Mariolina Bassetti. Ecco come ho inventato le Italian Sale di Christie’s
Ogni anno, durante la settimana di Frieze, a Londra si tengono le aste più importanti dedicate all'arte italiana del dopoguerra. Quest'anno Christie's ha trionfato raggiungendo il totale più alto, con 26.8 milioni di sterline. Abbiamo intervistato Mariolina Bassetti, chairman di Christie's Italia e direttore internazionale nel dipartimento di Post-War & Contemporary.
L’asta del 18 ottobre ha segnato il totale più alto per una Italian Sale a Londra. Qual è stata l’opera che l’ha maggiormente emozionata?
Come sempre, quando entro in contatto con le opere di Pino Pascali mi emoziono moltissimo. Sono così vibranti, intense. Colpiscono nel profondo. Scomparso a soli 33 anni, questo straordinario artista ha prodotto pochissimo e il corpus completo della sua opera annovera circa 120 lavori, alcuni dei quali sono presenti nei musei.
Muro di pietra (pietra pietra), l’opera presentata in asta, è una delle poche che si possono “appendere al muro”. È un’opera importante perché riflette il forte concettualismo tipico di Pascali, esprimendo al massimo l’essenza dell’Arte Povera, che consiste nel produrre arte dal niente, dai materiali di uso comune. Partendo da una stima di £400.000-600.000, Muro di pietra (pietra pietra) ha raggiunto il risultato record di £1.650.000. Devo dire che riuscire a venderla a tale cifra, con tanti offerenti in gara per aggiudicarsela, è stata un’immensa soddisfazione.
La prima edizione dell’Italian Sale di Christie’s risale al 2000 e lei ne è diventata la responsabile lo stesso anno. Quali le ragioni della nascita di questo appuntamento sulla piazza londinese?
L’Italian Sale di Christie’s ha tratto ispirazione dal catalogo di Italian Metamorphosis, la grande esposizione dedicata all’arte italiana dal Guggenheim di New York nel 1994. Proprio come quella mostra, oramai storica, che offriva un’ampia panoramica sull’arte italiana del XX secolo, la nostra idea era e continua a essere quella di portare la ricca produzione artistica del nostro Paese su un palcoscenico internazionale. In particolare l’arte degli Anni Cinquanta e Sessanta è stata al centro della nostra strategia, pensata per far conoscere al pubblico internazionale anche i nomi meno conosciuti.
Fin da subito ci sono stati risultati molto importanti dal punto di vista del seguito e oggi c’è grande attesa per le nostre Italian Sale, l’unico grande appuntamento annuale con l’arte italiana a livello mondiale. Se molti artisti erano già presenti nelle aste serali di arte contemporanea di Christie’s, l’Italian Sale ha davvero saputo rendere internazionali artisti che erano ancora fenomeni locali. Ad esempio Mario Schifano, che aveva un pubblico completamente italiano e oggi viene invece comprato da collezionisti esteri, come gli americani, o Giorgio Morandi, che è amato anche dai cinesi. È il mondo che aspetta le aste di arte italiana!
Qual è la sua opinione di una possibile Italian Sale anche nel mercato newyorchese? Sarebbe pronto per gli artisti italiani e/o viceversa?
Sebbene molti compratori risiedano in America e New York sia una città importante per l’arte italiana, a mio avviso Londra rimane il centro internazionale più adatto per la categoria. Sono sicura che in futuro anche New York dedicherà maggior spazio all’arte italiana, ma un’asta che totalizza 27 milioni di sterline risulterebbe schiacciata dai grandiosi risultati delle super-aste di New York. Basti pensare che la sola Evening Sale di novembre è stimata intorno ai 500 milioni di dollari.
Quali sono gli elementi che hanno portato l’Italian Sale di Christie’s a raggiungere risultati sempre più importanti? Quali sono state le sorprese, le evoluzioni non previste?
Carattere fondamentale dell’Italian Sale è l’altissimo livello qualitativo delle opere selezionate nell’ambito della produzione dei migliori artisti italiani del dopoguerra. Infatti, come è ormai evidente per chiunque segua l’andamento del mercato dell’arte, quello che vende bene in questo momento è la qualità. Certo non sono mancati gli imprevisti, come il crollo della Lehman Brothers nel settembre del 2008, giusto un mese prima dell’asta… In quel frangente il mercato si è fermato, ma non è crollato. Si è fermato a pensare per riprendere a crescere.
Una sorpresa positiva è stata invece la progressiva crescita del pubblico delle Italian Sale: all’inizio i compratori erano svizzeri, italiani, europei, al massimo qualche americano. Oggi invece partecipa tutto il mondo, e questa è, in assoluto, la sorpresa più bella. Oggi riusciamo a vendere non solo in tutti i Paesi ma anche in tutte le categorie, dai privati ai musei: basti pensare al MoMA, che nel 2008 ha acquistato Ponte di Pino Pascali, all’epoca ancora poco conosciuto all’estero.
Qual è il profilo dei principali collezionisti di arte italiana all’estero?
I collezionisti stranieri che scelgono l’arte italiana provengono da ogni parte del mondo, dalla Persia all’America, alla Cina. Se dovessi scegliere un aggettivo, direi che questi collezionisti sono raffinati, perché pronti ad accogliere artisti ancora solo relativamente conosciuti ma di grande qualità. Il collezionista internazionale di arte italiana è in genere colto, ha studiato l’arte italiana, non si improvvisa e ha voglia di scoprirla sempre più a fondo.
Fontana, Burri, Manzoni sono i protagonisti indiscussi delle Italian Sale a Londra e definiscono un preciso gusto del collezionista di arte italiana all’estero. Secondo lei, saranno queste le tendenze delle prossime edizioni o il collezionismo si aprirà a nuovi protagonisti, magari più giovani?
Fontana, Burri e Manzoni sono grandi maestri ormai storicizzati accanto ai quali stanno crescendo artisti appartenenti a generazioni più giovani, come il già menzionato Pino Pascali, che fino a un decennio fa era conosciuto solo da una élite di collezionisti e connaisseurs. La prima volta che un suo lavoro è stato inserito nella nostra Italian Sale ha ottenuto un successo incredibile e oggi è finalmente riconosciuto come uno dei più grandi artisti italiani.
Altri artisti prevalentemente noti ai collezionisti italiani e ai quali possiamo augurare lo stesso futuro sono ad esempio Marina Apollonio, pittrice poco o per nulla conosciuta all’estero ma che la scorsa settimana ha raggiunto £40.000 partendo da una stima di £20.000-30.000. O come Paolo Scheggi, che dalla stessa stima ha raggiunto addirittura £218.500. L’Italia è un Paese che ha dato i natali a numerosi artisti sottovalutati ma molto ricercati.
Farete l’asta milanese di arte italiana questo autunno?
Abbiamo mantenuto solo l’appuntamento di aprile. In questo momento il pubblico non è pronto ad accogliere così tante opere tutte insieme, è appena terminata la vendita di Londra e non credo si debba appesantire il mercato con opere minori. Anche perché sappiamo benissimo che il compratore italiano soffre a causa del difficile momento economico. Chi un tempo risparmiava 10-15.000 euro l’anno da spendere per la propria collezione d’arte, oggi preferisce utilizzare quei risparmi per le vacanze o per la vita quotidiana. La vera crisi per il mercato dell’arte nazionale è questa.
Dal punto di vista dell’investimento, come comporrebbe la sua collezione di arte italiana?
Nello stesso modo in cui comporrei una collezione di arte internazionale. L’80% di nomi storici, come Boetti e Manzoni, e il rimanente 20% di artisti ancora emergenti. Credo questo sia il magico rapporto per creare una collezione che dia soddisfazione sia a livello emotivo – perché è questa la funzione principale dell’arte – che economico.
Martina Gambillara
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati