(Outside) Biennale di Venezia 2013. I solo show in città
Da Quinn a Weiwei, da Mosse a Farkas, da Zipp a Cabrita Reis, passando per Lee Kit, Galliani Shirazeh Houshiary e Fiorentino. La 55. Biennale di Venezia si estende attraverso una fitta cartografia di mostre personali. Progetti nel cuore di palazzi, cortili e giardini antichi.
Fino al 24 novembre 2013, Il Palazzo Enciclopedico, opera di ordinamento sistemico della rappresentazione, diretta da Massimiliano Gioni, fa sentire le proprie voci anche al di fuori di Corderie, Giardini e degli ottanta Padiglioni nazionali. All’insegna del leone rosso della Biennale, il cerchio del sapere, a Venezia, anima decine di palazzi antichi, con numerose mostre personali. Eventi dedicati a progetti singoli e a singolarità del mondo dell’arte contemporanea, percorsi che raccolgono una volta di più, la sintesi della conoscenza, esternamente rispetto agli spazi ufficiali della Biennale d’Arte.
Mentre Palazzo Grassi è internamente rivestito dall’installazione-jainamaz di Rudolf Stingel, la statua gonfiabile, la donna violacea di 11 metri d’altezza di Marc Quinn, come un richiamo insistente, campeggia al fianco di San Giorgio, segnalando la sua variegata personale alla Fondazione Giorgio Cini, tra dipinti carnosi, statue mutilate, orchidee giganti e conchiglie bronzee. A qualche centinaio di metri, invece, nell’epicentro della Basilica di San Giorgio, l’enorme lente posta a terra di John Pawson catalizza l’architettura dell’edificio e le sue prospettive, per conto della neonata Fondazione Swarovski.
Rimanendo nei pressi, alla Giudecca, Dora Garcia, alla Fondation Prince Pierre de Monaco presenta the Joycean Society, presso lo SpazioPunch. Mentre nella Chiesa di Sant’Antonin, Ai Weiwei, supportato da Lisson Gallery, presenta Disposition, la ricostruzione/rievocazione in scala 1:1 di alcune stanze che raccontano i suoi 81 giorni di prigionia, mentre all’esterno, specularmente l’artista cinese presenta Straight. L’installazione è costituita da un insieme di barre di acciaio, recuperate dalle macerie che armavano le strutture portanti delle scuole distrutte dal terremoto che colpì la regione del Sichuan nel 2008, nel quale persero la vita oltre cinquemila bambini. La Lisson Gallery produce anche Breathe, la personale di rappresentanza, tra sculture e lightbox, di Shirazeh Houshiary, inserita nella magica Torre di Porta Nuova, all’estremità nord dell’Arsenale.
A qualche centinaio di metri dal ponte dell’Accademia e da Campo Santo Stefano, l’artista portoghese Pedro Cabrita Reis ingabbia gli interni affacciati su Canal Grande di Palazzo Farlier. La sua installazione, A remote whisper, di oltre 700 metri quadrati, attraversa ambienti e sale come una sovrastruttura urbana, una ragnatela squadrata composta da losanghe di alluminio, neon, teche di vetro per la cartellonistica e addirittura copertoni usati. Un labirinto verticale che intercede e preclude il percorso di qualsiasi visitatore. Arthur Duff, invece, con la sua Precious objects- Extraordinary individuals, colonizza anche l’esterno di Palazzo Malipiero Barnabò, in Campo San Samuele, con la parola luminosa spilungona, proiettata in verde sulla parete orientata a Sud.
Al 450 di Castello, nelle vicinanze dell’Arsenale, all’interno della ludoteca di Santa Maria Ausiliatrice, l’artista gallese Bedwyr Williams presenta The Starry Messenger, un osservatorio del cielo che rievoca la presentazione del primo telescopio della storia, avvenuto da parte di Galileo, proprio in Laguna nel 1610. Proprio di fronte all’accesso all’Arsenale, in Campo della Tana, l’architetto Carlos Marreiros allestisce PATOMEN: Palace Theatre of Memory Encyclopedic, invitato come rappresentante della Repubblica di Macao. Un iter personale costruito da lavori che indagano il senso numerale del numero 7, che si intrecciano con l’idea di Arca di Noè e che infine si intrecciano con il Teatro della Memoria, teorizzato dal pensatore rinascimentale Giulio Camillo. Da non mancare, sempre nello stesso complesso, la raffinatissima, celeste You(you) dell’artista di Hong Kong Lee Kit. Nei dintorni, invece, è vivamente consigliato addentrarsi anche nell’installazione in progress dal titolo The intimate subversion dello spagnolo Angel Marcos.
A Rialto, a Palazzo Bembo, l’artista newyorchese Lawrence Weiner presenta The grace of A gesture. Dopo la sua recente personale a Villa Panza, il titolo di questo percorso veneziano appare in dieci lingue diverse su cinque linee di tragetti, mentre a Palazzo Bembo sono presenti quattro dei suoi lavori rimasti inediti dopo la mostra Displacement, allestita al DIA Center di New York nel 1991. Sempre nelle prossimità di Rialto è consigliata la visita anche a Palazzo Rossini per Comparative investigation… di Thomas Zipp, che ha distribuito nelle diverse sale ritratti e composizioni oscure a effetto, culminando in una stanza completamente foderata da materassi, di quelle in uso negli ospedali psichiatrici.
Senza tralasciare Chiara Fumai e Qiu Zhijie alla Fondazione Querini Stampalia, Omar Galliani a Palazzo Barbarigo Minotto, Carlo Zinelli con The Museum of Everything alla Serra dei Giardini e l’installazione dell’artista armeno Norayr Kasper nella Loggia del Temanza, presso il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, consigliamo di prestare attenzione anche al raffinato cammeo dal titolo Dominium melancholiae di Tony Fiorentino, allo Spazio Norbert Salenbauch, in San Marco.
Ginevra Bria
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