I Magnifici 9 New York. Le Mezze Stagioni
Speriamo non tornino, ci costerebbe un’altra certezza. Il maggio di Chelsea oscilla per strada tra il torrido e il gelido. Dentro le gallerie vige di rigore un clima mite o temperato, mansueto nella forma, tiepido nel contenuto; un mese d’aprile tra fotografia e pittura eterno e senza crudezze.
Cosa sono le mezze stagioni? Come definirne il contorno dentro il tempo dell’arte contemporanea? Le mezze stagioni sono discrete e accondiscendenti, familiari, sono i colori pastello, le linee preventivate. Non smuovono gli affanni dell’anima o le vibrazioni dello spazio. Democristiane, rispettano i canoni, assistono i mercanti e le tappezzerie. Le porcellane di Shio Kusaka alla Anton Kern Gallery sono squisite e quindi tiepide come il sole di marzo.
www.antonkerngallery.com
Come volevasi dimostrare. La collettiva da Kathryn Markel richiama – ma solo nello spazio delle intenzioni del titolo – il perpetuarsi della rinascita. Spring Revival manca però di ogni linfa realmente vitale; questa mezza stagione tende alle nebbie di febbraio. Si salva una piccola opera di Daniel Brice; un olio su carta attonito, immobile come un fiore d‘origami.
www.markelfinearts.com
Non chiamatela estate. E non è questione di tempo, è che la temperatura proprio non sale, nemmeno alla Bowery Gallery. I lavori a parete di Evelyn Twitchell – dipinti ad olio e argille – hanno il sapore della camomilla; sono trasgressivi solo nella misura della conservazione. Il grande caldo e il grande freddo vivono in relazione con le grandi distanze: il Sahara, la Siberia. Un quadro può viaggiare in profondità ma rimanere in superficie significa non muoversi affatto.
www.bowerygallery.org
Una breccia di sole. Si dice temperato il clima che caratterizza in entrambi gli emisferi le regioni comprese tra i paralleli 30° e 50°. Non è che da queste parti si stia male, è che la familiarità sacrifica l’imprevisto, l’adrenalina. Così davanti alle grandi e piccole tele di Grant Drumheller alla Prince Street Gallery. Sapore di casa. Deliziose le opere di formato ridotto.
www.princestreetgallery.com
Il lampo. Sulla Stux Gallery sia abbatte un rovescio inaspettato. E va bene così purché il termometro si muova. Il titolo della personale di Heide Hatry – Not a Rose – si supera per diventare un monito. Niente fiori ma brandelli di carne, oltre la finzione si schiude la cruda realtà, un’altra rosa – Rrose – è la vita – Sélavy.
www.stuxgallery.com
Va il vento. Fisicamente, la Underline si scosta dal circuito delle gallerie di Chelsea per fermarsi sul bordo della quattordicesima ovest. Il clima però non cambia, anzi cambia solo nelle apparenze. Il numero di corpi compressi sotto il basso soffitto della galleria/negozio si esaurisce in un caldo umido. Sono le pareti però – coi lavori di Kevin Fey – ad abbassare la temperatura. La glassatura del superficie crea una reazione immediata ma non duratura: è il clima buono delle sensazioni.
www.underlinegallery.com
Primati privati. La Yossi Milo si fregia del primato: negli Stati Uniti i lavori di Takuma Nakahira sono inediti, l’occhio però non fatica ad ammaestrarli. L’innesto cinematografico sul corpo fotografico e il suo contemporaneo svuotamento narrativo sono campi più che noti alla 35mm. Difficile per una fotografia con questo taglio competere col bombardamento ininterrotto di immagini automatiche che può dispiegare anche solo Google Maps. Il mondo è più veloce, l’occhio anestetizzato, la temperatura stabile.
www.yossimilo.com
Bluemountain non è le Ande. Rose Weinstock ha un debole, ma è – a suo modo – il suo forte: Edward Hopper. Lo rivela il taglio fotografico, la comoposizione e l’irresistibile sospensione dell’azione. Di nuovo però si torna su paralleli noti, miti, come i prezzi delle opere alla Bluemountain: più che affordable, discretamente democratici.
www.bluemountaingallery.org
L’aria come melodia. Le fotografie aeree di Terry Evans smuovono un po’ l’aria. Le virate maschie dell’aeropittura futurista non potrebbero essere cosa più lontana. La fotografia proposta alla Galleria Yancey Richardson scopre e quindi inventa le composizioni sottili e involontarie del paesaggio americano. Quiete le fotografie dell’artista di Chicago svelano un mondo bello per com’è, consolatorie rifuggono lo shock termico del puro adamantino.
www.yanceyrichardson.com
Luca Labanca
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