Boetti e Castellani catalogati
Due grandi case editrici per l’opera di due grandi artisti del Novecento. Nel giro di pochi mesi, sono stati dati alle stampe due cofanetti importanti. Electa ha licenziato il secondo - dei quattro previsti - volume del Catalogo generale di Alighiero Boetti. Da parte sua, Skira ha risposto con due tomi di Catalogo ragionato del corpus artistico di Enrico Castellani.
Non dev’essere affatto un’impresa semplice mettere mano all’opera completa di un artista prolifico e sfuggente come Alighiero Boetti. Basti pensare alla produzione delocalizzata in Afghanistan prima e in Pakistan poi. Una modalità produttiva che ha generato inevitabilmente la proliferazione di falsi, e uno dei compiti più importanti di un catalogo generale è esattamente quello di porre un punto fermo – non critico, ovviamente – su un corpus artistico, in maniera tale che qualunque artefatto non vi sia contemplato finisca immediatamente sotto l’occhio di una disamina puntigliosa. Perché, va da sé, anche un’opera catalogatoria del genere può farsi sfuggire qualcosa, ma ciò che non vi è compreso necessiterà di perizie oltremodo precise.
E così, dopo un primo tomo licenziato nel 2009 e concentrato sulle opere del periodo 1961-1971, nel 2012 Electa ha pubblicato il secondo volume del Catalogo generale (pagg. 432, € 200), che prende in considerazioni gli anni 1972-1979. Alla direzione scientifica del progetto c’è sempre Jean-Christophe Ammann, la curatela è invece dell’Archivio Alighiero Boetti, con la supervisione di Annemarie Sauzeau e Arianna Mercanti.
Il volume, rilegato e custodito in un cofanetto rosso, si apre con una discussione a più voci, con le parole dello stesso Ammann, dei consiglieri scientifici del Catalogo Achille Bonito Oliva, Laura Cherubini e Giorgio Verzotti (consiglio che conta anche una quarta persona, ossia Carolyn Christov-Bakargiev), nonché dell’antropologo Franco La Cecla. Un breve intervento di Annemarie Sauzeau sulla “maturità di Alighiero e Boetti” precede le parole (e l’opera) che Giulio Paolini ha proferito durante la presentazione del primo tomo dell’opera. Infine, la versione inglese dei testi, e nel giro di una cinquantina di pagine si conclude l’introduzione.
Tutto il resto sono opere, oltre 300 facciate fitte fitte di creazioni boettiane, riprodotte nella maggior parte dei casi a colori (ed è un dato atipico in questo genere di pubblicazioni). Si comincia con il numero d’inventario 393, la biro su carta Anni Settanta, e si chiude con la Mappa del 1979-83, identificata col numero 1234 e la cui ubicazione è al momento ignota.
A Electa risponde Skira, che a dicembre del 2012 ha pubblicato un corposo cofanetto dedicato a Enrico Castellani e contenente due volumi con testi in italiano e inglese. Anche in questo caso, si segnala innanzitutto una atipicità. Infatti, il Catalogo ragionato 1955-2005 (pagg. 304+352, € 300) comprende un primo tomo interamente concentrato sul Percorso artistico di Castellani. In altre parole, una monografia contenente due ampi saggi a firma di Bruno Corà (Enrico Castellani: arte dal valore semantico del linguaggio) e Marco Meneguzzo (Fortuna di Castellani (ovvero come riannodare i fili della storia tra psicologia dell’artista e sociologia dell’arte)), seguiti dalla sezione Le opere, gli scritti 1958-2011, ove sono raccolti per l’appunto gli statement e le riflessioni dell’artista unitamente a numerose fotografie a colori delle sue opere e di allestimenti di mostre basilari nella sua carriera. Infine, a chiusura di questo primo volume, una biografia per immagini, “moda” che sta prendendo piede nel mondo dell’arte e che permette di restituire un’immagine più consueta a figure che spesso hanno un’aura mitologica.
Il secondo volume rientra invece maggiormente nei canoni della catalogazione generale, con un minuzioso regesto delle opere realizzate nei primi cinquant’anni di attività dell’artista; opera condotta da Renata Wirz e Federico Sardella in collaborazione con l’Archivio Castellani. Doppia numerazione in questo caso, che affianca all’attuale quella assegnata dell’Archivio: un notevole supporto per i collezionisti, che d’ora in poi avranno quindi un doppio strumento di verifica dell’autenticità delle opere acquistate. Anche qui, citiamo l’apertura e la chiusura del lavoro catalografico (benché in questo caso non si possa intendere letteralmente la parola ‘chiusura’, visto che Castellani è tuttora vivente): si comincia dunque con un Senza titolo del 1955, un piccolo olio e gesso su tavola Unalit, e si conclude, almeno per il momento, con una Superficie bianca del 2005, opera catalogata con il numero 1103.
Il costo di questo genere di libri è senz’altro giustificato dall’enorme lavoro che necessitano e dal numero di copie vendute piuttosto contenuto. Resta il fatto che si tratta di importi notevoli. In ogni caso, impossibile non possederli se si è collezionisti, appassionati, galleristi, studiosi dell’autore. Per tutti gli altri sono uno strumento di approfondimento magari occasionale. Per questa ragione, uno sforzo di acquisizione da parte delle biblioteche pubbliche, almeno quelle specializzate e/o universitarie, sarebbe auspicabile.
Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #12
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