Prende forma la terza tappa di Techno Casa, una serie di installazioni ambientali site specific realizzate da Riccardo Benassi (Cremona, 1982): fino al 5 dicembre a Marsèlleria di Milano e lo scorso 23 novembre al Museo Marino Marini di Firenze, dove la rassegna Il teatro di Marino ha presentato lo screening completo degli Allegati, cui è seguito un incontro tra l’artista, Alberto Salvadori, Piero Frassinelli e Adolfo Natalini di Superstudio. L’intero progetto è una riflessione su come l’utilizzo delle nuove tecnologie abbia modificato il nostro rapporto con la realtà del quotidiano. L’architettura, intesa come spazio, concetto e pratica, viene trasformata e riattivata seguendo un sistema di presentazione e display, attraverso interventi visuali, oggettuali, spaziali e sonori, emancipandosi dalla bidimensionalità dello schermo. L’opera punta a ristabilire il valore primario dell’esperienza sensibile, creando una relazione affettiva con l’architettura che lo ospita.
La figura eclettica di Riccardo Benassi indossa ogni volta le vesti di artista, scrittore, performer, musicista e designer, con l’intento di creare nuove situazioni nella maniera più completa e immersiva possibile. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla direzione della sua ricerca artistica.
Ci puoi descrivere l’installazione/esperienza realizzata site specific per Marsèlleria?
Ho creato un’installazione ambientale che occupa interamente i tre piani di Marsèlleria e permette al mio racconto di continuare oltre lo schermo di proiezione, nello spazio.
Cosa ti ha colpito di questi spazi e cosa li rende adatti al progetto Techno Casa?
Credo che l’architettura la facciano gli abitanti, non gli architetti.
Nucleo pulsante dell’opera è il ciclo di dieci video essay della durata circa di 15 minuti ciascuno, denominati Allegati perché emanazione del video madre, Techno Casa – an introduction to. Ogni film è stato girato in bianco e nero con un semplice smartphone; su ognuno scorre una striscia rossa continua in stile “breaking news” in cui campeggiano frasi e aforismi che ricordano vagamente un bollettino di guerra. Perché sono stati prodotti in serie di cinque?
Techno Casa è stato inizialmente sviluppato per il festival Gianni Peng II /Live Arts Week al MAMbo di Bologna. Dopo uno scambio di visioni con i curatori, ho deciso per quell’occasione di creare uno spazio performativo, ovvero una installazione ambientale che cambiasse ogni giorno. Visto che il festival durava cinque giorni, ho prodotto cinque Allegati sui quali agivo dal vivo con un puntatore laser come durante una conferenza, così da sottolineare la powerpointizzazione delle nostre vite. Poi mi sono accorto che gli Allegati potevano vivere anche senza di me, come film. Quando Maria Luisa Pacelli mi ha proposto di continuare Techno Casa in occasione di Art Fall ’13 mi sono chiesto: saresti in grado di rifarlo, tutto da capo? E allora, lavorando giorno e notte, ho prodotto altri cinque Allegati. Tutto questo mi ha convinto una volta per tutte che la ripetizione non equivale per forza ad abitudine e che il romanticismo della “prima volta” è facilmente messo in discussione dalla magia del “tutti i giorni”.
Come per la maggior parte dei tuoi lavori, anche in Techno Casa i principali elementi costituenti sono spazio, tempo e suono in relazione alla loro percezione sensoriale e concettuale. I tuoi ambienti installativi hanno come comune denominatore una temporanea occupazione del vuoto e una costante sperimentazione sulle possibilità del “non visibile”, di matrice concettuale. Il suono, ad esempio, attrae l’attenzione, similarmente alle suonerie polifoniche dei cellulari: è una melodia ripetuta ossessivamente cui non riusciamo a fare l’abitudine e che sentiamo nella testa anche quando non c’è. Secondo te, questi elementi possono essere considerati gli strumenti “di guerra” per la progressiva emancipazione contro la passività imposta dalla virtualità bidimensionale e per la riappropriazione della dimensione esperienziale?
Credo che ognuno di noi debba trovare i propri strumenti (armi) e soprattutto i propri compagni di strada (alleati) e che ogni opera d’arte sia un consiglio ai viventi (tattica).
In che modo potresti definire le caratteristiche e le possibilità pratiche di un neo-Neorealismo?
Più che definire posso intravedere… Auspico che il neo-Neorealismo sappia essere un approccio con cui rendersi conto di cosa si ha attorno e quindi di quale sia il proprio ruolo all’interno della società. E così aiuti a sviluppare l’empatia, permettendo una sofisticazione evolutiva dei cinque sensi, per mirare a una vita migliore. Gianni Celati una volta ha scritto una cosa leggera leggera: “Se pensi troppo all’arte rischi di concentrarti sulla carta da parati senza accorgerti che continui a dare la testa contro il muro”.
Visto lo sviluppo e la diffusione di tecnologie – almeno apparentemente – interattive, partecipative e tridimensionali, quali effetti presagisci sul quotidiano?
Non sono luddista, anzi, confido nel miglioramento del mondo attraverso lo sviluppo tecnologico. Detto questo, siamo evidentemente scivolati in un processo di astrazione senza ritorno… la definitiva sostituzione – simbolica e fattuale – della Divinità Sole con la Divinità Elettricità ha i suoi evidenti effetti collaterali, uno su tutti prendere la scossa invece che abbronzarsi.
E come consigli di reagire?
Fare delle passeggiate… perdersi e ritrovarsi senza aspettarsi.
Federica Patti
Milano // fino al 5 dicembre 2013
Riccardo Benassi – Techno Casa
MARSÈLLERIA
Via Paullo 12a
02 76394920
[email protected]
www.marselleria.com
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