Com’è nata la collaborazione con il Louvre per la mostra Année 1 – Le Paradis sur Terre?
È difficile ricordare i momenti. È stato un incontro. Anni fa ho esposto un lavoro al Jardin des Tuileries, Spazio Libero. Una gabbia di metallo realizzata dai reclusi di San Vittore a Milano. Una gabbia in un giardino; uno spazio libero, proprio perché non poteva essere penetrato se non con lo sguardo, che evocava la libertà mentale che si oppone alla reclusione. Il Louvre era coinvolto in questo progetto temporaneo ed è stata in quell’occasione che ho incontrato Marie-Laure Bernadac, con cui si è iniziato a parlare della possibilità di una mostra, a visitare le sale del Louvre insieme e che poi mi ha invitato a realizzarla.
Che effetto fa vedere i propri lavori accanto ai capolavori dell’arte occidentale?
Sono molto soddisfatto perché siamo riusciti a mettere veramente in dialogo il mio lavoro con le opere del Louvre. Qualcuno (più di una persona…) mi ha detto che i miei lavori permettono di capire meglio perché esiste il Louvre.
Perché esiste il Louvre?
Esiste come specchio del tempo. Però è uno specchio che rimane distante. Tanta gente viene al Louvre per una specie di concezione mitica, va a vedere la Gioconda e altri capolavori, ma per un fatto feticistico. Invece le mie opere, rispecchiando i lavori del Louvre e quindi rispecchiandone la storia e il passato, rispecchiano anche noi che siamo qui, nel presente. Questo è facilmente comprensibile da tutti; non è una cosa difficile ed è più facile capire un mio lavoro e quindi interagire con il Louvre attraverso un mio lavoro che capire i lavori stessi del Louvre. I miei lavori avvicinano al passato; lo portano ai nostri giorni.
E il Terzo Paradiso?
È un progetto che parla di un nuovo Rinascimento, di una terza fase dell’umanità, espressa in un simbolo. La prima fase è stata quella della natura; la seconda quella dell’artificio; la terza è l’unione della natura con l’artificio. Senza questa unione, senza questo passaggio noi arriviamo alla conclusione sotterrati dai rifiuti e in una terra distrutta. Contro questa eventualità, ho creato un simbolo di trasformazione che è esposto in un contesto (il Louvre) in cui ci si ritrova nella storia e si può parlare del futuro.
Durante il dibattito su La modification du spectateur, Michel Butor ha detto: “Una mostra dopo l’altra, un trucco dopo l’altro”. L’arte è anche saper fare trucchi?
Sì, nel senso che noi utilizziamo dei mezzi. L’arte non è una cosa in sé. Una cosa in sé non è arte: non può esserlo. L’idea della stessa cosa può essere arte. Una mela non è arte, ma l’idea della mela può essere arte. Il trucco può anche essere considerato il concetto. Noi non viviamo solo di cose, ma viviamo di concetti su cose e i concetti ci permettono di agire e di trasformare le cose.
Maria Pia Masella
Parigi // fino al 2 settembre 2013
Michelangelo Pistoletto – Année 1. Le Paradis sur Terre
a cura di Marie-Laure Bernadac
MUSÉE DU LOUVRE
+33 (0)1 40205317
www.louvre.fr
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