Latini in Laguna
Cosa ci fanno i latini in Laguna? In questo caso i padiglioni nazionali. Camminata virtuale in Argentina, Cile, Cuba e gran tour sudamericano con l'IILA, il padiglione dei Paesi che ancora non hanno padiglione. Un altro percorso nella Biennale di Venezia.
Se da noi, molto spesso, l’arte si dimentica della propria identità e tradizione culturale, altrove il discorso degli artisti si fa fitto dialogo con la storia e con il presente, in un’ottica che non di rado desidera guardare al domani. In tal senso, il Padiglione Argentina, con il progetto Rapsodia Inconclusa di Nicola Costantino, sceglie un personaggio noto a livello internazionale come Eva Péron, first lady, attrice, donna impegnata, per un racconto malinconico e poetico, al cui centro sta l’uomo. Le storie, quasi evangeliche, di Eva, giovane e splendida nei suoi abiti da cocktail, artista, nelle sue mise strampalate, donna di casa, alle prime luci di una domenica mattina, anziana, debole e malata, sono la raffigurazione cinematografica delle tappe della vita, attraverso la messa a nudo di un personaggio-icona. Lo spettatore, al quale è dato di percorrere i corridoi del padiglione, arredato con le masserizie che nel video sono attribuite alla Péron – la sua camera da letto, il suo specchio, le sedie in velluto rosso, la stessa penombra – partecipa alle immagini, che hanno i tempi dell’esistenza umana: non c’è infatti narrazione, siamo di fronte, in video, a tableaux vivants.
Lo stesso rapporto viscerale con la terra d’origine sta nelle opere che partecipano al Padiglione dell’Istituto Italia America Latina (IILA), che anche quest’anno si presenta a Venezia con l’intento di dare voce ai talenti di quei Paesi sudamericani che ancora non hanno – o solo recentemente hanno conquistato – un proprio padiglione nazionale. Sotto l’egida di Jorge Luis Borges, Carlos Fuentes e Italo Calvino, si intitola quest’anno El Atlas del Imperio, chiedendo agli artisti, con i curatori Alfons Hug e Paz Guevara, di costruire una mappa ideale in cui ciò che conta, ancora una volta, è la percezione del presente, visto attraverso l’occhio dell’artista in grado di catturare quei dettagli che costruiscono la storia. Così, tra gli altri, la boliviana Sonia Falcone organizza un viaggio sensoriale e visivo attraverso le spezie, gli ecuadoregni Miguel Alvear e Patricio Andrade lavorano sugli stereotipi latini, unendo la cultura pop in puro stile barrio al simbolismo religioso, il peruviano David Zink Yi soffia in un sassofono, fino a scoppiare, fino a star male, con quanto fiato ha in corpo, mentre Martin Sastre crea uno spot fittizio del profumo U from Uruguay, in una parodia politico-sociologica del linguaggio televisivo (e non solo) locale.
Scelta di lusso per il Cile, che inanella il terzo padiglione tra i più apprezzati da sei anni a questa parte, con Alfredo Jaar. Il quale in questa sede si veste di un’aura apocalittica immaginando i Giardini della Biennale sprofondare in Laguna, con un sistema che “uccide le città”, ma non “le idee”, per dirla con le parole dell’artista riportate su Il Messaggero.
I cubani, invece, curati da Giacomo Zaza e Jorge Fernandez Torres, si confrontano sotto il tema della “perversione del classico”. Nel contesto del Museo Archeologico di piazza San Marco, tra kouros, metope e triglifi si dispiegano, tra gli altri, le teorie di Hermann Nitsch, le korai immutabili di Pedro Costa, gli esseri proteiformi di Rui Chafez, le icone parafrasate di Tonel, le stelle di Gilberto Zorio, le installazioni performative di Magdalena Campos Pons, le armi di resistenza di H.H. Lim
Infine il progetto dell’Emergency Pavilion, promosso da una figura carismatica e centrale come Jota Castro, insieme agli artisti provenienti da tutta Europa e dal mondo, come Patrick Hamilton, Teresa Margolles, Wilfredo Prieto, Emily Jacir, Ella de Burca, Cinthia Marcelle, Jorge Tacla, Santiago Sierra, cerca di analizzare con il titolo Que no me Olviden, Rebuilding Utopia, che cosa è accaduto negli ultimi quarant’anni e quali sono stati i punti nevralgici dei cataclismi che hanno sconvolto il mondo. Castro decreta la morte del potere dell’immaginazione, con un’eloquente lapide, Cinthia Marcelle riorganizza la realtà attraverso la riorganizzazione del paesaggio in chiave Land Art, Emily Jacir rappresenta la scarnificazione del presente attraverso gli oggetti della modernità lasciati ad ardere sotto il sole, in uno scenario apocalittico, Santiago Sierra affronta il tema della “trappola” politica e sociale della contemporaneità.
Santa Nastro
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