“Questa non è arte”. E nacque l’Armory
Fino al 24 febbraio, la Historical Society di New York dedica una mostra al centenario dell'evento che nel 1913 cambiò l'arte (e il mercato dell'arte) in America: la faraonica impresa chiamata Armory Show. Che ora subisce la competizione della “cugina” Frieze (insieme a Frieze Masters), sbarcata due anni fa nella Grande Mela.
Nel 1913, l’International Exhibition of Modern Art – questo il nome ufficiale – offrì per la prima volta al pubblico americano l’occasione di confrontarsi con l’arte “moderna” europea. E la mostra allestita alla Historical Society ricrea, in scala minore, l’esperienza dello scorso secolo, riunendo un centinaio di opere originariamente esposte durante l’evento, compresa la più discussa in assoluto, Nude Descending a Staircase di Marcel Duchamp. La maggior parte dei lavori presentati nel 1913 sono oggi considerati capolavori, ma allora suscitarono ogni genere di reazione: scandalo per l’opera di Duchamp, quotidianamente derisa dalla stampa; Blue Nude di Matisse considerato immorale e depravato, infantile e primitivo, un attacco ai tradizionali canoni estetici; il dipinto cubista di Picabia, Dances at the Spring, comparato a una trapunta patchwork.
Confusione, rabbia, dispiacere, disappunto, delusione: erano i sentimenti dominanti tra il pubblico. L’ex presidente Roosvelt dichiarò, tranchant: “That is not art!”, mentre il critico Julian Street lo definì “un’esplosione in una fabbrica di ghiaia”. L’evento ebbe però un grandioso successo in termini di visitatori – ben 87mila – e una parte di essi rimase esterrefatta dalla ventata di novità.
A organizzare l’Armory Show fu un gruppo di studenti di New York, desiderosi di andare oltre gli stili accademici: attratti dai progressi modernisti europei, decisero di portare le avanguardie negli States, consapevoli dello choc che avrebbero creato. Nel gennaio del 1912 Walt Kuhn, Walter Pach e Arthur B. Davies si unirono a una ventina di artisti per formare l’AAPS – Association of American Painters and Sculptors, e alla fine l’Armory fu la prima e unica esposizione organizzata dall’associazione. Per raccogliere le opere, Kuhn visitò collezioni, gallerie e studi nelle città europee, individuando come modello per il futuro Armory la mostra al Cologne Sonderbund. Intanto, a Parigi, Pach divenne amico di Duchamp e Matisse; da lì coordinò trasporti e rapporti transatlantici. Pach fu anche la figura che annotò meticolosamente tutte le vendite avvenute all’Armory, e svolse inoltre un ruolo chiave nel successo dell’esposizione grazie alle sue doti diplomatiche e di venditore, formando una nuova generazione di collezionisti.
A gennaio iniziarono i lavori per rendere accogliente gli spazi del 69th Regiment Armory e, quando a febbraio iniziarono ad arrivare le oltre 1.000 opere, si diede il via all’allestimento. I lavori furono ordinati in sequenza cronologica lungo le diciotto sale e la mostra finalmente aprì il 17 febbraio.
Gli artisti furono i protagonisti, certo, ma un ruolo cruciale lo giocarono i collezionisti, quelli più innovativi e pionieristici, i quali crearono un clima ospitale alla nuova arte europea. John Quinn, avvocato arricchitosi all’inizio del secolo, era un gran estimatore dell’arte francese e già nel 1911 aveva acquistato opere di Cézanne, van Gogh e Gauguin da Ambroise Vollard. Quinn fece di tutto per rendere noto il suo apporto all’Armory: prestò 79 opere, firmò il contratto di affitto per l’edificio, finanziò l’evento con oltre 5.800 dollari, sponsorizzò una cena e ogni giorno andava a visitare la mostra. Ma soprattutto contribuì a rendere possibile la commercializzazione dell’arte coeva proveniente dall’estero, influenzando la decisione del Congresso di abbassare al 15% la tassa sull’importazione delle opere d’arte.
Detto ciò, Quinn non fu certo il primo americano a scoprire e comprare l’arte moderna. Prima di lui occorre ricordare almeno la famiglia Stein, la celebre Gertrude ma anche il fratello Leo, che contribuirono allo show attraverso il prestito di numerose opere, tra cui due nature morte di Picasso e le opere di Matisse Red Madras Headdress, Blue Nude: Memory of Biskra e La Coiffure.
La mostra attuale presso la Historical Society mette in risalto anche le vendite dell’Armory. Mentre l’arte europea fu la più venduta, quella americana aveva prezzi maggiori, probabilmente perché le opere europee consistevano per lo più in stampe e disegni: un metodo per avvicinarsi al modernismo a piccole dosi. Il range dei prezzi andava dai 6 dollari per le litografie ai 48mila per un Cézanne. Per avere un metro di paragone, all’epoca un’auto costava circa 500 dollari e un appartamento meno di 3.500.
L’Armory Show non cambiò l’arte americana nell’immediato, ma ha sicuramente contribuito a far riconoscere al pubblico americano che c’era “qualcos’altro”, in una New York che non era ancora il fulcro del mercato dell’arte e dove – a parte pochissime gallerie, come quella di Alfred Stieglitz – non esistevano occasioni di confrontarsi col contemporaneo.
Martina Gambillara
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #16
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