Alla ricerca di un’identità. Il caso Shahzia Sikander
Attentati, terroristi, estremisti e violazione dei diritti umani: sono queste le informazioni che arrivano dal Pakistan. Poco si sa della sua ricca e complessa cultura, dei panorami da togliere il fiato o della spudorata bellezza ed eleganza di una città storica come Lahore. E poi esiste anche una vibrante scena contemporanea. Ad esempio, c’è Shahzia Sikander, che abbiamo incontrato a Lahore.
Il relativo isolamento del Pakistan conferisce agli artisti il “privilegio” di essere ancora parzialmente immuni dalle leggi del mercato globale che assoggettano molti creativi in Occidente. Tuttavia, nell’ultimo decennio sono apparsi sulla scena internazionale alcuni nomi di artisti locali, punte dell’iceberg che per motivi diversi sono riuscite ad accedere a un pubblico più vasto. Tra di esse, probabilmente la prima a emergere è stata Shahzia Sikander. I suoi lavori sono presenti nelle più prestigiose collezioni del mondo, tra cui MoMA, Whitney, Guggenheim (dove Sikander è membro dell’Asian Art Council), Pinault, Deutsche Bank e anche il Maxxi di Roma. Nel 2005 ha partecipato alla Biennale di Venezia quale prima e unica (fino al 2013, quando ha esposto Imran Quresh) artista pakistana rappresentata. Nel 2012 ha ricevuto la Inaugural Medal of Art conferitale dall’allora Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton.
L’abbiamo incontrata nella sua città natale, che ha lasciato per gli Stati Uniti a metà degli Anni Novanta, subito dopo essersi diplomata presso il prestigioso National College of Arts di Lahore, la più importante e attiva scuola d’arte del Paese. È tornata per presentare il suo lavoro al festival della letteratura, acclamata da fanatici connazionali ma anche criticata dal mondo dell’arte locale, che l’accusa di “non essere più pakistana” e di “non interagire con la comunità”.
È vero che Sikander non ha mai più esposto in Pakistan dopo essersi trasferita a New York ma, prima di partire, ha collaborato alla rinascita della pittura miniaturista, fenomeno che si è rivelato molto importante per la storia dell’arte contemporanea pakistana. “Ho iniziato a dedicarmi alla miniatura al NCA nel 1987. All’epoca, l’unica persona che conosceva profondamente questa difficile e minuziosa tecnica pittorica era il mio professore, il maestro Bashir Ahmed”, spiega l’artista che è stata tra i primi a intuire il potenziale dell’antica tecnica. Nel 1992 Sikander presenta per la prima volta nella storia del NCA una tesi sperimentale: The Scroll è “il titolo della miniatura lunga oltre un metro e mezzo accolta con grande favore dalla critica, che ha aperto una piattaforma di sperimentazione per la pittura miniaturista in Pakistan e ha dato anche visibilità internazionale al genere”.
Negli Anni Novanta a Lahore è nato un vero e proprio movimento artistico chiamato Neo-Miniature, che ancora oggi influenza molti giovani artisti a livello nazionale. Il recupero della sofisticata tecnica non è solo formale ma è anche la reinterpretazione concettuale di una forma d’arte caratteristica dell’epoca Moghul (XVI-XVII secolo), periodo in cui alla corte dei sovrani, arrivati dalla Persia e dall’Afghanistan, si rafforza la penetrazione dell’Islam nel Subcontinente indiano. Religione che diventa elemento identitario prioritario al momento della frammentazione dell’India Britannica nel 1947 con la nascita della Repubblica Islamica del Pakistan. Il problema dell’identità è forse la più ricca fonte d’ispirazione per gli artisti pakistani, che attraverso le loro opere raccontano un popolo antico e stratificato.
Il lavoro di Shahzia Sikander non si limita al disegno e alla pittura: dal 2001, infatti, realizza video “animando” le sue miniature. “Il mio rapporto con la tradizione si basa psicologicamente sulla premessa della traduzione. Come la traduzione si rapporta all’originale. L’originale è solo un concetto?”.
Quando Sikander si è trasferita negli Usa, la situazione era molto diversa. Le persone e le informazioni circolavano meno. Inoltre, le Torri Gemelle non erano ancora state abbattute dall’attentato che ha devastato l’Occidente e che ha cambiato profondamente i rapporti con il mondo musulmano. “Nel 1999 il ‘New York Times Sunday Magazine’, nel tentativo di immaginare il prossimo secolo nell’ambito del progetto ‘Scene del millennio re-immaginate da artisti viventi’, mi ha commissionato un’opera sul possibile ruolo dell’Islam nel XXI secolo”, racconta l’artista. “Il mio dipinto ‘Tante facce dell’Islam’ era una critica alla politica estera che gli Stati Uniti perseguivano in vari Paesi musulmani e giocava sul concetto formale di un manoscritto illuminato. Dopo l’11 settembre la retorica intorno a temi come ‘l’asse del diavolo’ o ‘noi versus loro’ è cresciuta in modo sproporzionato e nel 2002-03 ho capito che neanche in una città come New York c’era più spazio per il dialogo. In quegli anni ho infatti lavorato spesso fuori dagli Stati Uniti”.
L’attacco al World Trade Center è stato uno shock per il mondo intero. Shahzia Sikander racconta come questo drammatico evento abbia influenzato la storia dell’arte contemporanea pakistana. “La guerra, la politica e le relazioni internazionali diventarono componenti integrali del linguaggio visivo dell’arte. Dopo l’attentato, gli artisti in Pakistan iniziarono a confrontarsi con il concetto di identità nazionale attraverso le immagini che circolavano nei telegiornali”.
Questi temi sono ancora oggi spesso presenti nella ricerca di molti artisti oppressi dalla violenza, la corruzione e l’estremismo interni, e penalizzati anche dalla pessima, e spesso distorta, immagine che il proprio Paese proietta all’esterno. La storia dell’umanità ha però più volte dimostrato che creatività e innovazione nascono proprio dai terreni apparentemente più aridi e desolati.
Shazia Sikander conclude con un ambizioso progetto per il futuro: “La scena culturale pakistana è vivace e eccitante. Sto lavorando a un nuovo progetto multimediale che si svilupperà in Pakistan e nel resto dell’Asia del Sud nel 2014-15. Coinvolgerò artisti, musicisti, poeti e studenti pakistani”.
Lavinia Filippi
http://www.shahziasikander.com/
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