L’equinozio al Castello di Rivara
Una data che si ripete nel corso del tempo, che segna un passaggio da una stagione all'altra, dal caldo al freddo e viceversa. “Equinozio” è un titolo che Franz Paludetto ha già usato per il Castello di Rivara: come il prossimo 22 settembre, ha già coinvolto artisti italiani e internazionali in mostre fuori dall'ordinario.
Così come andava a recuperare viscere e sangue per far realizzare le opere di Hermann Nitsch che sono ancora al Castello di Rivara, come quelle di Giuseppe Penone, Roman Opalka, Pier Paolo Calzolari e Luigi Ontani, Franz Paludetto ora si mette a disposizione di altri artisti, seguendo un intuito unico fatto di esperienza.
Paludetto è un outsider protagonista, ha un Castello con una collezione di arte contemporanea che non si trova in tanti musei riconosciuti, usa questo luogo e la magia che genera come un signore feudale illuminato. Il Castello di Rivara è enorme, sembra disabitato, ma è tutto popolato da anime, ogni opera è qualcuno, ogni stanza è una storia; non c’è mai silenzio nei lunghi corridoi, perché c’è sempre la voce di un artista da qualche parte che ti parla.
Proprio come un nobile signore feudale, pur avendo almeno trent’anni di “guerre” alle spalle, Franz rimette l’armatura e reinventa un altro Equinozio. Un’altra battaglia per cercare di attaccare un sistema ormai sterile, che non produce più né storia né economia; per dimostrare che c’è molto da dire con la forza di muoversi secondo un codice internazionale, indirizzato anche a dialogare di nuovo con le istituzioni.
Si capisce quanto sia intelligente e strategica l’impostazione di questo Equinozio quando non si riesce a spiegarlo. Franz Paludetto ha impostato la mostra su più fronti: quattro personali all’interno di una parte del castello ridisegnata come una Galleria con un ingresso bookshop che apre a tre stanze meravigliose dove sono collocati i lavori di Oreste Casalini, Elvio Chiricozzi, Davide Dormino e Mustafa Sabbagh. Queste stanze sono nel corpo principale del castello, quello disegnato nel Settecento, dove insieme alle opere della collezione di Paludetto saranno visibili altri lavori di artisti coinvolti per questa occasione, come Omar Ronda, Nicus Lucà, Alessio Delfino.
Nelle Scuderie le opere dell’artista tedesco Peter Schmersal per confermare il rapporto di Paludetto con la Germania: un amore di lunga data fatto di vita privata e operazioni importanti, con mostre fondamentali nella storia dell’arte contemporanea che legano l’Italia a questo Paese. Un vero e proprio pilastro nel lavoro di Paludetto, insieme a tanti altri, su cui possono poggiare nuovi progetti che riportino a uno scambio proficuo il sistema dell’arte contemporanea.
In quello che viene definito il Castello Vecchio, quasi a contrastare questa definizione, il lavoro di tre giovanissimi – Luca Cruz Salvati, Sveva Angeletti e Leonardo Aquilino -, a cui fanno da tutor le altre importanti opere della collezione permanente. Il parco che circonda il castello è attrezzato con la stessa logica di opere permanenti e temporanee per l’Equinozio, tra cui quelle di Alessandro Giorgi e Anna Maria Gelmi.
Equinozio è una storia italiana: così come certe corti rinascimentali avevano la forza di creare veri e propri poli artistici e culturali intorno al sogno di un visionario, così si rigenera quel modello, si esprime quella natura di accogliere gli artisti, curarli non nel senso economico del termine ma in quello anche dispotico di farli crescere, di metterli in condizione di confrontarsi con se stessi e con i “mostri sacri” che già abitano nel castello.
Mostri importanti che hanno condiviso l’invenzione di questo posto, come Aldo Mondino, o che hanno avuto l’opportunità di lavorare qui, quando il sistema bloccava la programmazione nelle gallerie, come Dan Graham che nelle Scuderie realizzò il Paesaggio Specchiante, Maurizio Cattelan con la sua Fuga; Gonzalez Torres e Raymond Pettibon ci hanno vissuto a lungo, e insieme a Paul McCarthy, Lary Pittman, Larry Johnson e Jeffrey Vallance compaiono nella mostra Viaggio a Los Angeles al Castello del 1993.
Artisti stranieri e italiani come Gianni Piacentino, Alighiero Boetti, Sergio Ragalzi, Paolo Grassino, Francesco Sena, Daniela Perego e molti altri. La loro presenza è documentata oltre che dalle opere da immagini fotografiche, così come altri momenti importanti dell’attività di Franz Paludetto: centinaia di foto dove compaiono Beuys, Man Ray in due splendide Polaroid e altri nomi dello stesso calibro e fanno da cornice, in una delle stanze del Castello, alla Torre di Torroni di Mondino. Stanze-museo documentate anche da foto di artisti come Candida Höfer.
Una storia italiana che mette soggezione pur accogliendo e dimostra quello che siamo capaci di fare nonostante tutto: è la casa metafora, è l’Italia dove cammini nella stessa piazza dove sono passati imperatori romani, Bernini e Federico Fellini. Qui entri nella stanza dove sono le fotografie di Bruno Locci, le guardi e ti perdi in ognuno di quei ricordi spezzati, poi guardi il letto che ti ricorda anche lui qualcosa: è il letto dove stavano sdraiati insieme Gerard Depardieu, Robert De Niro e Stefania Casini in una scena memorabile di Novecento di Bernardo Bertolucci.
Clara Tosi Pamphili
http://www.castellodirivara.it
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