Il Festival di Aix-en-Provence: sessantacinque anni portati bene
Il festival di Aix-en-Provence quest’anno compie 65 anni, e, nel complesso, se li porta bene, anche se questa edizione ha dovuto combattere con le ristrettezze finanziarie. Oggi si chiama Festival International d’Art Lyrique, ma era nato come Festival Mozart, autore poco noto e poco eseguito in Francia sino a dopo la seconda guerra mondiale.
All’inizio era un festival molto semplice: veniva montato un palcoscenico in legno nel cortile del Palazzo Arcivescovile e venivano rappresentate essenzialmente opere del Salisburghese. Aveva un pubblico strettamente fidelizzato: molti ricordano ancora Jean Cocteau e Jean Marais passeggiare mano nella mano nello stupendo Cours Mirabeau e le loro lunghe colazioni (sempre con qualche amico) a Les Deux Garçons, ancora oggi uno dei ristoranti più eleganti e noti della città. Il Festival è stato per due volte sull’orlo di chiudere: all’inizio degli Anni Novanta, quando Stéphane Lissner venne chiamato a risollevarne le sorti, e dopo l’ondata di scioperi del 2003 che (a contratti firmati) ne bloccarono le attività per un’estate. Entrambe le volte, però, si è ripreso.
L’attuale formula prevede una manifestazione di circa un mese in cui vengono presentati nuovi allestimenti sempre in co-produzione con altri teatri (dove circolano almeno per i due anni successivi al debutto in Provenza), unitamente almeno ad una prima mondiale commissionata dall’istituzione e ad una serie di concerti sia sinfonici che cameristici. In parallelo, un’Académie Européenne de Musique, supportata dalla Commissione Europea sulla base di progetti specifici, forma le nuove leve. Ora il Festival dispone di due teatri al chiuso e tre all’aperto, nonché di altri spazi per mostrare, in diretta e alta definizione, gli spettacoli di maggior rilievo a chi non può pagarsi i biglietti o non li trova.
Il finanziamento pubblico copre circa il 30% del costo del Festival; la metà di questa quota viene dal Ministero della Cultura, il resto dalla Regione e dal Comune. Per un altro 30% circa ci si è di solito basati sull’apporto di privati (in Francia le elargizioni culturali hanno una deduzione tributaria del 60% non una detrazione del 19% come in Italia). Il resto viene da biglietteria e da vendita di spettacoli (i cui costi sono divisi con chi li co-produce). Quest’anno l’apporto privato è stato minore del previsto, a ragione della crisi economica in cui versa tutta Europa.
Quest’anno sono in programma cinque opere, di cui quattro nuovi allestimenti (tra cui una prima mondiale) oltre a concerti. In aggiunta, in giugno una serie di concerti sono stati offerti alla città gratuitamente. Abbiamo seguito tre delle cinque opere: Elena di Cavalli, Elektra di Strauss e The House Taken Over di Mendonça, oltre a due concerti. Avevamo già visto, e recensito, nel 2010, l’allestimento di Don Giovanni di Mozart con la regia di Dimtri Tcherniakov, che ha fatto un vero e proprio giro del mondo prima di tornare, a grande richiesta ad Aix, e non abbiamo seguito il Rigoletto di Verdi con la regia di Robert Carsen che andrà a Bruxelles, Ginevra, Mosca e Strasburgo dato che con il bicentenario verdiano di Rigoletto c’è una vera e propria inflazione.
Nel 2014, il Festival durerà solo tre settimane (la crisi morde). Tre opere di grandi dimensioni: Il Flauto Magico di Mozart (coprodotto con l’opera di Amsterdam e l’English National Opera), Ariodante di Händel (coprodottori ancora in corso di definizione), Il Turco in Italia di Rossini (coproduttori non finalizzati). Verranno anche presentati il Winterreise di Schubert (in coproduzione con il Festival di Vienna, il Lincoln Center di New York ed i teatri d’opera di Hannover, Lussemburgo e Lille), un lavoro scenico tratto da cantate di Bach, e due atti unici commissionati al compositore tedesco Manfred Trojahn. La Freiburg Barockoster sarà “residente” e si preannuncia una serie di concerti.
Due ore di estrema tensione e venti minuti di standing ovation hanno contrassegnato, il 10 luglio, la prima della nuova edizione di Elektra di Richard Strauss, in cui hanno debuttato Patrice Chéreau (regia) ed Esa-Pekka Salonen (direzione musicale). Lo spettacolo (ad Aix sino al 22 luglio) andrà poi alla Scala, al Metropolitan, alla Staatsoper di Berlino, al Liceu di Barcellona e all’Opera Nazionale di Helsinki – i teatri che lo hanno coprodotto – e anche altrove.
La tragedia è attualizzata alle guerre balcaniche, in cui componenti della stessa famiglia si trovarono su fronti opposti. Piena di dettagli la regia di Chéreau, che nella bella scena di Peduzzi chiede agli interpreti di cantare nelle posizioni più difficili. Salonen tiene non solo bene l’equilibrio tra la vastissima orchestra e le voci, ma esalta i contrasti tra tonalità e atonalità nella scrittura di Strauss. Unica pecca: alla prima l’Orchestre de Paris non è parsa in grado di rendere la varietà di tinte musicali richieste dal podio. Di grande livello il cast vocale, specialmente Evelyn Herlitzius (Elektra) e Adrianne Pieczonnka (Crisotemide). Waltruad Meier (Clitennestra) ha però scansato i registri più gravi (dato che da anni canta ruoli di soprano).
A 350 anni dalla prima a Venezia, Elena di Francesco Cavalli è la grande riscoperta del Festival di Aix en Provence. La producono otto teatri di Francia e Portogallo, dove si vedrà, per un totale di circa 50 recite, nella stagione 2013-14. Un organico di undici strumenti compone la Cappella Mediterranea, orchestra creata e diretta da Leonardo García Alarcón. La spigliata regia è di Jean-Yves Ruf, la scena unica di Laure Pichot prevede facili cambiamenti di luogo. Completano lo spettacolo, godibile e a basso costo, tredici giovani cantanti- attori. La Elena del titolo è quella della guerra di Troia, ma le vicende riguardano la sua adolescenza spregiudicata di ragazza abile nelle arti marziali e pazzamente desiderata da tre giovani fra cui Menelao che, per farla sua moglie, si traveste da amazzone. Lo spettacolo è ricco di equivoci e di molte situazioni erotiche (temperate, poiché Cavalli era il Maestro della Cappella Ducale), ma anche di spunti profondi – si può essere rivali della propria maschera? – e lieto fine. Sotto il profilo musicale, sorprende un linguaggio per l’epoca molto avanzato con arie da coloratura, duetti pieni di melodia, quartetti, danze buffonesche, come quella degli orsi, e anche un concertato. Fra le voci spiccano i quattro protagonisti: Valer Barna-Sabadus, un contro-tenore di cui si parlerà a lungo per il registro che riesce a raggiungere, Ernöke Baráth, ossia la bella Elena, Fernando Guimarãe, il fedifrago Teseo, e Solenn’ Lavanant Linke, sua moglie, un’abilissima tiratrice di spada.
Mentre in passato le prime mondiali hanno lanciato da Aix successi indiscussi (si pensi ai lavori di Strasnoy, Du Sapin, Bianchi, Boesman), The House Taken Over di Vasco Mendonça (compositore portoghese classe 1977) ha lasciato perplessi. Basata su una novella argentina, tratta di un fratello e una sorella che vivono rinchiusi, immersi in riti quotidiani, nella casa avita, finchè che la magione viene progressivamente occupata da altri sino a costringerli a lasciarla. A un’orchestrazione raffinata (messa in risalto dallo snello Asko/Schönberg Ensemble) corrisponde una linea vocale che punta sul declamato con qualche accenno di arioso.
Di grande impatto, il concerto del giovane Quartetto Béla, tenuto nel Camp des Milles, un campo di concentramento in funzione dal 1939 al 1944 che segnava la via verso i luoghi di sterminio. Ha eseguito i cinque pezzi per quartetto di Erwin Schuloff, morto di stenti a Wülzburg, il quartetto n. 3 di Bartók e il primo quartetto di Ligeti, di cui nel bis hanno ripreso il terzo movimento del secondo quartetto. Sala piena e pubblico molto commosso.
Di grande interesse il concerto per ottetti d’arco, in cui si giustappongono giovani compositori a opere giovanili di compositori famosi del passato. La prima esecuzione mondiale di Super8 di Laurent Durupt, giovane compositore francese, borsista a Roma a Villa Medici, è un omaggio a Giacinto Scelsi nel venticinquesimo anniversario dalla morte. Grande effetto utilizzando (alla Scelsi) pochissime note. Una concisa battaglia Der Kampf zwischen Kanaval und Fasten di Mauro Lanza. Molto differenti l’ottetto in quattro movimenti composto da Mendelssohn-Bartoldy a sedici anni e il delizioso ottetto in due parti composto da Šostakovič a diciannove anni. Serata piacevolissima nel cortile del bel Palazzo Maynier D’Oppède.
Giuseppe Pennisi
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