Mostra del Cinema di Venezia. Passato e documentari
Parte in sordina la 70. edizione della Mostra del Cinema di Venezia, con un numero esiguo di star in calendario e pochi titoli di grande richiamo mediatico. Dalla nostra inviata Federica Polidoro, il primo articolo di una copertura giornaliera.
Dopo la cerimonia d’apertura, sarà il film fuori concorso Gravity a officiare l’inizio delle danze. Firmato da Alfonso Cuarón e proiettato in 3D, è un lungometraggio di fantascienza che vede protagonisti George Clooney, habitué dei red carpet lagunari, e Sandra Bullock, alla deriva nello spazio profondo.
Cuarón era già stato ospite a Venezia nel 2001, sempre sotto la direzione di Alberto Barbera, e con Y tu mama tambien aveva fatto incetta di premi. Anche la scelta di affidare l’apertura ad un film ambientato nello spazio non è una novità, visto che nel 2000 era toccato a Space Cowboy di Clint Eastwood.
Intanto la preapertura nello spazio dedicato alle Giornate degli Autori è toccata all’Arbitro di Paolo Zucca, con l’improbabile coppia Stefano Accorsi e Geppi Cucciari, per le cui specifiche rimandiamo ai prossimi aggiornamenti.
Molto interessante sembra la sezione Venezia Classici, una selezione dei migliori film restaurati nel corso dell’anno da cineteche, istituzioni culturali e produzioni di tutto il mondo. Fra i titoli, l’introvabile quanto affascinante Providence di Alain Resnais, assolutamente da recuperare, il programma su Satyajit Ray con Mahapurush (The Holy Man) e Kapurush (The Coward), il cingalese Nidhanaya (The Treasure) di Lester James Peries e i Fiori d’equinozio di Yasujiro Ozu. Nel carnet anche il film Il salario della paura del Leone d’oro alla carriera di quest’anno, William Friedkin.
Inoltre è prevista una serie ricca e articolata di documentari sul cinema dai soggetti più vari, da Bergman (Trepassing Bergman di Jane Magnusson e Hynek Pallas) ad Anna Magnani (Donne nel Mito – Anna Magnani ad Hollywood di Marco Spagnoli), da Bertolucci (Bertolucci on Bertolucci di Luca Guadagnino e Walter Fasano) a Tinto Brass (Istintobrass di Massimiliano Zanin), per non parlare di Nice Girls Don’t Stay For Breakfast (Work In Progress) del fotografo di moda Bruce Weber, sulla vita di Robert Mitchum: meglio di una dose di crack per qualsiasi cinefilo glamourista. Nuovo l’inserimento in questa categoria di una giuria di laureandi dei Dams italiani, che dovranno assegnare il premio al miglior classico e al miglior documentario sul cinema.
Noi a occhi chiusi ci giochiamo il titolo di Micciché figlio su Micciché padre (Lino Micciché, mio padre. Una visione del mondo). Per chi non lo sapesse, il più eminente storico e critico cinematografico italiano, presidente della Biennale e soprattutto del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. È ancora membro onorario delle più prestigiose associazioni di categoria internazionali.
Intanto il Palazzo del Cinema comincia a riempirsi di giornalisti e fotografi, e chi non ha fatto in tempo ad accreditarsi è alla disperata ricerca di un cosiddetto “Pass Maccheroni”, ai cui soli possessori sono concesse le riprese televisive.
Federica Polidoro
http://www.labiennale.org/en/cinema/
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