Le braccia della Sardegna. Un esperimento di Alessandro Biggio
Accanto alle personali di Laura Pugno e Norman McLaren, al MAN di Nuoro è allestita una collettiva con opere di Alexandra Bircken, Michael Höpfner, Luca Francesconi, Jessica Parker Valentine, Ian Pedigo e Luca Trevisani. Ma è Alessandro Biggio che l’ha letteralmente costruita in loco dopo più o meno lunghi scambi con gli artisti invitati. Dunque, chi è l’autore delle opere? Che ne è della firma? Abbiamo chiesto proprio a Biggio di spiegarcelo.
I motivi che mi hanno portato a sviluppare questo progetto sono diversi e riconducibili al mio percorso artistico, a riflessioni sulle dinamiche legate ai processi creativi, alla necessità di riconsiderare il rapporto tra insularità e isolamento. Avevo bisogno di un gesto estremo che mi consentisse di vedere e vivere l’approccio all’opera da una prospettiva diversa, di eliminare quasi tutto.
Mettermi al servizio di qualcun altro mi è sembrato il modo più radicale per farlo. “Braccia” al servizio di artisti lontani da me, dalla Sardegna, provando a capire se in questo ci potesse essere un potenziale espressivo, uno spazio piccolo o grande da ritagliarmi. Da qui la necessità di sperimentare una diversa relazione tra ideazione e realizzazione nella produzione dell’opera d’arte, e di farlo nella mia isola.
L’idea e il progetto che ne sono seguiti, la cui elaborazione ha richiesto diverso tempo, ha però bisogno di una condivisione di intenti e di ricerca che non è affatto scontata. Ad artisti selezionati secondo criteri di affinità e di vicinanza al mio lavoro ho chiesto di elaborare un progetto per un’opera inedita. Una volta definito il progetto, mi sono fatto carico della sua realizzazione. In realtà i due momenti, fino ad ora, non sono stati quasi mai così distinti. L’ideazione degli artisti è stata infatti spesso frutto di uno scambio di suggestioni, idee, immagini, così come la realizzazione dell’opera può dirsi a sua volta il risultato di confronti su aspetti tecnici particolarmente complessi, sui materiali, sulle forme, sulla difficoltà e sul fascino della distanza, sul senso del procedere insieme.
Ogni opera è così l’esito dell’intervento di due artisti, l’autore del progetto e l’autore materiale. Alla base di questo processo è il riconoscimento da parte di entrambi che in ciascuno dei due momenti che portano all’opera finita vi sia una componente creativa. Ho pensato, e con me gli artisti coinvolti, che potesse essere molto stimolante provare a capire in che modo mente e braccia interagiscano e quanto dipendano l’una dalle altre e viceversa, provando così a osservare da una diversa prospettiva due momenti generativi dell’opera, quello intellettuale e quello materiale, quasi mai equivalenti nel loro “peso”, spesso difficilmente scindibili in modo distinto.
Non è facile far sì che tutto questo non si riduca alla semplice esecuzione di un insieme di istruzioni; per fare in modo che l’esito sia qualcosa di diverso, è necessario immergersi in un processo di riflessione e confronto che va continuamente alimentato. È indispensabile inoltre una dedizione esclusiva al progetto.
Quanto del mio sentire possa passare nella realizzazione di progetti altrui ha rappresentato e rappresenta l’incognita del procedere in questo progetto. Braccia richiede sicuramente un sentimento di condivisione, o comunque di accettazione, da parte mia e degli artisti coinvolti, dell’incertezza del processo creativo e della possibilità che questo sia anche esito di fattori inattesi o che magari non porti a niente.
Braccia è anche un’occasione per riflettere su un’idea di insularità intesa come luogo della relazione, nella convinzione che la distanza possa rappresentare non un limite ma un valore se colmata dal confronto, se trasformata in desiderio di incontro allo scopo di un mutuo riconoscimento. La Sardegna diventa per Braccia il punto di arrivo e di convergenza di idee, di progetti che qui prendono forma in virtù di una vicinanza che non necessita la presenza fisica, ma che proprio dalla distanza intende trarre nuova linfa. Gli artisti co-autori risiedono lontano dall’isola e pertanto sono distanti durante l’elaborazione del progetto e non sono presenti durante la realizzazione delle opere. Queste alla fine si configurano conseguentemente e volutamente come elementi di rottura simbolica e fisica di una condizione di lontananza ascrivibile all’insularità e si fanno motivo di incontro, di relazione che non può e non vuole prescindere dalle suggestioni, dai limiti e dai potenziali che la Sardegna porta con sé.
Alessandro Biggio
Nuoro // fino al 3 novembre 2013
Braccia #1
MAN
Via Satta 27
0784 252110
www.museoman.it
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