Villa Panza docet
A Varese, il 29 novembre è stata presentata, a Villa Panza, l'ultima tappa di “Un’educazione”. Un ciclo di mostre e laboratori che ha analizzato i legami tra le immagini in movimento e la scienza dell’educazione. La curatrice, Maria Rosa Sossai, ne racconta l’esperienza.
Sabato 29 novembre è stata presentata la sesta e ultima videoproiezione (Postcards from the Desert Island di Adelita Husni-Bey) il progetto Un’educazione, nel Salone Impero della Villa e Collezione Panza di Varese. Il progetto artistico-educativo, nato il 16 marzo scorso con lo scopo di avvicinare i giovani all’arte contemporanea, nell’arco dei mesi ha posto l’accento sulle nuove tecnologie e i nuovi media. Per questo motivo, sei video di diversi artisti hanno intervallato incontri, mostre e laboratori che hanno indagato temi e aspetti della trasmissione della conoscenza. Lavori, di volta in volta, introdotti anche dalla direttrice di Villa Panza Anna Bernardini e dalla curatrice Maria Rosa Sossai, che abbiamo intervistato.
Chi o che cosa si è rivelato essere il vero promotore di questo ciclo di laboratori e mostre?
La direttrice di Villa Panza, Anna Bernardini, la quale ha creduto fortemente nel progetto: da tempo pensava di mettere gli studenti di Varese a diretto contatto con gli artisti, al di là dell’attività didattica che il Fai programma già per le scuole del territorio circostante.
Il 30 novembre si è concluso il lungo percorso di Un’educazione. Quali aneddoti, ricordi, fatti hanno caratterizzato laboratori, conferenze e proiezioni? Potresti citarne alcuni?
Sicuramente quello che ricordo con più piacere è lo sguardo di meraviglia degli studenti quando incontravano l’artista, una persona giovane e dall’aspetto normale; era interessante osservare il graduale cambiamento del loro atteggiamento, all’inizio timido e imbarazzato e man mano che il tempo passava, di apertura e di felicità, nello scoprire che è possibile vivere l’apprendimento come un’esperienza di libertà e condivisione, senza le costrizioni fisiche e mentali della classe. Ogni laboratorio ha avuto il suo momento magico che ha acceso una luce negli occhi della maggior parte di loro.
Quale risposta di pubblico ha avuto l’iniziativa negli spazi di Villa Panza? Quale tipologia di spettatore (educatori, allievi, artisti, professionisti) ha mostrato una risposta forte, inattesa?
Il pubblico presente era spesso costituito da educatori e studenti, ma anche pubblico normale, in genere tutti molto interessati, che intervenivano al dibattito; non ci sono mai state le folle, ma d’altra parte non sarebbe stato plausibile perché esistono ancora gli steccati tra le diverse discipline. Ma confido che questo esperimento coraggioso porterà i suoi frutti. Tra il pubblico Cristina Raisi, una giovane artista che già lavora nel campo dell’educazione, ha dimostrato interesse al progetto e ha iniziato a collaborare con ALA, occupandosi della documentazione degli ultimi tre laboratori, spero ci saranno altre occasioni per lavorare insieme.
A posteriori, secondo la tua opinione, quale incontro è stato più significativo per declinare gli intenti di Un’educazione?
È difficile fare una scelta, non saprei; più che di un incontro, parlerei di momento più significativo, quello in cui si creava un’intesa tra tutti e si diventava una comunità. Un workshop che ho particolarmente amato è stato quello condotto dagli Aberdabei, perché ho toccato con mano la forza trascinante della musica, senza filtri teorici o intellettuali. Ma potrei dire lo stesso per gli altri che hanno analizzato diversi aspetti della formazione, intesa nella sua accezione più estesa.
In che modo la storia e la magnificenza di Villa Panza ha influenzato, o meglio, accompagnato gli incontri?
Spesso i partecipanti ai laboratori, pur provenendo da scuole locali, non erano mai stati a Villa Panza e quindi al laboratorio seguiva una visita guidata alla collezione. Inoltre i laboratori si sono svolti nel Salone Impero della Villa, uno spazio che incute meraviglia e rispetto, oltre a essere una pagina importante del collezionismo non solo italiano ma anche internazionale e di cui essere fieri.
I video dei sei artisti selezionati – Valerio Rocco Orlando, Angela Marzullo, Aberdabei (Mia Fryland e Flemming Lyngse), Hektor Mamet e Ettore Favini, Diego Tonus, Adelita Husni-Bey – quali insegnamenti, quali contenuti e aspetti hanno sottolineato del percorso Un’educazione? Qual è la tua personale definizione del concetto di educazione? E come è stata modificata, arricchita dal progetti di Un’educazione?
Ogni appuntamento ha sottolineato aspetti diversi, dando la possibilità anche a noi curatori di vivere una condizione di apprendimento e di apertura verso pratiche educative nuove. Tutti i laboratori hanno rafforzato l’idea che l’apprendimento può essere parte integrante del processo creativo non solo dell’artista che tiene i laboratori ma anche dei partecipanti e di tutti coloro coinvolti in misura diversa. E’ possibile imparare facendo delle azioni insieme agli altri, è possibile partecipare attivamente. Solo vivendo i processi in prima persona si diventa responsabili e consapevoli.
Ginevra Bria
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