Elite recognitions. Richard Kostelanetz a Milano
A partire dal 27 novembre, il quartiere Isola a Milano si è trasformato in uno scrigno per l’arte dell’editoria indipendente. Fra le tante novità, per neofiti e profani, ecco comparire il progetto “More Wordsphip” del poeta e critico americano Richard Kostelanetz.
More Wordship, allestimento editoriale d’eccezione, ha preannunciato Sprint – Salone di Editoria Indipendente d’Artista, rassegna a cura di O’ e Dafne Boggeri. Kunstverein Milano, infatti, ospita la tappa italiana del progetto letterario di Richard Kostelanetz (New York, 1940), poeta, scrittore, artista d’avanguardia americano, critico e curatore, nonché ideatore di More Wordship. Percorso che, all’interno dello Spazio O’, presenta un raro patrimonio di libri, film, audio, disegni, poesie visive e opere a disposizione del pubblico; dando vita a un vero e proprio bookstore, dove tutto è acquistabile a prezzi accessibili. Il progetto prosegue e amplia la prima tappa europea, Openings & Closings. The Richard Kostelanetz Bookstore, presentato nel 2011 dalla Sister Organisation di Amsterdam.
A Milano, More Wordship diventa un iter comparabile a una mostra retrospettiva dedicata a Kostelanetz, una scelta coerente rispetto alla sua pratica a che, fin da principio, con The End of Intelligent Writing: Literary Politics in America (1974), ha cambiato la scena letteraria newyorchese, promuovendo opere di giovani e innovativi autori.
Inspiegabilmente sei poco conosciuto in Europa, rispetto al tuo Paese d’origine. Potresti brevemente presentarti?
Quel che può essere misurato, del mio nome e del mio lavoro, può essere più sicuramente valutato attraverso la ricognizione del mio lavoro, nella storia della critica e nelle diverse enciclopedie di poesia, fiction, così come all’interno della branca dell’arte visuale chiamata libri d’artista. Al college e all’università ho studiato la storia intellettuale americana senza completare il mio dottorato. Il mio primo libro commercializzato è apparso nel 1964, quasi cinquant’anni fa. Nel 1974 ho traslocato nella colonia artistica di SoHo, che iniziava appena a costituirsi. In un loft di 170 mq ho iniziato a produrre non solo libri ma anche audio art, musica d’avanguardia, video, olografie e molto altro al di là della carta stampata, attività che continuo a svolgere alla ricerca di nuovi media.
Dieci anni fa ho pubblicato un libro, che attualmente sto riscrivendo e che spiega come una culla dell’estetica quale SoHo abbia formato artisti e gente che non aveva mai pianificato di fare arte, prima di andare a vivere proprio in quel quartiere. Proprio come me. Solo nel 2010, trentasei anni più tardi, mi sono trasferito nuovamente, andando a stabilirmi in uno spazio più grande, una ex-fabbrica della lana, nel distretto di Queens, a nord di Brooklyn. Mi trovo accanto alla linea della metropolitana chiamata L-train che sta attraendo sempre nuovi artisti quasi come a SoHo, decenni fa. Inutile dire che la maggior parte di questi artisti abbia spesso meno della metà dei miei anni. Ma da quando sono qui, ho ricominciato a produrre molto, soprattutto libri sui libri d’artista e sculture, che non avrebbero mai potuto essere realizzate in spazi più piccoli.
Qual è il tuo legame professionale con l’Italia? Hai mai lavorato nel nostro Paese prima di More wordship?
Ho visitato l’Italia solo una volta, forse vent’anni fa, per lavorare a Verona con Francesco Conz, per produrre arte numerale su alcuni vestiti. Quando morì, davvero troppo giovane, ho realizzato che avrei dovuto provare molto più tenacemente a cercare di tornare da lui. Quella volta incontrai Luigi Bonotto, un collezionista a Bassano, con il quale attualmente sto per cominciare a lavorare in maniera più ravvicinata. Sta per fondare un importante centro per lo studio della poesia visuale. Negli anni alcuni dei tascabili con le mie poesie sono stati pubblicati da Offerta Speciale, una casa editrice d’avanguardia di Torino diretta da Carla Bertola e Alberto Vitacchio. Che ancora non sono riuscito a incontrare.
Siccome ho molto lavoro da svolgere qui a casa, principalmente utile a rispolverare le mie eredità culturali, viaggio al massimo per una settimana all’anno. Tre anni fa sono stato ad Amsterdam, due anni fa a Berlino e l’anno scorso a Parigi, il prossimo anno chi sa? Non amo molto lasciare New York. Ritengo che il mio lavoro, così come me, risenta e rifletta di questa mia fedeltà, di queste radici strette nei confronti della mia città d’origine. Un altro motivo di riluttanza nei confronti dei viaggi è che non ho mai imparato un’altra lingua al di là dell’inglese. Mio padre, che arrivò in America all’età di nove anni, parlava anche russo. Mia madre, che nacque da genitori immigrati dall’Asia, parlava agevolmente francese. I miei nonni, in aggiunta, parlavano e scrivevano spagnolo, greco e francese. Competenze che certamente e purtroppo non ho ereditato.
Potresti spiegare cosa guida il concetto di More wordship e quando è nato?
Wordship è un nome che ho inventato io, un neologismo per indicare lo studio nel quale anche risiedo. Trattasi infatti di una barca piena di parole, non solo di 20mila libri, ma anche di arte visuale composta principalmente da parole, non solo scritte da me, ma anche, fra gli altri, dal grande artista inglese John Furnival. In questo modo, la mostra di Milano estende e prolunga, fra spazio e tempo, quel che sto esibendo a casa. In inglese wordship rievoca la parola worship, che significa sia preghiera che ammirazione, e perciò conferisce al tema che intendo presentare una certa risonanza di significati.
Qual è il tuo più ossessivo, ricorsivo, sfidante progetto, quale il tuo proposito più tenace ai quale hai mai lavorato? Quale il più vicino alla sua realizzazione finale?
Per favore, non pormi domande che mi costringano a scegliere tra un più e un migliore: tutte le mie creature sono egualmente importanti. E anche non chiedermi, per favore, come divido il mio tempo, tra l’arte e la scrittura. Per quanto riguarda la seconda domanda, io usualmente rispondo che dedico tutto il mio tempo allo scrivere esattamente come spendo tutto il mio tempo a comporre arte. In genere, non penso spesso a quel che sto lavorando. Ritengo ci sia sempre un lavoro che mi sta aspettando, sul mio computer o sul mio tavolo di lavoro, pronto per essere interpretato. Il mio principale book-art project attualmente è un lavoro che chiamo il mio scritto anglo-centrico. Sotto questa sorta di etichetta ho scritto numerosi testi che, per diverse ragioni, non posso auspicabilmente tradurre in altre lingue. Rimarrò sempre uno scrittore monolingua.
Metterai in mostra lavori mai visti o inediti, per il pubblico italiano?
Forse, azzardo ad affermare che la maggior parte di questi lavori, anche se non interamente tutti quanti, non sono mai stati visti in Italia prima d’ora.
Quali sono i tuoi futuri programmi, eventi, mostre o pubblicazioni?
Ora che sono entrato nei miei settant’anni piuttosto in salute, passo la maggior parte del mio tempo accudendo i miei retaggi. Questo significa, prima di tutto, assicurarsi che ogni cosa continui a esistere al di là di me stesso, lavorando attualmente a un libro d’arte che ho pubblicato con Amazon Createspace. Sto anche lavorando a sculture di lettere chiuse in vasi di vetro che possono essere rigirati fra le mani, per rivelare sovrapposizioni di parole. In breve, sto lavorando tantissimo per assicurarmi che gli storici, in futuro, abbiano abbastanza materiale sul quale scrivere. Un problema pratico legato a questo, però, è guadagnare abbastanza soldi per supportare lo spazio e la giusta assistenza di cui il mio lavoro ha bisogno.
Potresti, per favore, esprimere, formulare un augurio in merito a More Wordship?
Forse spero che More Wordship mostri a coloro che visiteranno la Kunstverein a Milano un’arte radicalmente differente da quel che è stata vista, letta e recepita in precedenza, allo stesso tempo, mi auguro di instaurare una più stretta e più piena relazione con i lettori italiani e con i collezionisti, proprio perché non sono stato in grado di poterli visitare spesso di persona.
Ginevra Bria
Milano // fino al 18 gennaio 2014
Richard Kostelanetz – More Wordship
SPAZIO O’
Via Pastrengo 12
338 6187321 / 339 3283315
[email protected]
www.kunstverein.it
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