Samsungland

Gangnam-gu è il quartiere dello shopping brandizzato, al di là del fiume Han che taglia in due Seoul. Dopo il successo mondiale del primo video, Psy ci riprova con “Gentleman”, girato nelle sue scene iniziali nel negozio di Corso Como 10, il noto concept store milanese.

Con i suoi 23 milioni di abitanti, Seoul è la città più cablata al mondo e la quarta megalopoli al mondo quanto a PIL. Lo skyline che si staglia appena imboccata la superstrada che dall’aeroporto scivola verso il centro rende ridicole le vanterie milanesi sulla città più verticale d’Italia. Le strutture in cristallo e cemento progettate dagli stessi architetti qui sono moltiplicate per cento.
Il Leeum Samsung Museum of Art non è una torre ma una costruzione bassa disegnata da Botta, Nouvel e Koolhaas: tutti e tre, per non sbagliare. Ha due ali, una dedicata al passato e una al presente. Quello che non convince è il metodo di raccolta del contemporaneo: solo i soliti “grandi nomi”, solo opere gigantesche e per di più di seconda scelta. Meglio, molto meglio i raffinati lavori in metallo o ceramica del passato.
Ma a parte il non riuscitissimo museo, qui si ha la sensazione che tutto sia Samsung, anche se LG, Hyundai e Kia non sono aziende da poco. Sulle scale mobili dei centri commerciali, negli alberghi, in metro o al mercato del pesce, cellulari e tablet sono sempre e solo Samsung. Il leader della telefonia mobile si è lasciato alle spalle Apple e Nokia proprio negli ultimi dodici mesi.

Tutto bene, dunque? Non proprio, perché a 50 chilometri c’è un giovanotto viziato, cresciuto nel miglior college inglese di Berna, amante del lusso e del basket, che gioca alla bomba atomica. Forse non è il caso di dargli troppo peso, ma intanto Seoul ha perso il suo status di capitale politica a favore di Gongju, un agglomerato urbano sconosciuto ai più. Kim Jong-un è solo viziato o è un “utile fuciliere” di qualcuno molto più grande di lui?
Alle spalle di Samsung si stagliano Lenovo, ZTE e Huawei, tutte e tre cinesi. Lenovo, in particolare, ha dichiarato di perseguire la leadership nel mercato globale dell’elettronica avanzata. La guerra (o la sua minaccia) non è che la continuazione della politica (o dell’economia) con altri mezzi, diceva von Clausewitz. Valgono più strategia e depistamento che la forza in campo aperto, pensava Sun Tzu.

Aldo Premoli
trend forecaster
direttore di tar magazine

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #13/14

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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