Federculture + Italia Nostra + Fai. Consigli non richiesti al prossimo sindaco di Roma
Sei proposte concrete per cercare di imprimere una svolta nella gestione della Capitale. Puntando sulla cultura e sull’economia che potrebbe generare. Con un occhio rivolto alle altre capitali europee e l’altro alle peculiarità di Roma. Il racconto dell’incontro che si è tenuto ieri 5 giugno.
Roma Caput Mundi. La Roma archeologica e quella contemporanea. Quella cristiana e quella pagana. Quella del patrimonio storico, delle mura aureliane, dei Fori Imperiali, delle fontane rinascimentali, delle statue di ogni periodo e poi quella di oggi, del Maxxi, del Macro, dell’Auditorium Parco della Musica e dei consumi culturali, che calano, come gli investimenti in teatro, mostre, musica.
Sembrerebbe una città con un potenziale incredibile, e lo è, peccato che il Comune di Roma spenda solo 33 euro all’anno per abitante in investimento in cultura. Un dato che fa sgranare gli occhi. Come gli altri, diffusi ieri 5 giugno da Federculture, Italia Nostra e Fai per incitare il Sindaco che verrà a un nuovo modello di città, perché “non c’è economia senza cultura”. La rotta dell’amministrazione capitolina che negli ultimi cinque anni ha tagliato 15 milioni di euro alla cultura va cambiata, secondo i tre soggetti succitati, se non altro se si guarda a questi indicatori: i primi 5 musei di Roma realizzano 3,6 milioni di visitatori all’anno, quelli di Londra 25, di New York 15, di Parigi 23, mentre a Istanbul sono 7 milioni e a Tokyo 10. Sono cresciuti, è vero, i turisti, 23 milioni nel 2012, ma Roma è meno visitata di Parigi (29 milioni) e Berlino (25 milioni). E perché nei teatri della città entrano solo 2 milioni di spettatori mentre a New York sono 28 milioni e a Londra 14? Eppure, dicono le tre associazioni all’unisono, il settore della cultura dà lavoro a 141mila occupati (il triplo dell’edilizia) e genera un valore aggiunto pari al 12,3% dell’economia culturale, con 9 miliardi e mezzo all’anno.
“Manca una strategia, una regia nella gestione della cultura”, ha detto Andrea Carandini, presidente del Fai. “Vedo un’insensatezza generale una specie di inerzia ci vuole precisione, metodo. Ad esempio, l’altro giorno sono stato da Eataly, quello è un meraviglioso museo del cibo, catalogato, ricco, spiegato, forse il museo più bello d’Italia. Cosa succederebbe se Farinetti, (ideatore di Eataly) si annoiasse del cibo e passasse alla cultura? Ecco di qualcosa del genere avremmo bisogno nel nostro settore”.
Italia Nostra con il suo presidente Marco Parini, Fai con Andrea Carandini e Federculture con Roberto Grossi hanno presentato sei proposte concrete per il prossimo governo della città. La prima, che prevede una delega alla cultura affiancata a quella del turismo da ricentrare nel governo della città e da affidare al vicesindaco. La seconda: ripensare nuovi modelli di governance con maggiori forme di collaborazione tra pubblico e privato e terzo settore attraverso concessioni e affidamenti secondo logiche di trasparenza e qualità. La terza, che Roma non sia solo una vetrina del suo passato ma sappia investire nel contemporaneo. Aprire alla produzione culturale contemporanea e policentrica promuovendo concorsi, bandi, borse di studio per giovani talenti per far risalire i consumi culturali, che nell’ultimo anno sono scesi del 13%. Macro e Maxxi hanno insieme 500mila visitatori, al Moma di New York invece sono quasi 3 milioni, al Centre Pompidou di Parigi quasi 4, alle Tate Modern di Londra, più di 5 milioni. La quarta proposta: dare un peso ai risultati e distribuire risorse in base al pubblico e al successo delle produzioni. “La nostra idea”, ha spiegato Roberto Grossi, “vuole indurre l’amministrazione pubblica a farsi garante della programmazione e della certezza degli investimenti per il settore con una chiara politica di indirizzo a medio termine con meccanismi di rendicontazione sia dei risultati ottenuti che dell’utilizzo dei finanziamenti ricevuti dalle realtà culturali”.
La quinta proposta riguarda invece la possibilità di destinare il 25% della tassa di soggiorno che Roma da due anni impone ai turisti che la visitano e che ha reso nell’ultimo anno circa 53 milioni di euro a investimenti a favore dei turisti per il decoro urbano, i trasporti, i servizi a loro dedicati. Ad oggi solo il 5% di questa tassa va alla cultura mentre l’altro 95% va in spesa corrente. Infine, l’ultima proposta griffata da Fai, Italia Nostra e Federculture riguarda la possibilità di investire un altro 25% della tassa di soggiorno in produzioni culturali e in imprese culturali che possano alimentare l’economia del settore. Per dirla con le parole di Marco Parini di Italia Nostra: “Lo stato italiano deve riprendersi la responsabilità della cultura ma aprire al privato perché il patrimonio culturale italiano non è più nemmeno mantenuto con in fondi di oggi”.
Geraldine Schwarz
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