Cassino, la collezione Longo e il Camusac
Se ne parlava da anni, quasi se ne fantasticava: una delle maggiori collezioni private italiane aperta al pubblico in un museo tutto suo. E per di più al centro-sud d’Italia, non attrezzatissimo sul fronte del contemporaneo. Ora ci siamo: a Cassino c’è il Camusac, il museo che nasce attorno alla collezione di Sergio e Maria Longo.
Straordinari e ampissimi ambienti ex-industriali situati ai piedi dell’Abbazia di Montecassino, un contenitore adeguato ai migliori standard europei, che si allarga agli spazi esterni e al confinante giardino, e oltre duecento grandi artisti contemporanei – Sol LeWitt, Antony Gormley, Rebecca Horn, Mario Merz, Alighiero Boetti, Beverly Pepper, Giuseppe Penone, Pedro Cabrita Reis, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto, per citarne alcuni – sono tutti presenti nel primo step espositivo de Camusac. Affiancato da una mostra-dialogo fra alcune opere di Enrico Castellani e quelle del giovane scultore giapponese Shigeru Saito.
Ci raccontano tutto Sergio Longo e Bruno Corà, che del museo è il direttore.
Questo museo rappresenta un punto di arrivo o un punto di partenza?
Sergio Longo: Un punto di partenza, decisamente. È la sistemazione di quanto ho fatto assieme alla mia famiglia in trent’anni di collezionismo, ma da qui partono i programmi espositivi che animeranno il museo con il coinvolgimento dei giovani e delle scuole, con laboratori per artisti, con progetti di arte terapia, musicoterapia… Aprire un museo a Cassino potrebbe rivelarsi un non senso, se poi non educhiamo all’arte contemporanea i nostri concittadini. Niente di più lontano dal museo come semplice contenitore.
Com’è nata la raccolta? C’è stato un momento che ne ha segnato la nascita?
S. L.: No, non c’è un momento a cui posso far risalire l’inizio della collezione. Abbiamo cominciato a comprare qualche opera per la casa, poi siamo passati al giardino. Ma il nostro interesse per l’arte contemporanea si è sviluppato prima con l’amicizia dell’artista Antonio Gatto, poi di Bruno Corà. In seguito abbiamo privilegiato il rapporto diretto con l’artista: è capitato, e capita ancora, di comprare a una fiera d’arte, ma preferiamo acquisire opere nate da una discussione, da una conoscenza e condivisione di intenti e significati. Da qui il passaggio successivo: in tantissimi casi abbiamo direttamente realizzato le opere assieme all’artista: posso citare i casi di Sol LeWitt, Beverly Pepper, Nunzio, Giuseppe Gallo, Marco Tirelli. Questo ci fa entrare nel vivo del processo artistico…
Quando scatta il desiderio di condividere con gli altri la propria passione, il proprio amore per l’arte?
S. L.: È un fatto di carattere personale: c’è gente che colleziona ma poi si chiude in casa, e le porte restano chiuse. Noi abbiamo maturato il desiderio di mettere la nostra passione a disposizione di tutti, è un impegno che consideriamo anche per gli aspetti sociali. Oggi le istituzioni sono in crisi, e comunque la politica tende sempre a trascurare realtà che non portano consenso o ne portano solo in nicchie come le realtà culturali. Ed è adesso che il ruolo dei privati diventa importante.
In Italia i musei pubblici non se la passano egregiamente, mentre qualche buona notizia arriva dai privati. Un futuro a cui dobbiamo abituarci?
Bruno Corà: Beh, sarebbe auspicabile che non fosse così, la funzione pubblica è indispensabile e insostituibile. Non guasta però l’attività dei privati. Fondazioni e musei privati sono sempre esistiti: in Italia un po’ meno, per cui questo costume è affatto nuovo, con collezionisti – penso per esempio a Maramotti a Reggio Emilia – che aprono le proprie raccolte al pubblico, a volte in maniera indipendente, altre con partnership istituzionali. La Fondazione Longo l’ha fatto con l’Università di Cassino, e ora giungiamo all’inaugurazione del Camusac.
A quando risalgono i primi embrioni del museo?
B. C.: Ai primi Anni Novanta, attorno alla famiglia Longo, che a Cassino ha raccolto in una trentina d’anni una importantissima collezione d’arte dagli Anni Sessanta in avanti. E da subito inizia la collaborazione con l’Università di Cassino, e con me, che allora ero docente nell’ateneo: un rapporto sviluppatosi negli anni con molte attività comuni, come l’organizzazione di tre convegni di studio internazionali. Progetti che hanno legato alla attuale fondazione intellettuali, studiosi e moltissimi studenti, e che ora trovano il loro sbocco naturale nell’apertura di una sede permanente.
Quale sarà la collocazione del Camusac? A chi intendete rivolgervi?
B. C.: La collocazione geografica di Cassino, pressoché equidistante da due grandi centri come Roma e Napoli, alimenta la vocazione del museo a costituire un “terzo polo”. Che non immaginiamo isolato, ma coordinato con altre realtà già attive sul territorio: penso a centri come Gaeta o Frosinone, dove esistono fondazioni, musei civici o centri di studio in grado di animare con noi una nuova piccola-media rete. Entrando nello specifico del Camusac, l’orientamento sarà quello dettato dalla raccolta Longo, quindi focus sull’arte degli ultimi quarant’anni, con apertura costante alle nuove generazioni e ai nuovi linguaggi. A livello espositivo, proporremo step della collezione permanente, affiancati sempre da mostre temporanee tematiche o di singoli artisti. La prossima sarà una personale di Hidetoshi Nagasawa.
Massimo Mattioli
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