Macba, quello di Buenos Aires. Intervista con Maria Constanza Cerullo
Ha un omonimo celeberrimo che sta a Barcellona. Però qui siamo in Argentina, a Buenos Aires. Abbiamo intervistato Maria Constanza Cerullo, chief curator di uno dei più importanti musei privati del Sudamerica. Dietro il microfono, il nostro corrispondente da New York, Alessandro Berni.
Il MACBA – Museo di Arte Contemporanea di Buenos Aires ha aperto le sue porte al pubblico il primo settembre del 2012. Quando è nata l’idea della sua realizzazione?
Il progetto museale del Macba è partito nel 2009. L’idea matrice dell’iniziativa è stata quella di condividere con la città e i suoi visitatori la collezione privata di mio marito, Aldo Rubino.
Il museo riceve anche finanziamenti pubblici?
Finora i risultati del nostro lavoro sono stati ottenuti solo grazie al supporto di finanziamenti privati.
Com’è avvenuta la scelta della location?
Sia io che mio marito eravamo affascinati dalle geometrie di un vecchio parcheggio multipiano di San Telmo. Così lo abbiamo comprato e ristrutturato per il nostro museo. Anche gli spazi del quartiere ci hanno convinto da subito e sono un punto di forza del nostro progetto. San Telmo è uno storico quartiere di Buenos Aires carico di storia e di diversi flussi migratori, una zona davvero nevralgica per l’intera città.
A proposito della ristrutturazione: vi siete basati su un piano di rimodellamento della struttura di partenza oppure avete operato diversamente?
Abbiamo apportato una trasformazione radicale. Ad esempio, nella facciata principale è stata fatta costruire una vetrata di 15 per 12 metri. Il museo è stato disegnato dallo Studio Vila Sebastian ed è composto da quattro piani collegati da rampe lineari, ovvero lecorbusiane, per intendersi.
Qual è l’unicità del Macba?
Anzitutto la struttura museale in sé; la capacità di offrire un percorso che permette al visitatore di poter vedere da lontano e frontalmente la maggior parte delle opere per poi potersi avvicinare a ognuna durante la propria visita.
Qual è la missione che vi siete dati per il vostro museo?
Direi le nostre principali intenzioni sono di acquisire, conservare e comunicare arte contemporanea. Crediamo fortemente che la visione dell’arte e la sua divulgazione possa produrre educazione, nuova creatività e, sia a breve che a lungo termine, inclusione sociale.
Avete realizzato una creatura a dimensione nazionale oppure avete ambizioni mondiali?
Ritengo che il museo rifletta le radici cosmopolite della città senza dimenticarne le radici coloniali. Durante l’anno passo lunghi periodi a Miami e New York. Siamo molto attenti a quello che succede al di fuori dell’Argentina e ad attivare le necessarie operazioni per ospitare anche arte nata al di fuori del Sudamerica.
A due anni dall’apertura, ogni museo è chiamato a una prova di maturità. Quali saranno le vostre prossime iniziative culturali?
Vogliamo crescere sul piano delle attività didattiche. Abbiamo visto che le iniziative rivolte a un pubblico scolastico hanno portato a risultati positivi quando sorprendenti.
Per esempio?
È capitato che bambini della scuola elementare del quartiere entrassero per la prima volta in un museo grazie a uno dei nostri progetti e poi vi tornassero quasi subito per una seconda volta, portando con sé i propri genitori.
Quali sono i pezzi forte della vostra collezione permanente?
Senz’altro la nostra collezione dedicata all’astrattismo geometrico, anche se ci impegniamo a essere molto ricettivi verso gli artisti emergenti di oggi di qualsiasi genere.
Alessandro Berni
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