propri oggetti e che li vende attraverso la rete è un artigiano digitale. E non serve una straordinaria competenza tecnologica per fare tutto ciò, serve un animo artigiano con una cultura digitale.
Il tuo libro è per tutti o per addetti ai lavori?
Il mio libro non è per addetti ai lavori, che, anzi, magari lo troveranno scontato. Il mio libro è per gli innovatori veri, che meritavano una storia che unisse i loro percorsi. Ed è per tutti noi che cerchiamo una luce in fondo al tunnel. È per mio padre che ha 72 anni e per mio nipote che ne ha 13: il primo non ha potuto capire la rivoluzione digitale, ma solo subirla; il secondo la vive quotidianamente ma forse non ne ha apprezzato il senso profondo.
Quando si parla di Nuova Rivoluzione Industriale si pensa a nuove invenzioni e nuovi strumenti. Quali sono i nuovi strumenti che hanno consentito in questi dieci anni la reinvenzione del lavoro?
Ovviamente la stampante 3D, di cui parlano tutti. Il crollo dei prezzi unito a una sempre migliore performance delle prestazioni sta avvenendo a una velocità incredibile. Il fatto che con una stampante 3D stiano stampando una macchina è un segnale clamoroso per l’industria. Ma accanto a questo è stato ed è fondamentale il ruolo di Arduino, ovvero un mini computer low cost che consente di prototipare oggetti intelligenti facilmente. Arduino è la vera piattaforma per la creatività dei nostri tempi.
Fai riferimento a uno dei presupposti fondamentali del movimento dei makers, che è la condivisione della conoscenza. Come si attua concretamente?
Si attua concretamente, appunto. Sia nel senso che l’open source, sia del software che dell’hardware è un presupposto essenziale di quasi tutti i progetti makers; ma anche nel senso più profondo, culturale. Avanza una generazione con una cultura hacker, nel senso nobile della parola: condividere e collaborare sono valori profondi di chi viene da lì e non riguardano solo i progetti digitali.
Il mondo del lavoro così com’è ora è pronto a recepire questi nuovi modelli? Penso, oltre che ai luoghi di lavoro, anche alle strutture amministrative delle aziende.
Non è pronto, ma lo sarà. Già oggi la maggioranza dei posti di lavoro nei paesi del G8 è creata da Internet. Quando questa statistica diventerà politica di governo molte cose cambieranno e il cambiamento sarà più veloce. Ma già adesso è in atto.
Come sarà possibile inquadrare queste nuove figure professionali?
Non lo so. Gli startupper sono imprenditori e quindi faranno srl. I makers se non fanno una società saranno partite Iva. Certo servirà un poderoso sforzo di sburocratizzazione.
Definisci internet come una nuova “arma di costruzione di massa”. Tanta libertà di espressione e comunicazione non ti spaventa nella verifica della realtà delle cose?
No, non mi spaventa. Il male è sempre esistito e sempre ci sarà. Ma non abbiamo mai avuto tante opportunità di collegarci per realizzare progetti ad alto impatto sociale. E alla lunga la comunicazione fra le persone crea ponti invece di muri. Ci saranno passi falsi, ma questo processo non si può cambiare.
Viviamo in un’epoca di stravolgimenti politici, religiosi, economici: l’epoca dei movimenti che spaventano i comuni mortali. La condivisione della conoscenza spaventa tanto quanto quella dell’energia proposta da Rifkin. Perché noi italiani soprattutto opponiamo tanta resistenza secondo te?
Abbiamo una paura atavica del futuro. Siamo quelli che se un presidente della Repubblica fa bene e ha 87 anni, lo vogliamo tenere lì a vita, temendo che in Italia non ci sia un altro cittadino con più di 50 anni in grado di fare quel mestiere lì meglio. Eppure la vicenda del Papa insegna. Spero che insegni…
È giusto definire il tuo libro come una sorta di “manuale di sopravvivenza” in un mondo nuovo apparentemente distrutto dalla crisi?
Il mondo vecchio è stato distrutto dalla crisi, quello nuovo sta crescendo ma non ce ne siamo accorti. Ecco, il libro spero serva ad accorgersi che le cose cambiano. Che stanno cambiando anche se noi giornalisti non lo diciamo.
Ti definiresti una figura ibrida?
Su Instagram mi racconto così: Innovator. Dreamer. Storyteller.
Scegli la scena di un film per un tuo ideale screensaver.
Il bambino che corre felice in Nel paese delle creature selvagge con la musica degli Arcade Fire a palla. Quel brano si chiama Wake Up. Ci ho scritto il libro.
Clara Tosi Pamphili
Riccardo Luna – Cambiamo tutto! La rivoluzione degli innovatori
Laterza, Roma-Bari 2013
Pagg. 163, € 14
ISBN 9788858106495
www.laterza.it
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