Da Ground Zero a New World Trade Center
Dodici anni sono passati dall’attacco aereo alle Torri Gemelle di New York. Dodici anni e Ground Zero è ancora un cantiere in alto mare. Dove a scontrarsi non sono tanto differenti visioni architettoniche, bensì giochi di potere politici e immobiliari.
Raccontare quanto succede nel processo di ricostruzione del World Trade Center significa addentrarsi nei meandri intricati di politica, interessi e giochi di potere. Nella vicenda che vede Ground Zero, dopo dodici anni dal famoso 11 settembre 2001, ancora come un enorme vuoto, di architettura c’è ben poco. Eppure gli architetti che vi gravitano attorno sono numerosi e ben noti al grande pubblico: Daniel Libeskind, Santiago Calatrava, Norman Foster, Frank Gehry, Richard Rogers.
Ma i veri protagonisti di questa storia sono altri. Sono le autorità portuali dello Stato di New York e del New Jersey, il Lower Manhattan Development Corporation (LMDC), Larry Silverstein e Daniel Libeskind. Le prime due sono proprietarie dei 16 acri del sito mentre la seconda è una commissione ufficiale che sorveglia il processo di ricostruzione. Il personaggio chiave di tutta la vicenda è il magnate immobiliare newyorchese, proprietario della Silverstein Properties: acquistò il complesso del WTC pochi mesi prima dell’attacco terroristico; risarcito dall’assicurazione, ha fatto di tutto per trovare un accordo con le autorità portuali e diventare il developer più potente di Lower Manhattan. L’ultimo, il celebre architetto del Museo ebraico di Berlino, è forse il protagonista più sfortunato dell’intera vicenda, oggi definitivamente messo da parte.
Ma procediamo con ordine. All’indomani del crollo delle torri gemelle, il sindaco Rudy Giuliani, il governatore George Pataki e il presidente George W. Bush promettono di ricostruire il World Trade Center. Sì, ma come? La risposta è unanime, ovvero riproporre i simboli americani di benessere e potere che gli attentati terroristici volevano abbattere: i grattacieli. Inizialmente la commissione di sorveglianza individua in Beyer Blinder Belle – noto per il restauro della Grand Central Station – il progettista del masterplan generale dell’area. Il disegno però non piace e si decide di lanciare un concorso internazionale, vinto nel 2003 da Libeskind. Il suo è un masterplan ricco di rievocazioni, commemorativo, come piace agli americani.
Nel nuovo World Trade Center vedremo cinque torri, un Memorial Museum, una grande stazione, spazi commerciali e un Performing Arts Center. Negli anni vengono individuati i progettisti di ogni singolo pezzo. La One World Trade Center, prima chiamata Freedom Tower, frutto della collaborazione di Libeskind con l’architetto David Childs dello Studio SOM, è il simbolo dell’operazione. Alta 1.176 piedi, data della dichiarazione d’indipendenza degli Usa, è fra i grattacieli più alti del Paese. Il progetto della torre 2, dal caratteristico tetto a diamante, viene affidato a Sir Norman Foster, quello della torre 3 tocca a un altro inglese, Richard Rogers. Per la torre 4 si sceglie un giapponese, Fumihiko Maki – Pritzker Prize nel 1993 – e della torre 5, che sorgerà al posto dell’edificio della Deutsche Bank, se ne occupa la firma internazionale Kohn Pedersen Fox.
L’area dedicata al museo commemorativo è opera anch’essa di un team diversificato di architetti. Il concorso per il monumento viene vinto dall’americano Peter Walker e dall’israelo-americano Michael Arad con l’opera Reflecting Absence, dal forte sapore poetico: un campo di alberi, nel cuore di Manhattan, interrotto da due impronte, due vuoti riempiti d’acqua, quelli delle torri gemelle. Il Museo 9/11 viene affidato allo studio newyorkese Davis Brody Bond LLP, dove a ideare il visitor e l’education center sono i norvegesi Snøhetta. A sostituire l’attuale stazione, un grande hub, opera del valenciano Santiago Calatrava, mentre per il Performing Arts Center si sceglie un nome notissimo, Frank O. Gehry. Gli ingredienti per aspettarsi un risultato di qualità ci sono tutti.
La situazione però rimane bloccata. La crisi economica causa forti battute d’arresto, gli investitori scarseggiano e i progetti iniziali vengono rimaneggiati e semplificati. Ad oggi sono state completate solo la torre 4, recentemente la torre 1 e parte del Memorial Museum. Del masterplan di Libeskind, che ha coordinato tutta l’operazione per otto anni dal 2003, rimane ben poco. Le pressioni del magnate Silverstein e delle autorità portuali si sono fatte sentire. E quello che si pensava diventasse il simbolo di rinascita di New York è diventato un luogo dove la qualità architettonica ha lasciato il posto alla speculazione. Tutti promettono: il nuovo World Trade Center sarà finito entro il 2015. Ma per ora al pieno si preferisce il vuoto.
Zaira Magliozzi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #15
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