Artisti da copertina. Alice Mandelli
Eredita dal padre la passione per la lettura e la coltiva fin dal suo primo libro, Pippi Calzelunghe. Dopo l'Accademia di Brera si ferma due anni. Il disegno è il suo principale mezzo espressivo, declinato in molteplici forme, anche se predilige il foglio A4. Scrive testi e filastrocche, creando cortocircuiti tra il pop americaneggiante e la decorazione orientale. Ora ha un obiettivo: “Aumentare la complessità ornamentale, partendo da un solo elemento e arricchirlo”. L’intervista con Alice Mandelli, che firma la copertina di Artribune Magazine numero 16.
Che libri hai letto di recente e che musica ascolti?
Ho letto Sorgo Rosso di Mo Yan, 2666 di Bolano, i Racconti di Cechov, Il vagabondo delle stelle di Jack London, Viaggio di una parigina a Lhasa di Alexandra David-Neel. Amo il rock da quando sono bambina e le braccia dei chitarristi. Ho una passione per Elvis Presley, Johnny Cash e i CCCP fra i tanti, colleziono T-shirt di gruppi musicali e la mia tesi di laurea era dedicata alle groupie.
I luoghi che ti affascinano.
Le case Art Nouveau, i parchi con i cani, i mercatini delle pulci e i giardini dimenticati con le fontane e le ninfee.
Le pellicole più amate.
Tutti i film di Miyazaki e di Buster Keaton, Vita da Bohème di Aki Kaurismaki, Deserto rosso di Antonioni, Romanzo popolare di Monicelli, il Realismo italiano e Palombella rossa di Moretti. I film d’amore americani degli Anni Ottanta, quelli con l’attrice con i capelli rossi.
Artisti guida.
Bosch, Frida Kahlo, Modigliani, Alphonse Mucha, Georgia O’Keefe, Nan Goldin, Louis Bourgeois, Marie Laurencin, i disegni di Warhol, Peter Doig, Hokusai, i pittori tibetani, Matisse, Felice Casorati, Wolfang Tillmans, Araki…
Il tuo mezzo principale è il disegno. Com’è nata questa passione e qual è il tuo metodo di lavoro?
Mi ricordo di aver sempre disegnato. Non ho un metodo particolare, anche se lavoro meglio quando sono sotto pressione.
Prediligi il foglio di carta A4 ma stai studiando altri formati, e soprattutto nuovi materiali e superfici su cui disegnare, come la stoffa o le lampade cinesi.
In un materiale cerco il modo particolare in cui assorbe il colore che viene sciolto con l’acqua. Spesso scelgo la superficie bianca: mi piace colorare lo sfondo come se lo disegnassi. È il motivo dell’utilizzo di semplici fogli da disegno, stoffe o lampade di carta di riso. Le piccole dimensioni sono comode e facilmente trasportabili, semplici per lavorare in viaggio e su piccoli tavoli. Le grandi dimensioni le raggiungo assemblando i fogli, come la crescita di un ramo.
Il disegno è spesso considerato un elemento accessorio, preparatorio.
La mia prima personale era formata soltanto da disegni, volutamente tenuti a prezzi molto bassi; uno dei motivi per cui ho creato il blog www.pizzabambino.wordpress.com è stato voler estremizzare la loro economicità. Anche quelli venduti restano visibili online.
Scrivi testi e filastrocche che diventano disegni e canzoni. Hai anche realizzato comunicati stampa con pennarelli e acquerelli per mostre di amici. Qual è il confine fra illustrazione e arte?
Scelgo una frase e la disegno in modo che venga letta. Poi attorno a quella proliferano elementi che riempiono il vuoto che sta attorno e dentro le lettere. Elementi naturali che a volte evidenziano l’immagine, calcandola sulla pagina e creando un buco sulla superficie, altre volte fanno svanire le parole. Il confine fra arte e illustrazione è molto labile.
Hai dipinto a lungo fiori, pratica spesso relegata alla sfera dell’hobby. Hai tratto ispirazione da disegnatori eccellenti come l’artista botanico inglese Rory McEwan o al suo maestro Wilfrid Blunt?
Spesso i fiori non sono precisi dal punto di vista scientifico e hanno i nomi delle città in cui sono stati disegnati. Sembrano cartoline e solitamente sul verso scrivo dediche o poesie come fossero biglietti agli amici, come quelli di Pier Vittorio Tondelli.
Sei affascinata dagli striscioni delle feste dei college americani e allo stesso tempo dalle decorazioni orientali. Come combini pop dozzinale e tradizioni secolari?
Mi affascina far convivere gli opposti in un’immagine o in uno scritto. Ho provato ad appendere al muro scritte create con antichi capolettera medievali fotocopiati, ingranditi e dipinti con acquerello. Non cerco la perfezione nel disegno: è importante che l’immagine funzioni, esprimendo una formula e una stratificazione.
Vuoi “aumentare la complessità ornamentale, partire da un elemento e arricchirlo”. Come?
Ultimamente immagino i miei disegni come se fossero la copertina di un libro con un titolo centrale e un disegno che lo circonda. Quando ho scoperto che per i tibetani è di buon auspicio ricoprire le lettere dei testi sacri con dell’oro, ho cominciato a ripassare gli scritti di colore e linee ripetute come se diventassero formule magiche, con il pensiero che così si svelassero. Provo una bella sensazione quando riesco a sfinire una penna o un pennarello: sono lo strumento di questo svelarsi.
Come nasce l’immagine inedita per la copertina di questo numero?
Influenzata dall’amore per le contraddizioni, la frase del disegno non è sottolineata ma velata da nuvole, fumo e squame. Con Lisa Rampilli, amica e artista, stiamo progettando una futura mostra dedicata a questi animali fantastici, dai quali ci sentiamo profondamente attratte.
Daniele Perra
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #16
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