Anatomia. Quentin Garel è innanzitutto un gran disegnatore, non c’è che dire: i grandi schizzi preparatori alle pareti fanno un cenno alla grande scuola di Dürer e di Leonardo. È sua la personale da Bertrand Delacroix. L’artista francese è inoltre un buon illusionista, il bronzo delle sculture fa mirabilmente la parte del legno o dell’osso. Tutto il resto, così del resto come tutto, è opinabile; l’attualità del lavoro, la sua parentela con gli esercizi d’accademia.
www.bdgny.com
Geometria solida. Se ne crea ogniqualvolta si soffi nel vetro fuso. E non si pensi a Venezia. Andrew Erdos, americanissimo, ne ha fatto il suo strumento preferito. Chiunque sia nato dopo la metà del secolo ha pensato – almeno una volta – che il vetro colorato, soffiato e assemblato magari sotto forma vegetale, sia sinonimo di kitsch. Coi lavori di Erdos la Galleria Claire Oliver sublima il kitsch per raggiungere i cieli ipeuranei del superlativo serafico.
claireoliver.com
Punto o circonferenza. Son così anche detti più comunemente i “pallini”. Estremamente ricorrenti nella forma sintetica di rappresentazione infantile, i pallini – pur privati del loro valore ludico – raggiungono sul mercato cifre esorbitanti se firmati da Damien Hirst. Il punto, circonferenza o “pallino” vive una rinnovata stagione d’interesse nelle opere di Angelina Nasso che, alla Winston Wächter, ne sfoggia una quantità poderosa sotto forma di energetici assemblaggi policromi. Mai dimenticare che una menzogna, ripetuta mille volte, diventa verità.
winstonwachter.com
Geometria piana. Seppur in veste informale, anche le opere della collettiva POUR da Asya Geisberg rispondono al rigore – seppur dimesso – del grado, della linea e del punto. Nove artisti “emergenti” si alleano alla tecnica o al caso nella ricerca della consonanza armonica tra forme e colori. Ogni mezzo è legittimo se il traguardo è ambizioso.
asyageisberggallery.com
Equilibrio. La laurea in architettura di Koen van den Broek si vede eccome. La serie di lavori di Apex – la personale da Friedman Benda – dichiarano l’esercizio composto della severa retorica del segno nella migliore tradizione nordeuropea. Se c’è in arte un campo d’applicazione in cui la ripetizione è un dazio obbligatorio, questo è la pittura. Nei grandi lavori del pittore belga vive però una piacevole formula che trasforma il “banale” in “familiare”.
www.friedmanbenda.com
Elementi. Se intesi come moduli che si ripetono ritmicamente su un piano, si riferiscono alla ripetizione nelle opere di Randalla Stoltzfus di una costante – il cerchio – secondo un rapporto sul piano “x” “y” (vicinanza, concentricità) e “z” (sovrapposizione). Elementi è anche il testo di Euclide che raccoglie la summa dei saperi della geometria fino ai tempi dell’autore. Allo stesso modo, i lavori alla Blank Space risultano la somma – ritrita – di un secolo-e-passa di trattamento pittorico della luce: da Sisley a Balla a Klimt.
blankspaceart.com
Rapporto modulare. Nell’architettura greca il modulo è il diametro massimo di una colonna, secondo il Vignola è il raggio. Ripetuto in forma proporzionale, il modulo costituisce l’unità di misura dell’architettura classica e rinascimentale. Nicola López spoglia alla Pace Prints i grandi complessi urbani per giungere al modulo dell’architettura urbana post-razionalista: la relazione ortogonale fra le travi d’acciaio.
paceprints.com
Il Nastro di Möbius. Robert Heinecken, Beth Campbell, Lucy Raven, Tommy Hartung, Rachel Owens: questi i nomi di Collider, che dal 26 aprile occupa gli spazi della Zieher Smith. La mostra è ben esemplificata dal modello del Nastro di Möbius: è questo il tipo di superficie che – nonostante le apparenze – consiste di un solo lato, un solo bordo. Collider è il classico tipo di operazione in cui tutti gli elementi in campo – a partire dal titolo – mirano alla complicazione per non dover ammettere una sconfortante mancanza di spessore, il costante ritorno oltre le apparenze della medesima superficie piana.
ziehersmith.com
Fluidi. Sono quelli che paiono scorrere oltre la superficie verosimigliante delle creazioni di Shen Shaomin, degne del Cronenberg dei tempi migliori. Il respiro meccanico che anima il petto e le narici dei modelli in mostra traccia un flusso ulteriore. La reazione di fronte ai lavori di I Touched the Voice of God alla Eli Klein è meno fluente, interrotta dalle remore di un’arte che fa del realismo un culto fine a se stesso e della tecnica un gingillo.
ekfineart.com
Luca Labanca
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