Milano, tirato il fiato dopo l’ultimo Salone del Mobile, edizione meno avvincente, ma pur sempre ad alto tasso di coinvolgimento, gli addetti al settore si rimettono in movimento. Riprendendo il filo delle attività attraverso un’operazione di ricondivisione delle migliori proposte avvistate. L’obiettivo? Dare nuova visibilità a quei lavori che rischiano altrimenti un’obsolescenza troppo rapida.
Tra gli operatori riemersi c’è anche Claudia Pignatale, fondatrice e art director di Secondome, galleria romana di design limited edition ed editrice di collezioni -come Cut and Paste di Kiki van Eijk, ma anche alla lunga serie di vetri in collaborazione con Fabrica – fortemente orientata alla contaminazione delle tipologie. Una realtà preziosa per il territorio in cui opera, perché capace di fecondare una città tradizionalmente poco sensibile ai fermenti del progetto contemporaneo, e allo stesso tempo di farsi promotore ed esportatore.
A Milano abbiamo visto i nuovi lavori di Secondome all’interno della collettiva Juice, la vetrina del “design fresco” curata da Cristina Morozzi, Michela Pelizzari e Federica Sala, ensemble di lavori eterogenei, che ha trovato il proprio minimo comune multiplo nella piccola dimensione degli attori coinvolti e nello spirito di ricerca, formale e allo stesso tempo produttivo.
La novità capitolina, però, adesso è un’altra. Un nuovo spazio, fuori dal distretto vetrina del centro, che predilige il gusto industriale di un loft, ubicato in un angolo di Trastevere lontano dal via vai turistico. A inaugurare il cambio di sede è The Analogia Project: un duo, composto da Andrea Mancuso ed Emilia Serra, attento a un’indagine sempre evocativa sul valore di confine tra industria e artigianato.
In uno scambio informale con Claudia Pignatale, abbiamo raccolto il suo punto di vista sull’attività di Secondome: uno spaccato sulle attività della galleria, certo, che si trasforma in un indicatore ben più ampio sul mercato e le sue altalenanti dinamiche negli anni della crisi.
Com’è andata l’edizione 2013 del Salone del Mobile?
Il Salone è sicuramente l’evento di comunicazione del design, tutta la stampa internazionale fa tappa a Milano. Il business è variabile…
La collettiva Juice si è presentata come una selezione di Fresh Design: in un mondo dove l’offerta di mobili supera la domanda, quali sono le prerogative di freschezza per il progetto d’arredo?
Juice ha provato a mettere insieme editori sui generis come noi, giovani designer che si autoproducono, limited edition. Oggi è importante avere un’idea di qualità che si stacchi dai prodotti già esistenti. Questa è la sfida.
Francois Xavier Ballery, Giuliano Ricciardi, Zaven, Sam Baron, Nigel Coates, Xavier Lust: sulla base di quali presupposti selezioni i designer delle edizioni Secondome? Vedi dei punti di contatto tra i designer della tua scuderia?
Cerco di lavorare con persone che mi piacciono e che sono nel mood di Secondome. Il comune denominatore di molti di questi designer è che sono quasi tutti under 40, con idee innovative. Mi piace raccontare delle storie attraverso gli oggetti. Poi c’è l’eccezione che conferma la regola, Nigel Coates, un over 40 con un tratto fresco e geniale.
La crisi ha modificato l’interesse dei tuoi clienti e collezionisti per il design tipicamente industriale e seriale? Come va invece per il settore limited edition?
Sicuramente i collezionisti di limited edition hanno sofferto poco la crisi, ma dato il momento in molti sono stati a guardare. Il prodotto industriale e seriale ha sofferto di più. Oggi siamo abituati a un prodotto cotto e mangiato, siamo invasi e ubriachi di prodotti… anche quando compra un prodotto seriale, il collezionista compra un prodotto ricercato.
La qualità assoluta, dei materiali come della manifattura, sta sicuramente alla base del design da collezione. Come editrice di design come ti affacci al fenomeno dei makers e della stampa 3d? Pensi che possano esistere dei canali di comunicazione tra questi due mondi?
Siamo stati tra i primi a credere nei makers, la nostra galleria da sempre promuove gli autoproduttori, il fenomeno è nato in Italia e si è allargato poi ad altri paesi. Oggi molti designer imparano a fare oltre che a disegnare e questo è un insegnamento che viene da lontano dai maestri, dalla storia del design, da cui parte e si evolve. La stampa 3d ha rivoluzionato un processo produttivo, e si interfaccia con il design in maniera intelligente. Grazie alla tecnologia e a questa tecnologia in particolare sono possibili tantissimi nuovi progetti.
Giulia Zappa
SECONDOME
Via Giovanni da Castel Bolognese 81 – Roma
06 45505750
[email protected]
www.secondome.eu
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati