La scelta di Weschler (e Ricuperati)
Ripubblichiamo, come di consueto, l’“altro editoriale” che affiancava l’intervento di Massimiliano Tonelli sul numero 16 di Artribune Magazine. L’editorialista scelto in quella occasione era Gianluigi Ricuperati, che a sua volta ha dato spazio a Lawrence Weschler e a una scelta di tre libri che possono cambiare la vita.
Lawrence Weschler, saggista e scrittore e mente curiosa di quasi tutto, abita a mezz’ora di treno da Grand Central Station, New York, in una villetta ordinatamente foderata di libri, divisi con cura senza badare a categorie come fiction, non-fiction, poesia, arte – e un mucchio di oggetti, bizzarrie, portafortuna, souvenir singolarissimi accumulati in anni di viaggi in Europa, Polonia, Sudamerica, in qualità di staff writer del New Yorker dedito a raccontare “tragedie politiche e commedie culturali”: da Solidarnosc alla fine della dittatura in Brasile, dalle scoperte ottiche di David Hockney ai terribili parallelismi tra Vermeer e l’orrore della guerra in Bosnia.
Gli ho chiesto, come faccio da qualche anno a questa parte con alcune personalità appartenenti alle discipline più diverse (per circa un anno i testi sono usciti su Domus), di raccontare alcuni libri che hanno scandito la storia della sua vita. Per questo intervento su Artribune ho selezionato tre dei dieci titoli straordinari che ha segnalato nel corso delle nostre conversazioni digitali.
Grace Paley, Enormi cambiamenti all’ultimo minuto. Grace Paley era una piccola donna ebrea straordinariamente risoluta e combattiva, sempre in prima fila alle manifestazioni cui decideva di partecipare. La sua scrittura era fantasticamente incisiva. In un suo racconto scrive: “Everyone real or invented deserves the open destiny of life”. Questa è anche una delle questioni principali riguardanti la scrittura non narrativa. È questo che devi raccontare quando scrivi: ciò che è accaduto, nella maniera irripetibile in cui è accaduto, è stato possibile e va legittimato proprio perché tutti gli attori coinvolti erano liberi di agire in qualsiasi altra direzione. Le persone sono libere. E nella tua scrittura lo devi rendere palpabile. La sua scrittura è pervasa positivamente da questo senso di libertà delle persone. Persone per cui le cose cambiano all’improvviso, a cui accadono “enormi cambiamenti all’ultimo minuto”. E lei era una grande maestra nello scrivere di questo.
Hans Vaihinger, The Philosophy of “As-If”. È un testo molto interessante, dell’inizio del secolo scorso, anche se è stato poi pubblicato in Inghilterra nel 1924. Vaihinger è stato un neo-kantiano, era interessato alla finzione euristica, era interessato al modo in cui ci comportiamo “come se”. Ti comporti “come se” potessi ottenere davvero la radice quadrata di un numero negativo, anche se non è possibile, semplicemente perché è un assunto euristico, è utile. Il libro si intitola La filosofia del “come se” e i capitoli sono fatti di cose infinitamente piccole. È un libro sul criterio funzionale e il suo significato, e sa essere divertente e bizzarro al tempo stesso.
R.B. Onians, The Origins of European Thought about the Body, the Mind, the Soul, the World, Time and Fate. È dello stesso periodo del precedente, credo intorno al 1930. Me l’ha fatto scoprire il mio professore di latino a Santa Cruz, Norman O’ Brown. È un libro che indaga i primordi della lingua: le parole della lingua presocratica, ad esempio. Onians nota come la parola ‘genio’ abbia la stessa radice della parola ‘gene’. Nota che ‘cereale’, il seme, ha la stessa radice di ‘cervello’ e riesce a dimostrare che i Greci credevano che il fluido intorno al cervello fosse della stessa materia del fluido seminale. E ragiona in profondità, trova analogie anche tra ‘corno’ e ‘cranio’ e ‘cornucopia’… è un libro pazzesco. Lo fa con ogni parola, con ‘tempo’, con ‘corpo’, ‘mente’, ‘anima’ e ‘mondo’ e ‘destino’: è un esempio meraviglioso di archeologia del pensiero. Ed è anche un ottimo libro da tenere in bagno per trovare qualcosa di nuovo e sorprendente da leggere ogni giorno!
Gianluigi Ricuperati
scrittore, saggista, dean della Domus Academy
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #16
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