Glamour e cinema
Riparte il Festival di Cannes. Alla 66esima edizione dal 15 al 26 maggio, oltre che per i Fratelli Cohen, Polanski, Soderbergh e il nostro Sorrentino, l'attesa è per il film-evento di Baz Lurhmann, “Il Grande Gatsby”. Alla Galleria Alberto Sordi di Roma, dall'11 al 17 maggio in mostra alcuni degli abiti e degli accessori del film.
Dodici anni dopo Moulin Rouge, Baz Lurhmann torna ad aprire il Festival di Cannes con la sua attesissima versione de Il Grande Gatsby e, ovviamente, chi l’ha già visto si divide in chi lo ha amato e chi preferisce la versione cinematografica del libro di F.S. Fitzgerald con Robert Redford e Mia Farrow del 1974.
Il film è confezionato con i migliori ingredienti dello spettacolo contemporaneo, una sorta di selezione di quanto di meglio esista nell’immaginario collettivo dello star system: dai costumi ai gioielli, dagli interpreti della colonna sonora e agli attori stessi. Leonardo di Caprio interpreta uno dei personaggi più eleganti della storia, Jay Gatsby, una icona dell’eleganza maschile: il risultato della sua immagine si deve alla collaborazione fra Catherine Martin e il brand Brooks Brothers, nato nel 1918 negli Stati Uniti.
Catherine Martin ha vinto due premi Oscar, uno con Moulin Rouge dello stesso Lurhmann, che è anche suo marito; è una ricercatrice fantastica, capace di curare l’immagine dal più piccolo particolare alla visione contestualizzata nel generale, e smentisce chi potrebbe pensare a coproduzioni veloci con brand contemporanei, perché lei lavora studiando gli archivi. Fondamentale la sua collaborazione con Miuccia Prada, che ha contribuito alla realizzazione del successo di questo film con lo stesso spirito con cui sostiene l’arte contemporanea: non ha elaborato disegni ma ha messo a disposizione della costumista tutto il suo archivio e la sua esperienza nell’adattamento dei dettagli per rientrare nello stile modernista del regista. Tra tutti c’è l’abito che probabilmente rimarrà nella storia del cinema: l’abito da sera di Carey Mulligan/Daisy Buchanan fatto con le gocce dei lampadari, pensato per raccontare l’ostentazione del lusso.
La documentazione del lavoro delle due creative è raccontata nella mostra Catherine Martin and Miuccia Prada Dress Gatsby che si terrà a New York, poi a Tokyo e a Shanghai negli Epicentri Prada.
La storia artistica tra Miuccia Prada e Baz Lurhmann nasce in Romeo+Juliet diciassette anni fa, dove Di Caprio interpreta un memorabile giovane Romeo, ed è segnata oltre che dal cinema dalla collaborazione alla mostra del Metropolitan Museum di New York, Schiaparelli and Prada:Impossible Conversation del 2012.
Allo stile modernista e visionario del regista che si serve del 3D adattandolo alle proprie esigenze, e non viceversa come spesso si vede fare, contribuiscono anche i gioielli di Tiffany e la colonna sonora, dove compaiono nomi come Lana del Rey, Florence+the Machine o Bryan Ferry.
Certo il rischio è di sommergere con tanto glamour uno dei capolavori della letteratura moderna: pubblicato per la prima volta nel 1925, definito da T.S. Eliot “il primo passo in avanti fatto dalla narrativa americana dopo Henry James”, è un’acuta autobiografia spirituale che racconta la tragicità dell’età del jazz attraverso le contraddizioni del mito americano, quel senso del peccato e poi della caduta che assume in sé tutta la debolezza e la depravazione della natura umana.
Allora ci viene in mente quando le major americane diedero l’incarico a Federico Fellini di fare un film sul più grande amatore di tutti i tempi, Giacomo Casanova: gli avevano imposto anche Robert Redford ma lui, dopo il rifiuto di Gian Maria Volonté, scelse un altro attore americano, Donald Sutherland. La produzione americana abbandonò Fellini quando vide la prima parte del girato, perché non voleva un film sulla morte e il capolavoro fu poi finito fra mille altre peripezie.
Anche quella rilettura del Casanova come questa di Gatsby si esprimeva per immagini: come dire che è cambiata anche l’espressione visionaria di un concetto, o che secondo lo stile americano di Walt Disney eliminiamo ogni bruttura ancestrale dalle favole. La tecnica ci consente di ridisegnare un altro mondo, più vicino al Paradiso che all’Inferno.
Clara Tosi Pamphili
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